Nella casa di Alice Andriollo la memoria è donna

La cucina di Alice Andriollo

Tra le piccole realtà museali di cui è ricco il nostro territorio spicca per originalità e fascino Casa Andriollo, sita nell’abitato di Olle, presso Borgo Valsugana, e luogo predestinato, sin dal passato e dalle vicende dei suoi proprietari, in particolare dell’ultima sua abitante, Alice, ad essere testimone, scrigno e custode del “Sapere femminile”. 

L’edificio, un’abitazione rurale risalente al 1860 posta su tre livelli sfalsati serviti da una scala in calcare locale secondo una tipologia ampiamente diffusa in area urbano-alpina, dal 2007, dopo un accurato restauro, ospita il progetto “Soggetto Montagna Donna”, realtà aperta ed in continua evoluzione, particolarmente attiva con esposizioni, pubblicazioni ed incontri a promuovere il mondo e la creatività femminile. 

Nato nel 2003 da una felice intuizione dell’artista trentina Rosanna Cavallini, da sempre affascinata dalla cultura e dall’arte popolare e, fin da giovane, consapevole di quanto sia importante recuperare e tramandare alle nuove generazioni manufatti, oggetti e utensili della vita domestica e familiare di un tempo, il progetto si palesa all’interno di Casa Andriollo lungo un percorso espositivo articolato e coinvolgente. Provenienti dalla collezione privata di Rosanna Cavallini o da donazioni, i materiali esposti, i più vari per tipologia e composizione, abbracciano un arco cronologico compreso tra il 1800 e il 1920 circa, periodo in cui il nostro territorio era inserito nel Tirolo meridionale (Welsch Tirol), corrispondente all’attuale Trentino.  

Rosanna Cavallini

Come ben evidenzia Martina Micheli, attuale responsabile del Museo Casa Andriollo, un accurato esame del materiale raccolto in molti decenni di appassionata ricerca ha suggerito di proporre al visitatore quattro aree tematiche specifiche che, visionate nel loro insieme, ricostruiscono in modo attento e completo il complesso mondo femminile di un tempo.

Il tuffo nel passato inizia dal seminterrato, la vecchia cantina della famiglia Andriollo, con la prima sezione denominata “La Medicina del corpo e dell’anima” ove, delineando la figura femminile come esperta di botanica e custode di rudimenti di medicina, la cosiddetta donna erbaiola e guaritrice, spesso associata alla figura della donna strega, si esaminano le pratiche curative di tradizione popolare, religiosa e pseudo religiosa. In esposizione oggetti unici e straordinari come il Breve, Breverl o Scaccia diavolo, talismano devozionale realizzato nei conventi e ampiamente diffuso dal XVI secolo nei territori cattolici di lingua tedesca (Baviera e Tirolo) e in alcune aree del Trentino orientale, e qui presente con un raro esemplare della fine del 1600; monili con funzione apotropaica e ornamentale, amuleti e ancora i “bocconcini”, gli Schluckbildchen, curioso metodo di medicina popolare empirica in uso dal XVIII al XIX secolo, consistente in piccole immagini sacre che venivano inghiottite con dell’acqua nella convinzione che, introdotte nel corpo dell’infermo, portassero rapidamente alla guarigione. Tra gli oggetti presenti in questa prima affascinante sezione, curata nella sua parte botanica dalla giornalista ed esperta Martha Canestrini, spicca un curioso erbario del 1850 di area altoatesina con erbe e fiori di montagna realizzati in cera e stoffa ed un prezioso manuale di ostetricia del 1837 del medico viennese Rudolf Lamprecht, docente all’Univeristà di Padova, indirizzato alle alunne levatrici, le prime donne ufficialmente ammesse alla Facoltà di Medicina grazie alla scuola da lui istituita. 

