Il dilemma del formato: raw o jpg?

Optare per il salvataggio in formato raw o jpg è una delle scelte obbligate per il fotografo digitale. Innanzitutto, definiamo il significato dei due termini. Il raw è il formato in cui la fotocamera salva sulla memory card tutti i dati che il sensore capta quando si fa clic, senza applicare alcuna modifica, salvo la conversione analogico>digitale, cioè la traduzione in codice binario dei dati analogici rilevati dal sensore. Nel caso del jpg, il flusso di informazioni fornite dal sensore viene dirottato al chip della macchina che applica le impostazioni relative a WB, contrasto, nitidezza, saturazione cromatica e poco altro. Tutte le informazioni eccedenti vengono scartate e i dati scelti vengono compressi (più o meno intensamente) nel file jpg. Il risultato delle due scelte è: 

• Il file raw è pesante e ha bisogno di essere “processato” con un apposito software. Ciò comporta dotarsi di un programma e impararne l’utilizzo. • Il file jpg, grazie alla compressione che subisce, è più leggero, universale e condivisibile, non richiede il ricorso a software, insomma, è come avere già la foto stampata.

I sostenitori del file raw sostengono, a ragione, che il file raw consente di interpretare e correggere l’immagine con ampi margini di manovra. In aggiunta, offre il vantaggio di essere un file di sola scrittura e quindi di conservare sempre i dati originali. 

I fans del jpg replicano, a ragione anche loro, che il jpg è meno macchinoso, nettamente più leggero e consente correzioni in postproduzione, (anche se con margini molto più ridotti e notevole perdita di qualità). In conclusione: se il fotografo desidera ottenere il massimo di qualità dai suoi scatti, anche per l’eventuale ingrandimento in stampa, sceglie obbligatoriamente  il formato raw. Se, al contrario, non ha pretese troppo elevate, non ha voglia di “perdere” tempo con la post-produzione a cui ti obbliga il raw, usa smartphone o tablet per guardare e condividere le fotografie, sceglie il formato jpg e… si accontenta!

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Pubblicato da Adriano Frisanco

Biologo mancato, fotografo per destino, da decenni diffonde la fotoepidemia nella popo-lazione trentina, attraverso corsi e progetti altamente contagiosi. Ha una folle convin-zione: che la fotografia sia un linguaggio da imparare.