Una crisi di identità

Mappa del Principato vescovile e del Tirolo

Cosa rende il Trentino un territorio dalla storia peculiare, distinta dalle aree vicine? Le risposte sono numerose e spesso autorevoli, ma tutte lasciano un senso di incompiutezza perché nessuna soddisfa lo sguardo dello storico. Ognuna aggiunge un tassello al mosaico, ma non definisce a pieno cosa sia “unico” e distintivo del Trentino. La sua italianità? La sua discussa appartenenza alla dimensione tirolese? Sembra che per definire cosa sia la storia propria del Trentino, si debbano sempre prendere a prestito categorie “altrui” che ne annacquano la specificità. Ma alla fine dei conti esiste per davvero una specificità trentina, che per altro ne giustifica l’autonomia politica? Il professor Marcello Bonazza, storico dell’età moderna, ha cercato delle risposte nel corso della conferenza dal titolo «Il Trentino ha una (sua) storia?» che ha inaugurato il nuovo anno per la Società di Studi trentini (di cui Bonazza è stato presidente). E le risposte sono emerse delineando l’identità storica del Trentino come quella non solo di un territorio di confine, ma di una vera e propria “cerniera” tra mondo germanico e mondo italico. 

«È attraverso la prospettiva della “cerniera” tra culture che dovremmo indagare la storia trentina anziché piegarla alle grandi narrazioni che hanno un insufficiente rigore scientifico – ha spiegato il professor Bonazza. La narrazione dell’italianità del Trentino, quella della sua appartenenza tirolese, quella dell’originalità trentina che scade nel localismo, sono tutte prospettive che hanno mostrato i loro limiti». 

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 Per delineare la “crisi d’identità” del Trentino, Bonazza ha mostrato alcune fotografie che raffigurano i cartelli posti ai confini delle tre aree che compongono l’Euregio, sottolineando i diversi modi con cui i tre territori si presentano a chi vi accede: «Ai confini del Tirolo austriaco vi sono i cartelli di “benvenuto” nell’Euregio oltre che nel Land Tirolo – ha indicato Bonazza. Lo stesso avviene in Alto Adige, dove viene posta grande enfasi anche sul fatto che si sta entrando in Sudtirolo». Ma ai confini del Trentino la situazione è diversa: «I cartelli di confine in cui si leggeva semplicemente “Trento” o “Trentino” o “Provincia autonoma di Trento” sono andati sparendo». Quasi non pervenuti i cartelli che indicano l’ingresso nell’Euregio: «Ve ne sono pochissimi e collocati in strade assolutamente secondarie, uno addirittura isolatissimo sulla pista ciclabile di Borghetto», evidenzia il professore. Ma allora, se non è la dimensione dell’identità provinciale a definirci in maniera spiccata (come avviene in Alto Adige) e nemmeno quella euro-regionale o di Land (come avviene in Tirolo), come ci presentiamo ai visitatori? 

L’arcano è presto svelato ed è l’uovo di Colombo: «Oggi la segnaletica d’ingresso al Trentino riporta sempre la dicitura “Trentino-Alto Adige”. Viene posta enfasi sulla dimensione regionale, esigenza che in Alto Adige non è per nulla sentita». Insomma, la regione, entità politicamente smantellata, resiste quasi solamente sui cartelli d’ingresso in Trentino (e nel solo Trentino). Chi ha posizionato quei cartelli sembra ammettere che l’identità autonoma del Trentino sia in qualche modo “ancella” dell’Alto Adige, come se “Trentino” non fosse abbastanza: «È come se esercitassimo un’autonomia “per procura”», riflette Bonazza. E questo è l’esito dell’esaurirsi progressivo delle grandi narrazioni che hanno caratterizzato l’approccio alla storia locale: «Per decenni è stata dominante la narrazione dell’italianità del Trentino, che è stata portata avanti da grandi storici e scientificamente è autorevole. Ma questa prospettiva è entrata in crisi quando Trento si è aperta all’apporto degli studiosi dell’Università, dell’Istituto Italo-germanico, che hanno iniziato a guardare maggiormente alle caratteristiche tipiche del territorio, al suo evidente dialogo con la dimensione mitteleuropea. Dall’altra, vi è la narrazione di una identità pantirolese un po’ posticcia, quella secondo cui “Non c’è Trentino senza Tirolo”, ma che è stata caratterizzata anche da un revisionismo storico a tratti poco accurato». 

In definitiva, l’invito del professor Bonazza è quello di guardare ai fenomeni autenticamente originali del Trentino: «Uno di questi è il Principato Vescovile, un istituto politico di stampo germanico ma che usava il diritto latino; la cui sede era a Trento, una vera capitale alpina dove convivevano la Corte, tipica della dimensione germanica, ed il Comune, tipico della dimensione italica».

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Pubblicato da Fabio Peterlongo

Nato nel 1987, dal 2012 è giornalista pubblicista. Nel 2013 si laurea in Filosofia all'Università di Trento con una tesi sull'ecologismo sociale americano. Oltre alla scrittura giornalistica, la sua grande passione è la scrittura narrativa. È conduttore radiofonico e dal 2014 fa parte della squadra di Radio Dolomiti. Cronista per il quotidiano Trentino dal 2016, collabora con Trentinomese dal 2017 Nutre particolare interesse verso il giornalismo politico e i temi della sostenibilità ambientale. Appassionato lettore di saggi storici sul Risorgimento e delle opere di Italo Calvino.