Il vecchio drago ha chiuso le ali

Renzo Francescotti (1938-2025) – ph. © Bruno Lucchi

Quando Renzo Francescotti varcava la soglia della redazione, mi dedicava sempre quel suo attacco inconfondibile: “Pino solitario, ascolta…”. La sua voce, potente e piena, riempiva lo spazio come un’onda sonora che sembrava abbracciare tutto e tutti. Ogni volta, quel richiamo era per me un promemoria della sua presenza vivida, della sua energia che non conosceva limiti, nemmeno di età. Il 10 gennaio, quando ho saputo della sua scomparsa, dopo anni passati a sentire quell’incipit – “Pino solitario, ascolta” – mi sono reso conto di non aver mai ascoltato davvero quel brano. È firmato nientemeno che da Franco Gatti dei Ricchi e Poveri, e mi era del tutto sconosciuto. Così, quasi come un atto di connessione postuma, ho cercato il suo testo. È una canzone che parla di resistenza, solitudine e forza interiore, il pino come simbolo di resilienza contro le avversità. Non poteva esserci metafora più appropriata per Renzo, il “vecchio drago”, come amava definirsi.

Con Renzo avevo un rapporto unico, un sodalizio forgiato in quella complicità che solo le redazioni sanno creare. Arrivai in Trentino nel 1993 e fu lui uno dei primi a cui confidai le mie ambizioni artistiche. Mi incoraggiò, ma sempre con la sua tipica misura: un equilibrio perfetto tra stima e pragmatismo. Amava il mio lavoro quanto io amavo il suo. I suoi complimenti erano rari e criptici, ma ogni volta mi aprivano il cuore. 

Leggerne i romanzi e i racconti, poi, era per me un viaggio in un mondo mitico e arcadico, un riflesso della sua infanzia e adolescenza. C’erano personaggi così vividi, così pieni di vita, che sembravano saltare fuori dalle pagine. In ogni suo scritto traspariva il profondo rispetto per le radici, per la cultura popolare, per un Trentino che amava raccontare e preservare. Ed era proprio con lo stesso entusiasmo che piombava in redazione, con una scoperta da condividere o una curiosità che aveva scavato dal passato. Non c’era nulla di tiepido in lui: viveva ogni cosa con una passione contagiosa.

E poi c’era la sua tenacia. Non era solo un resistente politico – e lo era, profondamente – ma anche un resistente esistenziale. Renzo non aveva età. Lo ricordo nelle sue traversate del lago di Caldonazzo, festeggiando con orgoglio i suoi 70 e poi 75 anni, come se il tempo fosse per lui un concetto secondario e altamente trascurabile. Lo ricordo sfilare con i ragazzi di “Fridays for Future”, in mezzo ai sedicenni, senza sembrare fuori posto. Era uno di loro, giovane nello spirito, senza forzature.

Ora che la sua voce si è spenta, rimangono solo i ricordi e le sue opere. Cinquanta libri: poesia, narrativa, saggi storici, opere teatrali, articoli. Una produzione vasta, che si muoveva con maestria tra il dialetto e la lingua nazionale, tra passato e presente, tra il personale e l’universale. Renzo Francescotti è stato un poeta dialettale tra i più importanti d’Italia, ma ridurlo solo a questo sarebbe ingiusto. Era un intellettuale completo, un insegnante che ha lasciato il segno in generazioni di studenti trentini, un animatore culturale instancabile.

Con il Gruppo Neruda, che fondò e amò profondamente, diede vita a centinaia di spettacoli di poesia, musica e canto. La sua missione era chiara: raccontare, preservare, condividere. E in questo non si è mai risparmiato, dedicando decenni alla memoria popolare di Trento e al racconto dei suoi sobborghi, come se temesse che, senza le sue parole, qualcosa di prezioso potesse andare perduto.

Ora che Renzo non c’è più, mi accorgo che si è aperta una piccola crepa nella mia curiosità intellettuale: c’è qualcosa di meno per tutta la cultura e la memoria storica del territorio. Una sorta di silenzio. Il vuoto della sua voce, il vuoto delle sue parole che erano sempre pronte ad arrivare, a illuminare un momento, a colmare un’assenza. Ci lascia un’eredità molto importante, un patrimonio di storie e memorie che “devono” continuare a risuonare, costi quel che costi. Così come lascerò risuonare per una volta quella canzone. “Pino solitario, ascolta…”. Ti ascolto, Renzo. Ora più che mai.

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Pubblicato da Pino Loperfido

Autore di narrativa e di teatro. Già ideatore e Direttore Artistico del "Trentino Book Festival". I suoi ultimi libri sono: "La manutenzione dell’universo. Il curioso caso di Maria Domenica Lazzeri” (Athesia, 2020) e "Ciò che non si può dire. Il racconto del Cermis" (Edizioni del Faro, 2022). Nel 2022 ha vinto il premio giornalistico "Contro l'odio in rete", indetto da Corecom e Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige. Dirige la collana "Solenoide" per conto delle Edizioni del Faro.