Custodire la salute e il Creato: dipende da noi

Qualche giorno fa, presentando ai miei studenti l’edizione 2021 del premio letterario della nostra scuola abbiamo riflettuto sul titolo del concorso: “Dipende da noi”. Cosa dipende da noi? Mi hanno chiesto. La nostra felicità, ho risposto, la nostra sicurezza e quella degli altri. La diffusione del virus ci ha portati a sentirci più responsabili. Ci ha ricordato quanto ciascuno di noi possa decidere consapevolmente di proteggere sé stesso e chi lo circonda. La pandemia ci ha ricordato che cosa siano la pazienza e come sia difficile, in un mondo del tutto e subito, ritrovarsi a gestire lunghe attese. Per rivedere parenti lontani, per rientrare a scuola dai compagni di classe, per tornare ad abbracciare qualcuno senza paura. Agire con responsabilità, con necessaria pazienza, significa avere cura. Significa essere custodi della vita. In una sua bellissima omelia, Papa Francesco parlava della necessità di essere custodi del creato. Una responsabilità enorme, ancora più grande, perché non solo limitata alla nostra permanenza sulla Terra, ma anche a quella di chi verrà dopo. Ora noi ci preoccupiamo di proteggere le vite di chi è vicino a noi, limitando le nostre abitudini, per salvarci. Perché, mi chiedo, è così difficile agire con la stessa convinzione per proteggere il pianeta che abbiamo preso in prestito, come dicevano gli indiani, per i nostri figli? Perché non riusciamo a percepire l’urgenza del problema ambientale con la stessa responsabilità che abbiamo dimostrato durante il lockdown? Per abitudine, comodità, interesse economico certo, ma anche perché non siamo più abituati a progettare a lungo termine, in un mondo tanto veloce. Nel passato gli architetti progettavano opere faraoniche, splendide cattedrali, regge monumentali, sapendo che mai avrebbero potuto ammirare la loro opera terminata. Sapevano che della meraviglia a cui stavano dando vita, avrebbe goduto qualcun altro. Oggi non è più così, bruciamo il tempo dell’attesa, viviamo nell’istante, reagiamo solo quando l’urgenza ci tocca, aggiustiamo macerie già crollate, cocci già rotti, tentiamo di riparare i danni di vasi già scoperchiati. Dovremmo recuperare un po’ di quello spirito antico, quello di chi agiva e progettava anche senza aver modo di vedere i risultati del proprio operato. Di chi pensava, agli altri, a quelli dopo, con pazienza e responsabilità. Si può fare, ma dipende da noi.

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Pubblicato da Silvia Tarter

Bibliofila, montanara, amante della natura, sono nata tra le dolci colline avisiane, in un mondo profumato di vino rosso. La vita mi ha infine portata a Milano, dove ogni giorno riverso la mia passione di letterata senza speranza ai ragazzi di una scuola professionale, costretti a sopportare i miei voli pindarici sulla poesia e le mie messe in scena storiche dei personaggi del Risorgimento e quant'altro. Appena posso però, mi perdo in lunghissimi girovagare in bicicletta tra le abbazie e i campi silenziosi del Parco Agricolo Sud, o mi rifugio sulle mie montagne per qualche bella salita in vetta. Perché la vista più bella, come diceva Walter Bonatti, arriva dopo la salita più difficile.