Certamente sono stati i più felici della sua vita gli anni Sessanta veneziani vissuti a Venezia dalla borghesana Tullia Fontana (detta Lula), quando frequentava l’Accademia di Belle Arti in cui si diplomerà a pieni voti. Nella città più pittorica del mondo, passeggiando tra le architetture uniche, respirando la stessa aria che avevano respirato artisti immensi, frequentando i loro capolavori, godendo luminosità, colori e ori irripetibili. Così che quando inizierà a sua volta a dipingere sarà tutta intrisa da questa venezianità. Finita l’Accademia Tullia si sposa con Riccardo Buffa, geometra affermato (che tra il resto è stato mio alunno al “Tambosi “di Trento… lui è di famiglia baronale ma non lo ricorda mai), andando ad abitare nella sua villa immersa nel bosco a Carzano, un villaggio in collina alle porte di Borgo Valsugana, mettendo al mondo due figli maschi, insegnando educazione artistica alle Scuole Medie. Nel frattempo dipingendo. Ma per vedere che cosa dipingeva bisogna attendere un bel po’.
Nel 1996 espone nella sua Borgo Valsugana al Caffè Roma. Ed è una mostra in cui si può cogliere la sua anima pittorica solo attraverso mediazioni, solo con un salto di contesto. Perché di un’esposizione di icone si tratta. Per capirla bisogna misurarsi con la “venezianità” di Tullia. Venezia è stata da sempre la porta dell’Occidente verso l’Oriente; e così la porta d’entrata da noi del mondo delle icone, sospeso tra materia e spirito. Ed è con le icone ammirate a Venezia, realizzate come vuole la tradizione a tempera su tavole, con magistrale perizia, che la Fontana esce allo scoperto, si fa conoscere, si afferma, impiegando una decina d’anni in mostre soprattutto nel Veneto. Alla fine degli anni ’90 pur non tralasciando mai la pittura di icone sente il bisogno di un’arte più libera. Nascono così i suoi paesaggi di un realismo magico, i suoi fiori dilatati (che testimoniano il suo innamoramento per la pittrice americana Gorgia O’Keeffe, la quale amplificai i suoi fiori sino a farne dei monumenti), come Peonie e Rose (2021; i suoi paesaggi di realismo magico come Carzano( 2020); i suoi fiori monumentali; le sue icone moderne, personali, reinventate: La donna delle calle e La donna delle peonie, del 2022. Icone “contaminate”, come le ha volute chiamare con un’espressione ripresa anche da altri.
Tullia ha partecipato a varie collettive di livello nazionale, ha al suo attivo importanti personali. È presidente dell’Associazione culturale ”Donne di Carzano” e dal 2008 fa parte dell’UCAI (Unione Cattolica Artisti Italiani). Nell’estate 2017, grazie alla collaborazione dell’UCAI e con la presentazione di don Marcello Farina ha tenuto una mostra personale di icone presso l’Aula di San Giovanni del Duomo di Trento. Devo ringraziare don Marcello insigne teologo, predicatore, autore di libri, per questa sua citazione: ”Come suggerisce Renzo Francescotti nella presentazione di un catalogo intitolato ‘Ieri e oggi’ del 2008, sono le esperienze giovanili il tempo degli studi veneziani e la bellezza dei mosaici bizantini di San Marco a ‘folgorare’ una dimensione spirituale che col tempo si traduce nelle forme caratteristiche delle icone.”