Daniele Erler. Nella tana dell’orso bruno

Il mondo sta cambiando. I cambiamenti, le innovazioni che qualche tempo fa avrebbero richiesto decenni, se non addirittura secoli, oggi avvengono nel giro di qualche anno. Un settore che sta risentendo in particolare di questo cambiamento è il giornalismo. Ne abbiamo parlato insieme a Daniele Erler, giornalista di Domani. Daniele, come dirà lui stesso, si definisce un fiero trentino che, dopo anni di gavetta e precariato, è riuscito finalmente nel suo sogno.

Quando nasce la passione per il giornalismo?

È una cosa che reputo come abbastanza innata. Sin dagli anni delle superiori, infatti, durante i temi di italiano sceglievo sempre la traccia dell’articolo di giornale. All’università ho iniziato a leggere molto di più i giornali. La passione era per me così forte che mi arrangiavo nel trovare vari lavoretti per potermi permettere gli abbonamenti. Atteggiamenti forse considerabili anacronistici rispetto alla realtà odierna che viviamo.

Quando capisci invece che questa passione potrebbe diventare il tuo lavoro?

È stato un processo abbastanza graduale, segnato da una serie di opportunità che mi sono creato e che ho avuto la fortuna di trovare. La realtà del giornalismo odierno è molto complicata, non è un  segreto che sia un settore che sta attraversando una vera e propria crisi. C’è stata quindi senza dubbio una mia forte ostinazione, forse anche un po’ irrazionale, che mi ha permesso di andare avanti nei momenti più complessi. 

Però non ti sei lasciato scoraggiare.

No, anzi. In più momenti è stato molto complesso anche solo prefigurarmi il giornalismo come un lavoro, per un problema molto pratico: mancavano i soldi. Un altro fattore è stata la continua formazione: cercavo di essere sempre un po’ più preparato e aggiornato rispetto agli altri. Il vantaggio di essere giovane è che ci si può permettere di sbagliare strada, sbagliare scelte; al contempo si è anche più flessibili per superare la difficoltà che nasce dall’insuccesso, dal fallimento.

Com’è la vita precaria?

È stato un periodo non semplicissimo, penso però sia la stessa situazione nella quale la nostra generazione si trova, non è una peculiarità del giornalismo. Molti giovani incontrano difficoltà analoghe per poter fare il lavoro che vogliono. Spesso quindi si fanno altri lavori, magari in altri settori sperando di riuscire poi ad approdare dove ci si era prefissati, sfruttando per chi è possibile anche il supporto economico che la famiglia può offrire. 

Con il giornalismo sembra essere ancora più difficile.

Il settore del giornalismo è particolarmente colpito da questa crisi occupazionale, per questo l’equazione si complica, e di molto. Capita spesso, purtroppo, che dopo un tempo prolungato in questa realtà precaria molti demordono, per poi decidere definitivamente di occuparsi di altro. Anche la mia situazione attuale, che è definibile come abbastanza stabile, potrebbe mutare senza grossi preavvisi. Purtroppo siamo una generazione abituata a muoversi in questi meccanismi.

E tu? Hai mai pensato di mollare?

Sicuramente come detto in precedenza ci sono stati non pochi momenti difficili. Se mi fossi reso conto che quella non era la strada in cui avrei trovato qualcosa, avrei senz’altro provato a cambiare. Per fortuna l’ambiente della comunicazione, analizzato in maniera più ampia rispetto al giornalismo stretto, offre varie strade che esulano dal tipico lavoro in redazione. Sebbene mi stessi formando per diventare giornalista, avrei potuto decidere di cambiare carriera, magari specializzandomi in comunicazione aziendale, oppure entrare in qualche ufficio stampa o qualche azienda di marketing. Diciamo che ci sono sempre stati dei piani alternativi che avrei potuto seguire.

Quali sono le caratteristiche necessario per emergere in questo settore?

Prima cosa la qualità. È ancora una cosa fondamentale. Qualità che si costruisce con l’esperienza e con la voglia di studiare, di innovarsi, di essere sempre un po’ più avanti rispetto agli altri. In alcuni casi anche la specializzazione, riuscire quindi a individuare un settore specifico dove diventare esperti. Infine la capacità di essere giornalisti relazionato al tempo nel quale stiamo vivendo. Ad esempio sfruttando il più possibile i nuovi strumenti, come ad esempio podcast, newsletter e video. Non accontentarsi quindi di fare una cosa soltanto, ma cercare di portare il proprio modo di fare giornalismo su più piattaforme possibili per riuscire a veicolare ancora meglio il proprio messaggio.

Quando e dove muovi i primi passi nel settore?

Sono molto legato al Trentino. Ogni volta che posso, cerco di ritornare. Tutta la mia formazione è legata al Trentino. Mi sono infatti laureato in Storia all’università di Trento. Subito dopo la laurea ho iniziato a collaborare con i giornali locali, in particolar modo con l’ormai defunto Trentino. Ho iniziato occupandomi di cronaca locale, occupandomi di ogni aspetto. Dalla politica, alla cronaca nera, arrivando persino alle feste di paese. Da li ho iniziato sempre di più ad allargare il mio territorio di riferimento, passando dal piccolo paese fino ad arrivare a coprire tutta la regione. Ho fatto la tipica gavetta, è capitato poi che facessi qualche sostituzione in redazione, comunque per lassi di tempo abbastanza brevi, da uno a tre mesi per sostituire colleghi in ferie o in malattia. 

Poi hai scelto di espanderti. Come hai fatto?