Alice Andriollo

Salendo pochi scalini entriamo nelle Stanze di Alice, il cuore dell’antica, semplice dimora ancora arredato con oggetti, suppellettili e ricordi dell’ultima abitante, Alice Andriollo, donna dignitosa, istruita e volitiva che dopo aver badato a fratelli e assistito il padre, rimasto vedovo durante il Primo Conflitto Mondiale, ha vissuto in solitudine tra queste mura fino a 75 anni.

A seguire la seconda sezione tematica del museo denominata “L’arco dell’esistenza” ove abiti e ornamenti preziosi, importanti per i loro significati simbolici, mostrano le tappe della vita femminile: la nascita, il battesimo, la comunione, il matrimonio, la maternità, la vecchiaia e la morte. Di particolare interesse numerose vestine da battesimo, diverse tipologie di abiti da lavoro o da cerimonia ed esempi di adeguamento delle vesti femminili durante le varie fasi dello sviluppo in un continuo “fare e disfare” ispirato ad un’economia domestica rigidamente improntata ad una dignitosa parsimonia, principio non tanto dettato dalla necessità quanto da un senso di rispetto e cura per le cose e gli oggetti.          

Completano il percorso espositivo alcuni mobili dotali, adibiti a contenere, conservare e proteggere l’unica proprietà femminile, il corredo personale, spesso trasformati in veri “giardini di fede” personali grazie all’applicazione con colla di farina bianca di immagini religiose acquistate dai venditori ambulanti. Preziosi monili in filigrana d’oro e d’argento, a volte intrecciati con coralli e pietre dure, accompagnano ogni fase della vita femminile rivelando, anche in ambiente rurale e montano, un pizzico di vanità femminile: orecchini antropomorfi con delle testine nere con turbante, i famosi “moretti”, pendenti con coralli come doni nuziali, spilloni per capelli, file di granati come status symbol e ciondoli d’oro per custodire immagini sacre o ciocche di capelli. 

Proseguendo il nostro affascinante viaggio nel passato si entra nella sala dedicata ai “Saperi femminili tradizionali” ovvero i lavori artigianali delle donne di montagna e le loro abilità manuali: l’arte del cucito e del ricamo, il lavoro a maglia e uncinetto, il tutto raccontato tramite i classici imparaticci, splendidi ricami ad ago, preziosi merletti e fini lavori a tombolo del quale, per sostenere maestranze femminili disagiate in zone depresse di montagna, erano state istituite molte scuole. Impreziosisce questa sezione la testimonianza delle sorelle Marconi ossia il carteggio e la produzione scolastica e domestica di due maestre trentine diplomatesi in “lavori donneschi” presso l’Istituto Magistrale femminile di Trento, una nel 1894 e l’altra nel 1900. 

Completa il percorso espositivo la sezione dedicata alla “Spiritualità e cultura” dedicata ai lavori conventuali, i Klosterarbeit, realizzati all’interno dei monasteri e conventi femminili, ove le donne, accanto alla preghiera, si dedicavano a creare straordinari manufatti come Bambinelli e Marie Bambine in cera e stoffa, quadretti votivi e devozionali e preziosi reliquiari usando materiali di ogni tipo. Al termine della visita numerosi esempi di scrittura privata testimoniano, con tenerezza, questo incredibile universo, ricco di sfumature, curiosità e sentimenti e vissuto, per secoli, con riserbo e intimità.

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Pubblicato da Nicoletta Tamanini

Da sempre appassionata all’arte in tutte le sue manifestazioni, dopo la maturità classica, pur avendo seguito studi a carattere scientifico, da anni si occupa di critica d’arte e cura mostre ed eventi a carattere creativo. Collaboratrice dal 2004 dell’emittente Telepace Trento, è autrice di innumerevoli servizi a carattere culturale, di una decina di documentari a carattere artistico – religioso e di una ventina di documentari a tema esclusivamente artistico in collaborazione anche con strutture museali del territorio e con esperti del settore. Presente, per varie edizioni, nelle giurie di una decina di concorsi artistici a livello trentino e extraregionale, è autrice di recensioni d’arte pubblicate anche su stampa specializzata.