Smussando angoli vivi

Con la mostra personale “Smussando angoli vivi” di Giovanna Bonenti (Tione di Trento, 1992) prende avvio la programmazione della project room di Castel Belasi, che dopo cinque anni pilota in coda a un lungo restauro diventa Castel Belasi Cultura, luogo privilegiato di fruizione delle arti con una proposta espositiva articolata, comprendente una sezione dedicata a mostre temporanee d’arte contemporanea di respiro internazionale – quest’anno una personale di Stefano Cagol a cura di Emanuele Quinz da fine giugno – e un percorso permanente consacrato alla fotografia con pezzi provenienti a rotazione dall’Archivio Fotografico Storico Provinciale. La project room ne rappresenta il cuore perché situata ortogonalmente al centro del castello, sotto gli stemmi araldici, nella sala a piano terra detta “dei dazi”, e perché votata a una ricognizione degli artisti più giovani, quest’anno con una predilezione per il mezzo pittorico e per trentini spesso formatisi e basati fuori regione, tutti già premiati da riconoscimenti e partecipazioni di rilievo.  

Giovanna Bonenti, che apre la carrellata e tiene a Castel Belasi la sua prima personale in un’istituzione pubblica, ha esordito con la “Collettiva giovani artisti” della Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, ha partecipato al “Progettoborca” a cura di Gianluca D’Incà Levis all’Ex Villaggio Eni di Corte di Cadore ed è stata scelta lo scorso anno per “Venice Time Case” a cura di Luca Massimo Barbero, presentato alla Galerie Italienne a Parigi.  

In “Smussando angoli vivi” troviamo una selezione di una trentina di lavori degli ultimi due anni, tra pastelli a olio su tela, carte a tempera e acquerello, acrilici su stoffa e ceramiche dipinte a ingobbio, che vanno da piccole dimensioni a grandi arazzi e forzano il confine tra supporti diversi e tra pittura e scultura. In questo senso le sue opere smussano angoli vivi, ma lo fanno anche nel modo di tradurre la realtà attorno, procedendo per forme e campiture di colore distinte, anche se non nette. Non si compenetrano in sfumature ma non sono contrapposte da stacchi taglienti, è quel necessario sfioramento delle cose che l’antropologo francese Marc Augé teorizza nel saggio “Saper toccare” che Bonenti confessa di aver più volte riletto in questi ultimi tempi.  

«Le opere di Bonenti a Castel Belasi innescano analogie e rimandi con le linee curve e le smussature dell’architettura antica, e con i segni lasciati dal tempo sulle loro superfici, sfiorando la pelle del castello», afferma la curatrice Mariella Rossi, descrivendo come la selezione dei dipinti e il loro posizionamento nello spazio riescano a instaurare un dialogo con gli avvolti, con le iscrizioni sui muri che raccontano la riscossione delle decime, con i resti ceramici e lapidei delle antiche stufe a olle. L’artista si avvicina a loro con le opere su carta, su tela e su ceramica, facendo notare questi dettagli della quotidianità del maniero e facendoli entrare nel percorso espositivo perché «Le mie opere evocano, rendendole astratte, architetture e luoghi vissuti e qui – più che altrove – trovano un confronto», spiega l’artista, che prosegue «Sento che questa esperienza cambierà il mio percorso creativo da qui in avanti». In questo modo la project room contribuisce a rendere Castel Belasi come “luogo dove si fa cultura”. 

La mostra personale di Giovanna Bonenti nella project room di Castel Belasi sarà visitabile fino al 27 luglio.

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