Udito: normali effetti del diventare “grandi”

Volumi altissimi mentre si ascolta la radio o si guarda la televisione: «Non è che non ci sento, è che la musica mi piace alta!», risponde il nonno. La necessità di ripetere più volte parole e frasi: «Non sono io che non sento, sei tu che ti mangi le parole!», ribatte la nonna. La necessità di un contatto visivo mentre si parla: «Spostati davanti a me mentre mi parli, non mi piace che mi si parli alle spalle!», ribatte il giovane che passa ore e ore con le cuffiette a tutto volume. Se uno di questi scenari vi sembra familiare, è probabile che siate in presenza di un problema di ipoacusia. Un problema del tutto naturale, antico come l’uomo: ma ancora e sempre causa di resistenze e litigi dentro le famiglie, per via dello stigma che si associa alla sordità. Ma superata la comprensibile ostilità iniziale e cominciati gli opportuni trattamenti, l’ipoacusia può essere affrontata e vinta. E prima si comincia meglio è: i danni all’udito sono progressivi e sarebbe bene intervenire al più presto.

«Mediamente passano sette anni dall’esordio del sintomo al momento in cui si applica l’apparecchio acustico. Si tratta di un intervallo troppo lungo, durante il quale si sono perse delle potenzialità uditive». 

“Non è stato ancora quantificato quanto le tecnologie di ascolto della musica ad alto volume, come le cuffiette e gli auricolari, danneggino l’udito. Ma incontriamo con sempre maggior frequenza persone con un danno uditivo successivo all’ascolto reiterato della musica ad alto volume”

La dottoressa Lorena Bridi, consulente dell’azienda “Acustica Trentina”, descrive la diffusione dei disturbi dell’udito che va a compromettere la qualità della vita di moltissimi trentini, soprattutto anziani ma non solo. La diffusione dell’ipoacusia è significativa: secondo un rapporto Censis del 2023, i trentini che soffrono di disturbi dell’udito sono circa 60mila. L’incidenza maggiore riguarda gli ultraottantenni. 

In Trentino le persone over 80 che soffrono di sordità o ipoacusia sono circa 12.500. Sono invece 25mila quelle fra i 61 e gli 80 anni, sempre secondo il Censis. «Si tratta di un disturbo che riguarda soprattutto gli anziani, ma non solo – precisa Bridi – Non è stato ancora quantificato quanto le tecnologie di ascolto della musica ad alto volume, come le cuffiette e gli auricolari, danneggino l’udito. Ma incontriamo con sempre maggior frequenza persone con un danno uditivo successivo all’ascolto reiterato della musica ad alto volume. La raccomandazione è volersi bene anche quando si ascolta la musica». 

In generale i danni all’udito derivano dal normale passare degli anni: «Si tratta di un naturale deterioramento. Spesso di natura genetica, ci sono famiglie intere con problemi di ipoacusia». Talvolta però a causare la perdita dell’udito sono alcune condizioni esterne: «Negli anni sono calati di molto i tappi anti-rumore per i cacciatori, perché è una categoria che si è ridotta numericamente, ma continuano ad arrivare persone la cui perdita dell’udito deriva dalle condizioni di lavoro in ambiente rumoroso. Sono numerosi i nostri clienti che si vedono riconosciute le cause lavorative da Inail». 

C’è poi un ulteriore sintomo fastidioso e non completamente curabile, l’acufene, sempre più diffuso. Si tratta della percezione di fischi e ronzii nell’udito e spesso non è facile trovarne una causa specifica: «L’acufene è talvolta di natura psico-somatica, indotto da periodi di particolare stress – indica Bridi. Non è completamente curabile, ma vi sono apparecchi acustici che contrastano l’acufene emettendo a loro volta dei suoni in grado di calmarlo o renderlo sopportabile».  Curiosamente la pandemia da covid ha portato alla luce disturbi uditivi che probabilmente sarebbero rimasti non trattati: «Le mascherine che abbiamo indossato mascheravano il labiale dell’interlocutore – indica la dottoressa. Ciò ha portato molti a prendere coscienza di avere dei problemi di udito, si sono accorti di perdere qualche parola o qualche suono». Ciò che caratterizza la maggior parte dei disturbi uditivi non è una generica “perdita” dell’udito, ma la difficoltà a percepire con chiarezza alcune gamme di suoni: «L’ipoacusia in generale non è come avere il “volume” abbassato, ma si perdono alcuni suoni specifici. Spesso le persone che decidono di utilizzare l’apparecchio acustico per prima cosa notano il cinguettio degli uccellini. Si tratta di  una gamma di suoni che si perde con facilità. Dicono: “Che bello, gli uccellini ci sono ancora!”». 

«Negli anni sono calati di molto i tappi anti-rumore per i cacciatori, perché è una categoria che si è ridotta numericamente, ma continuano ad arrivare persone la cui perdita dell’udito deriva dalle condizioni di lavoro in ambiente rumoroso. Sono numerosi i nostri clienti che si vedono riconosciute la cause lavorative da Inail»

Bridi apprezza i passi in avanti fatti dalle tecnologie nel corso degli ultimi anni: «Nell’ultimo decennio sono stati fatti passi da gigante. Oggigiorno ci sono apparecchi acustici che utilizzano micro-computer in grado di focalizzare la loro azione seguendo i movimenti della testa della persona, migliorando il suono in maniera mirata secondo i bisogni specifici». 

