Settembre è qui di nuovo!

Da bambino andavo al mare a settembre, perché a ferragosto, durante la “fermata”, lo stop della fabbrica, mio padre, che era manutentore, lavorava (la manutenzione delle macchine si fa quando la produzione è ferma o rallentata). Noi apprezzavamo settembre: c’era meno caos, in spiaggia e sulle strade. E poi ovviamente costava di meno. Però in questo modo la fine delle vacanze per me coincideva con l’inizio della scuola: un passaggio quasi traumatico.

Settembre è il mese della vita che ricomincia, una sorta di altro primo dell’anno. Lo è anche adesso che le vacanze uno se vuole le può fare persino a novembre e il blocco ferragostano delle attività lavorative appartiene – almeno in certa misura – al passato.

Settembre è un mese strano, ambiguo e interessante come tutte le transizioni.  Ha il sapore dolceamaro della fine – del torpore dell’estate, degli amori dell’estate, dei tempi dilatati dell’estate – e insieme il vigore del nuovo inizio, ma un po’ velato di malinconia.

Per questi e altri motivi settembre è stato un mese molto cantato. Una delle canzoni più celebri è “September song”, composta da Kurt Weil, con parole di Maxwell Anderson, poi reincisa un po’ da tutti, Bing Crosby, Frank Sinatra, Ella Fitzgerald, Lou Reed. Il testo paragona l’arco della vita a quello dell’anno. In base a questa metafora, settembre si colloca sulla soglia della vecchiaia. L’autore si rivolge ad una persona più giovane, e dice che non ha tempo per “the waiting game” (per il gioco dell’attesa, proprio degli amori nascenti). Che i giorni diminuiscono, ne restano pochi, ma preziosi; e vuole spenderli assieme a lei/lui.

Francesco Guccini, nella sua “Canzone dei 12 mesi”, definisce settembre “il mese del ripensamento”, un mese che porta “il dono usato della perplessità”. Ma anche, di nuovo, il mese in cui “ricominci il gioco della tua identità”.

Più vivace il settembre funky degli Earth Wind & Fire, che ci ricordano come gli amori possono nascere anche in questo mese, precisamente il giorno 21. Amori che a dicembre sono ancora in piedi; il che, obiettivamente, è già qualcosa.

Da 21 anni a questa parte settembre è il mese in cui si ricorda uno degli eventi epocali a cui abbiamo assistito: l’attacco alle Twin Towers. Molti altri fatti luttuosi si sono succeduti, da allora, ma, nell’immaginario, quegli aerei che si schiantano contro le superfici riflettenti dei grattacieli, nel limpido azzurro del mattino, hanno un posto speciale. Se possono farlo a New York, ci siamo detti, allora possono farlo ovunque, e nessuno è più al sicuro (cosa rivelatasi drammaticamente vera). 

Su scala locale, settembre è anche il mese in cui si ricorda la firma dell’Accordo Degasperi-Gruber, a Parigi, il 5 settembre del 1946, dal quale si è originato, attraverso un percorso lungo e travagliato, l’attuale Statuto di Autonomia del Trentino Alto Adige (il secondo, mentre il terzo, spesso evocato, sembra lontano). Quand’ero ragazzo di questa costruzione istituzionale vedevo soprattutto le imperfezioni, anzi, diciamo pure quelle che mi sembravano vere e proprie storture, a partire dalla dichiarazione di appartenenza al gruppo linguistico in vigore in Alto Adige, la “schedatura etnica”. Oggi vedo soprattutto la lungimiranza, i vantaggi, le soluzioni positive dell’Autonomia, e penso che una cosa del genere dovrebbe essere estesa quanto più possibile. Non credo sia una questione di senilità. Penso semplicemente che se si guarda al panorama internazionale, al consolidarsi dei nazionalismi, alle guerre confinarie e alle guerre d’invasione pure e semplici, non si possa che considerare il federalismo e il regionalismo come potenziali antidoti. A patto che conservino un’apertura verso l’esterno, che non si traducano nella riproposizione, su scala ridotta, degli stessi steccati e degli stessi appetiti che caratterizzano la vita degli stati, e soprattutto delle superpotenze, che siano la Russia, la Cina o l’America. Ma di Autonomia, fuori di qui, non parla nessuno. Né di federalismo. Nella campagna elettorale che precede queste anomale elezioni nazionali di settembre, sono parole e concetti che semplicemente non esistono.

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Pubblicato da Marco Pontoni

Bolzanino di nascita, trentino d’adozione, cittadino del mondo per vocazione. Liceo classico, laurea in Scienze politiche, giornalista dai primi anni 90. Amori dichiarati: letteratura, viaggi, la vita interiore. Ha pubblicato il romanzo "Music Box" e la raccolta di racconti "Vengo via con te", ha vinto il Frontiere Grenzen ed è stato finalista al premio Calvino. Ma il meglio deve ancora venire.