“ZoSo“, misteri di un capolavoro

Prima o poi chi cura una rubrica di pietre miliari del pop/rock non può evitare di confrontarsi con il IV dei Led Zeppelin, ribattezzato da molti “ZoSo”, dalla decodificazione di alcuni dei simboli esoterici presenti nella copertina. Se si esita è per la sensazione di fare qualcosa di superfluo, a causa dell’enorme popolarità dell’album, considerato il capolavoro di uno dei gruppi più famosi della storia del rock. Uscito nel 1971, all’apice della carriera del “Dirigibile”, il quarto Lp di Robert Plant, cantante dotato e scenografico come pochi, di Jimmy Page, da sempre ai primi posti nelle classifiche dei migliori chitarristi, di John “Bonzo” Bonham, batterista dal drumming inconfondibile, e di John Paul Jones, sensibile bassista e polistrumentista, è un po’ una summa della musica della band inglese. Ci sono i pezzi di hard rock che hanno fatto la leggenda dei Led Zeppelin, come “Black Dog” e “Rock and Roll”, l’heavy-blues di “When the Levee Breaks”, la rilettura del folk inglese di “The Battle of Evermore” (Plant la canta assieme a Sandy Denny dei Fairport Convention) l’omaggio agli USA e a Joni Mitchell di “Going to California”. Ma soprattutto, qui c’è uno dei brani – di nuovo, lo so – più universalmente amati della grande epopea del rock classico, “Starway to Heaven”, una cavalcata di 8 minuti in cui troviamo di tutto: un arpeggio di chitarra indimenticabile, ad introdurre quella che poteva essere solo una ballata struggente, che però accelera con l’entrata della batteria, per poi sfociare in un assolo di chitarra epico (“Page ha scritto un assolo a Dio”, scrissero all’epoca sui muri di Londra) e in un rock esplosivo, fino alla chiusura lasciata solo alla voce di Plant.

“Zoso” è considerato un disco misterioso, in parte a causa dell’alone che all’epoca circondava la band e soprattutto Page, un appassionato di Aleister Crowley, il grande occultista britannico (del quale acquistò anche un cottage sul lago di Lochness). La copertina stessa lasciò stupiti: non conteneva nome e foto della band, né il titolo del disco, ma un muro consumato dal tempo con sopra appeso un quadretto raffigurante un vecchio contadino con una enorme fascina sulla schiena. 

Si stima che l’album abbia venduto oltre 40 milioni di copie.

Condividi l'articolo su:
Avatar photo

Pubblicato da Marco Pontoni

Bolzanino di nascita, trentino d’adozione, cittadino del mondo per vocazione. Liceo classico, laurea in Scienze politiche, giornalista dai primi anni 90. Amori dichiarati: letteratura, viaggi, la vita interiore. Ha pubblicato il romanzo "Music Box" e la raccolta di racconti "Vengo via con te", ha vinto il Frontiere Grenzen ed è stato finalista al premio Calvino. Ma il meglio deve ancora venire.