Bianchina libera!

ph. www.ladige.it

Le strade erano affollate di striscioni, megafoni e bandiere. La folla urlava senza sosta il nome di Bianchina, la resistente anarchica che rifiutava lo sgombero del suo covo. Ormai stava lì da anni, era l’ultima superstite di un gruppo anarco-leninista, che puntava alla dissoluzione di tutti i costrutti sociali per vivere in comunità di sussistenza. Uno dopo l’altro, i suoi compagni erano tutti caduti vittime di un sistema che semplicemente non accettava la loro presenza. Caduti in trappole e complotti, tutti senza colpevoli, tutti vittime di un nemico a quanto pare, secondo l’opinione pubblica, inesistente. Eppure loro sapevano molto bene chi era questo nemico. Da qualche tempo Bianchina, avendo perso i suoi riferimenti, era sostenuta da una anziana signora cresciuta a pane e lotta politica. Ormai troppo anziana per poter dare una mano alla causa, faceva quel che poteva prendendosi cura di Bianchina. Bianchina odiava stare in casa. Trovava la casa, come struttura e istituzione, l’ennesima costrizione di un sistema malato e corrotto, atto a manovrare dalle sue misteriose e ignote stanze dei bottoni ogni singolo movimento e ogni singola scelta degli ignari cittadini. Per questo motivo era sempre in giro tra manifestazioni e atti di disobbedienza civile. Talvolta le piaceva andare anche al fiume, in solitaria, e fissare il lento scorrere dell’acqua. Libero ma comunque dentro degli argini imposti, proprio come si sentiva lei.

Quella mattina arrivarono gli uomini del governo in tenuta anti sommossa. Dapprima bloccati dalla gente fuori dalla casa, si sono poi fatti strada con i loro democratici manganelli. Arrivarono davanti alla porta bussando con forza, intimando a Bianchina di uscire. Bianchina aveva già preso la sua decisione: il covo non lo avrebbe abbandonato per nulla al mondo. Quando gli agenti sfondarono la porta si trovarono davanti tutti gli abitanti del palazzo, armati fino ai denti. Bastoni di scopa, mattarelli, scolapasta in testa. Erano tutti pronti a difendere con le unghie e con i denti Bianchina, il covo e quello che tutto questo aveva significato per loro. Ovvero l’ultimo baluardo di libertà in una società sempre più controllata. Gli uomini del governo vennero presi alla sprovvista da quell’orda di orgoglio popolare, che con forza spinse gli usurpatori fin fuori dal complesso. Adesso erano in strada con tutti gli altri. Bianchina salì sulle spalle di uno degli uomini più possenti e, rivolta alla collettività, disse: “Sono stata costretta, come tutti noi, a vivere nella costrizione, per motivi sempre meno chiari. Questa è la mia casa, il luogo nel quale da sempre ho provato a costruire la mia personalissima libertà. Ho accettato di contaminarmi con le vostre scelte per poter condurre la vita che ho sempre voluto. Ma arriva un momento nel quale non si può più scendere a compromessi. Adesso basta. Questa rimarrà la nostra casa, e voi dovrete rimanere fuori da essa. Altrimenti dovrete ammazzarci tutti. Buona fortuna!” 

La folla esplose di gioia, intonando un coro per Bianchina in onore della loro libertà che, ancora per quel giorno, non era stata cancellata del tutto. 

Salvate la gatta Bianchina

La Sezione Enpa del Trentino è intervenuta nella storia che vede coinvolta una gatta, chiamata Bianchina, che ora rischia lo sfratto da una struttura Itea dove vivono otto famiglie a Ravina di Trento, e che hanno adottato la gattina che ha cercato riparo dal freddo dentro il vano scale. I condomini hanno posizionato una piccola cuccia fuori dal portone d’entrata dove l’animale si ripara dal freddo. A metà dicembre due ispettori Inps si sono presentati presso la struttura intimando i residenti di spostare la casetta del gatto.

Condividi l'articolo su:
Avatar photo

Pubblicato da Fabio Loperfido

Nato allo scadere del millennio, Fabio è uno studente errante che ancora non ha ben chiaro cosa potrebbe volere il mondo da uno come lui. Nel mentre prova ad offrire ciò che vede con i suoi occhi tramite una sua lettura, con la speranza che il suo punto di vista possa essere d'aiuto a qualcuno martellato dai suoi stessi interrogativi.