Nel 2016 ho iniziato a sentire queste esperienze locali un po’ strette, sentivo il bisogno di allargare un po’ i miei orizzonti. Per fare ciò, ho deciso di iscrivermi alla scuola di giornalismo ad Urbino, la mia prima grande esperienza al di fuori dei confini trentini. Dopo questa scuola ho fatto un paio di tirocini di spessore, prima nella redazione de La Stampa a Torino, poi in quella de Il Fatto quotidiano a Roma. Durante questo mio ultimo tirocinio ho avuto l’opportunità di conoscere Stefano Feltri, all’epoca vicedirettore. Continuai a collaborare con questi due giornali nella mia seguente breve carriera da freelancer, mentre mi occupavo anche di cronaca locale per Il Trentino. 

Arriviamo a Domani, il giornale per il quale attualmente lavori. Come ci sei finito?

Durante il lockdown, uscì una notizia sul Corriere della Sera dove si riportava la fondazione di questo nuovo giornale. A mio parere è da considerarsi come l’evento più innovativo nella storia recente del giornalismo italiano, in quanto si trattava di un giornale fondato da un vecchio editore, De Benedetti, con l’idea di offrire qualcosa di nuovo. Domani infatti nasce con una nuova idea, quella di coniugare la realtà nuova, dirompente realtà digitale, al tradizionale giornale di carta. La direzione fu affidata a Stefano Feltri. Io non persi l’occasione e lo contattai subito, mettendomi a completa disposizione per questo progetto. Mi chiese un paio di idee, io gliele mandai e lui rimase molto soddisfatto. Sono stato il primo giornalista ad arrivare in redazione. Oggi sono caposervizio, mi occupo un po’ del dietro le quinte eppure è una cosa che continua a soddisfarmi.

Hai un substack, per i non addetti ai lavori, una specie di Blog, che da poco più di un anno curi e fai uscire ogni settimana. Come mai questa scelta?

Come ho appena  detto, ora il mio lavoro è prettamente uno stare dietro le quinte, ovvero scrivo molto poco. Mi è tornata la voglia di scrivere: dedicarmi quindi a raccontare le storie come ho fatto in passato. A differenza di prima però, volevo riuscire a farlo al di fuori dei confini strettamente professionali. Cercando quindi di farlo più a livello personale, per riscoprire la passione che mi aveva mosso nei dieci anni di precariato di cui abbiamo parlato in quest’intervista. Oltre a questo c’era la volontà di sperimentare questo mezzo della newsletter, molto utilizzato negli Stati Uniti, meno in Italia. 

Cosa ti piace di questo mezzo?

Mi piace molto l’idea di un gruppo di persone che volontariamente decidono di abbonarsi – nel mio caso gratuitamente – a qualcosa che offro io, per creare una sorta di piccola comunità di persone interessate a quello che scrivo. È nato come un esperimento, dandomi 2-3 numeri di prova. Ho ricevuto un buon feedback, riuscendo a crearmi questo mio piccolo spazio personale. Spesso sono storie che incrocio nel mio lavoro, ma che non ho tempo e spazio di raccontare sul giornale, oppure libri che leggo, cose che faccio. È un qualcosa di molto intimo e personale, quindi c’è molto di mio, della mia esperienza, dei miei ricordi, della mia vita. Penso sia un tipo di linguaggio molto contemporaneo. 

In un’epoca nella quale siamo tutti sempre più distanti, utilizzare gli stessi strumenti che ci allontanano per (ri)creare l’empatia con chi legge è uno dei migliori utilizzi che si possa fare di questi strumenti. Daniele lo sa, e cosi facendo riesce a tenere unite persone che la vita ha portato distanti, o che magari, la stessa vita non ha mai permesso di incontrare.

“Svegliati, bruno!” Il blog

Ecco come lo stesso Daniele Erler presenta il suo wakeupbruno.substack.com

“Una volta a settimana (scopriremo insieme se riuscirò ad essere davvero puntuale) scriverò di qualcosa che mi ha colpito, per lavoro o passione. Quindi soprattutto: giornalismo, tecnologia, libri, musica, serie tv, social, podcast,…

Ovviamente sarà tutto molto personale, come sono personali le newsletter che preferisco. Ti racconterò del mio lavoro e ci metterò quello che ti scriverei se fossimo amici di penna o se ci trovassimo a bere una birra!

Ma spero che possa essere comunque interessante per te. È la mia prima vera newsletter, se andrà bene la faremo crescere insieme! Se andrà male, mi scuso in anticipo per il tempo che ti avrò fatto perdere…”

Domande a bruciapelo

Il libro che stai leggendo?
“Una serie di fortunati eventi. Il caso e la nascita della Terra, della vita e di tutti noi” di Sean B. Carroll.


Il tuo numero preferito?
Il cinque.

Il tuo colore preferito? 
Il rosso.


Il piatto che ami di più?
Pasta alla carbonara.

Il film del cuore?

Leggo tantissimo, guardo pochissimi film.


La squadra di calcio che tifi?
Di famiglia milanista.


L’automobile preferita? 
Ho la patente ma non guido.


Il viaggio che non
sei ancora riuscito
a fare? 
Stati Uniti.

Hai animali domestici? 
Ho avuto un gatto.


Cantante, compositore o gruppo preferito? 
Bruce Springsteen.

Se non avessi fatto quello che hai fatto, cosa avresti voluto fare?
La rockstar.


La cosa che ti fa più paura? 
Il futuro.


Il difetto che negli altri ti fa più paura?

L’egoismo.

Condividi l'articolo su:
Avatar photo

Pubblicato da Fabio Loperfido

Nato allo scadere del millennio, Fabio è uno studente errante che ancora non ha ben chiaro cosa potrebbe volere il mondo da uno come lui. Nel mentre prova ad offrire ciò che vede con i suoi occhi tramite una sua lettura, con la speranza che il suo punto di vista possa essere d'aiuto a qualcuno martellato dai suoi stessi interrogativi.