Sbrino il freezer e sogno le imprese di Roald Amundsen

Una distesa infinita di ghiaccio, battuta dal vento polare. Un panorama spettrale, tagliato da una luce che uniforma prospettive e profondità. Ma l’uomo avanza, imperturbabile. Sofferente e fiero di essere lì, a sfidare quegli elementi che gelano l’aria addosso. Dopo ore di cammino – ormai allo stremo delle forze –  trova riposo tra le pellicce nel grande gelo. E domani è già lì, a lottare nel ghiaccio, con il fisico che dice no e la mente che dice sì. Si deve essere sentito un po’ così il grande esploratore norvegese Roald Amundsen – occhi gelidi ma grande passione d’animo – in quello strano campo di gioco che è la vita. Una carriera da medico sognata per lui dalla madre, ma che abbandona presto per dedicarsi al mare e al grande freddo. Una vita incredibile la sua, culminata con le spedizioni ai Poli. Dove vittorie e sconfitte, delusioni e soddisfazioni si susseguono incalzanti nella consapevolezza di un solo obiettivo: arrivare all’inarrivabile, il cui culmine è rappresentato dal dirigibile Norge. Maestoso nella sua massa ingombrante, spettacolare involucro di gas, un albatro di Baudelaire. Gigante buono e nobile, come Nobile (Umberto) era il nome del progettista italiano nonché suo rivale ed amico, che Amundsen non esita aiutare, rimettendoci la vita. Ripenso a questa grande esistenza e quasi la rivivo in prima persona, ripercorrendo le scene del recentissimo film “Amundsen”. Gli ingredienti ci sono tutti: le grandi distese di ghiaccio, il colossale blocco niveo sullo sfondo, gli impenetrabili strati di freddo lucente che annebbiano la vista. Le mani provate dalle temperature rigide, già gonfie e rossastre, disseminate da piccoli tagli. Un’impresa difficile quella dello sbrinamento del freezer. Parti all’avventura da solo, colpito da quella abominevole massa che mese dopo mese stava prendendo terreno in quell’angolo inesplorato di cucina. E piano piano avanzi, colpo su colpo, contro quell’antagonista freddo e rigido, mentre pezzi di ghiaccio ti cadono ai piedi. L’ultimo atto spetta al grande dirigibile casalingo: il pentolone carico d’acqua bollente, gonfio di calore, come il Norge sul Polo Nord. Intervengono i figli a sferrare gli ultimi blocchi nivei, in nome di quella solidarietà tanto nota tra gli esploratori. Abbattuto l’ultimo ostacolo, pianti la bandiera della vittoria, pensando ai nuovi surgelati. E ricordando Amundsen.

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Pubblicato da Tiziana Tomasini

Nata a Trento ma con radici che sanno di Carso e di mare. Una laurea in materie letterarie e la professione di insegnante alla scuola secondaria di primo grado. Oltre ai grandi della letteratura, cerca di trasmettere agli studenti il piacere della lettura. Giornalista pubblicista con la passione della scrittura, adora fare interviste, parlare delle sue esperienze e raccontare tutto quello che c’è intorno. Tre figli più che adolescenti le rendono la vita a volte impossibile, a volte estremamente divertente, senza mezze misure. Dipendente dalla sensazione euforica rilasciata dalle endorfine, ha la mania dello sport, con marcata predilezione per nuoto, corsa e palestra. Vorrebbe fare di più, ma le manca il tempo.