Lo so, vi è già capitato. Almeno una volta nella vita, dai, non dite di no. Tornate a casa, entrate in cucina, e vi trovate davanti ad uno scempio. Resti della cena abbandonati sul tavolo, fornello unto, padelle non ne parliamo, una fumèra che l’Italsider a confronto è un luogo salubre. Il lezzo di uova e salsicce vi ha quasi messo ko, fate a tempo solo a scorgere quel sagoma – figlio, figlia, marito, moglie, convivente, quel che volete – che si sta addormentando sul divano. Provate a rimbrottare qualcosa, ma quello/a sta già ribattendo che non si tratta di un problema suo: lui ha già mangiato, voi non ancora.
Attaccando questo articolo, mi sono scervellato nel cercare un esempio che calzasse e che fosse anche un poco divertente. L’ho fatto per voi, cari lettori, altrimenti sai che pizza l’ennesimo articolo sui cambiamenti climatici e riscaldamento globale?! Non avreste nemmeno cominciato, ed invece adesso eccovi qui, siete già ad un terzo della lettura. Coraggio che il peggio è passato.
Ma la cosa veramente divertente è che mai avrei pensato di scrivere un articolo simile. Ma mai mai. Ed invece – prodigi della vecchiaia? – mi ritrovo qui oggi a fare il mio personale outing ambientalista. No, il tira e molla sulla TAV non c’entra: lo lascio volentieri ai politici nostrani.
C’è solo che sono seriamente preoccupato per le condizioni del nostro pianeta e per lo stato in cui lo lasceremo ai nostri figli e ai nostri nipoti. Non è uno scherzo. Per anni ci siamo divertiti a banalizzare gli avvertimenti degli scienziati. A riderci su, insomma. Ad accusare di catastrofismo i climatologi.
Adesso è arrivato il momento di dire basta!
Proprio come il tizio stravaccato di cui sopra, abbiamo usato la cucina, ne abbiamo goduto risorse e attrezzature, e adesso satolli ci stiamo disinteressando delle condizioni in cui l’abbiamo lasciata. Semplicemente perché il problema non è più il nostro. Noi nati tra i sessanta e gli ottanta del Novecento, tra cinquant’anni – salvo miracoli della scienza – saremo tutti sottoterra. Non avremo più il problema di salvaguardare l’ambiente e rinnovare le risorse. Non dovremo più affrontare l’emergenza plastica o l’allarme emissioni della CO2. Non avremo più alcun problema di nessun tipo.
Ma i ragazzini dell’età di Greta Thunberg (ancora non sapete chi è?!! Fatevi un giro su Youtube, va là) avranno all’incirca la nostra età e un bel mucchio di gatte da pelare. È comprensibile che siano arrabbiati: senti che puzza di uova e salsicce che gli stiamo lasciando in eredità… Capisco benissimo Greta, capisco altresì le migliaia di coetanei che in tutta Europa si stanno mobilitando per chiedere alla classe politica di agire e di farlo presto.
Quelli che veramente non capisco sono gli altri. Le altre centinaia di migliaia di ragazzini che non fanno nulla, che continuano a stare chini sui loro fottuti smartphone, a sorbirsi i consigli per gli acquisti degli influencers, a credere che da qui al 2050 le loro vite possano davvero svolgersi in maniera “normale” e “ordinaria”, a considerare unico problema reale per le loro vite questo spauracchio dell’immigrazione – cavallo di battaglia della nuova politica populista – e a non intravedere invece il letamaio nel quale saranno costretti a vivere tra qualche decennio.
Oh, dico a voi, ragazzini e ragazzine! Alzate la testa, santo cielo! Spegnete quel coso e guardatevi attorno! Vi stanno rubando il futuro e non state muovendo un dito per impedirlo. Fate qualcosa, santoddio, scioperate, salite sulle barricate, protestate, urlate, sputateci addosso! Altrimenti – come dichiarò la giovane Greta davanti al Parlamento Europeo – quello che vi lasceremo in eredità non sarà più solo una cucina lurida e puzzolente, ma il più grande fallimento della storia dell’umanità.