Rimane però ancora forte lo “stigma” che molti associano alla carenza di udito e che porta a negare l’evidenza di un problema di fronte alle segnalazioni dei familiari e delle persone vicine: «Purtroppo capita molto spesso che chi soffre di ipoacusia tenda a posticipare la visita da uno specialista – ammette Bridi. Non si vuole  ammettere a sé stessi e agli altri di non sentire bene e quindi di apparire in qualche modo più deboli. L’idea poi di indossare un apparecchio acustico che possa essere notato dalle altre persone, soprattutto se si conduce una vita con molte relazioni sociali e lavorative, è per molti fonte di grande disagio e imbarazzo. 

Ma esistono ormai dispositivi molto piccoli e discreti tanto da non essere per nulla notati. E la qualità della vita migliora con effetto quasi immediato». Alcuni sono dissuasi dall’approfondire la propria situazione perché sentono dire che gli apparecchi non funzionano bene: «Dai dati dell’ultima indagine Anovum EuroTrak sull’utilizzo degli apparecchi acustici in Italia, emerge che il 97% degli intervistati dichiara che l’apparecchio acustico in più di un’occasione ha migliorato la qualità della propria vita», fa notare Bridi. Insomma, è opportuno mettere al bando le ritrosie, accettare che la perdita dell’udito è un processo naturale comune a tantissime persone e cercare gli opportuni accertamenti specialistici.

“Oggigiorno ci sono apparecchi acustici che utilizzano micro-computer in grado di focalizzare la loro azione seguendo i movimenti della testa della persona, migliorando il suono in maniera mirata secondo i bisogni specifici”

In Italia

Il primo aspetto da considerare quando si parla di tecnologie sanitarie e di protesi acustiche è l’ampiezza e la complessità del problema che contribuiscono ad affrontare.

L’OMS definisce deficit uditivo l’inabilità a sentire come una persona normo udente. L’ipoacusia è legata a diversi fattori e “agli effetti combinati di tossicità ambientale in termini di rumore e danno metabolico-ossidativo, invecchiamento, malattia ed ereditarietà”. All’identificazione dei problemi di ipoacusia possono concorrere diverse procedure e, accanto alla valutazione audiologica e all’otoscopia, hanno un ruolo importante anche i questionari di autovalutazione sulla cui base i pazienti riferiscono la loro percezione di presenza di un “udito non normale”. In termini epidemiologici, la prevalenza in Italia dei problemi uditivi è stimata pari al 12,1% della popolazione, circa 7 milioni di italiani con ipoacusia con una significativa differenziazione tra le classi di età e un aumento significativo con l’invecchiamento (da percentuali che non superano il 10% della classe di età 13- 45 anni al 25% di chi ha dai 61 agli 80 anni, fino al 50% tra gli over 80).

Non udenti celebri

Ludwig van Beethoven è una figura cruciale della musica colta occidentale, fu l’ultimo rappresentante di rilievo del classicismo viennese. Considerato tra i massimi geni della storia della musica, nonostante la sordità che lo colpì prima ancora di aver compiuto i trent’anni, continuò a comporre, dirigere e suonare, lasciando una produzione musicale fondamentale, straordinaria per forza espressiva e capacità evocativa.

L’anno 1796 segnò una svolta nella vita del compositore: Ludwig iniziava a prendere coscienza della sordità e malgrado tentasse, in gran segreto, di arginarne il peggioramento con delle cure, la stessa gradualmente divenne totale prima del 1820. La causa della sordità di Beethoven è rimasta sconosciuta; le ipotesi di una labirintite cronica, di una otospongiosi e della malattia ossea di Paget sono state ampiamente discusse ma nessuna è stata mai confermata. In anni recenti è stata avanzata l’ipotesi che Beethoven soffrisse di avvelenamento da piombo cronico. Chiusosi in isolamento per non rivelare in pubblico questa realtà vissuta in maniera drammatica, Beethoven si fece una triste reputazione di misantropo, della quale soffrì, chiudendosi in rassegnato silenzio fino al termine della sua vita.

Consapevole che quest’infermità avrebbe definitivamente distrutto la sua carriera pubblica di pianista virtuoso quale fino ad allora si era dimostrato, dopo aver meditato per sua stessa ammissione anche il suicidio, si dedicò con nuovo slancio alla composizione tentando di sfuggire ai mali che tormentavano la sua anima. In una lettera indirizzata ai fratelli espresse tutta la sua tristezza e la fede nella sua arte (testamento di Heiligenstadt).

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Pubblicato da Fabio Peterlongo

Nato nel 1987, dal 2012 è giornalista pubblicista. Nel 2013 si laurea in Filosofia all'Università di Trento con una tesi sull'ecologismo sociale americano. Oltre alla scrittura giornalistica, la sua grande passione è la scrittura narrativa. È conduttore radiofonico e dal 2014 fa parte della squadra di Radio Dolomiti. Cronista per il quotidiano Trentino dal 2016, collabora con Trentinomese dal 2017 Nutre particolare interesse verso il giornalismo politico e i temi della sostenibilità ambientale. Appassionato lettore di saggi storici sul Risorgimento e delle opere di Italo Calvino.