Il giubbotto dell’addio

Stadio di San Siro, 18 agosto 1995. Marco Van Basten dà il suo prematuro addio al calcio giocato

Guardando per l’ennesima volta Pulp Fiction di Quentin Tarantino ho avuto un’epifania. È successo quando Butch, il pugile interpretato da Bruce Willis in quella che secondo me è la sua miglior interpretazione di attore, sta per arrivare di nascosto alla sua abitazione per recuperare l’orologio di suo padre. Tralasciando il motivo per cui lo sta facendo a chi ancora non avesse visto il film, mi sono concentrato sul giubbotto di pelle scamosciata che Butch sta indossando in quel momento. “Ma io quel giubbotto l’ho già visto”, mi sono detto, e si trattava di una situazione molto triste. Lo indossava un altro dei personaggi che vivono nel mio pantheon personale: Marco van Basten, probabilmente il più forte e completo centravanti di sempre. L’occasione era quella del giro di campo che van Basten stava facendo a San Siro per salutare i tifosi rossoneri il 18 agosto 1995 dopo avere annunciato di lasciare il calcio giocato a soli 28 anni per un problema alla caviglia mai risolto e all’età nella quale al giorno d’oggi i calciatori hanno ancora un decennio di carriera davanti. Il Cigno di Utrecht, come era stato soprannominato per il suo modo elegante di muoversi in campo, aveva gli occhi lucidi, come me del resto, come le migliaia di persone che in quel momento stavano assistendo al suo addio al calcio. E le sue lacrime bagnavano il giubbotto di renna, come viene comunemente chiamato, che stava indossando in quel momento. Questo mio viaggio mentale, dal quartiere residenziale di Los Angeles dove si trova la casa di Butch allo stadio di San Siro che è stato la casa calcistica di van Basten è stato innescato proprio dal giubbotto di renna, che entrambi stavano indossando in quel momento. E questo capo di abbigliamento è diventato in questo caso il simbolo del loro addio. La fine della carriera sportiva del “mio” centravanti ma anche di quella di attore di Bruce Willis. Non certo nel momento della sua recitazione in Pulp Fiction, ma in quello che si è purtroppo presentato nel 2022 quando gli è stata diagnosticata in un primo momento un’afasia e poi l’anno successivo una demenza neurovegetativa. 

Ecco, pensare a quanto avrebbe potuto dare ancora Marco van Basten non solo al Milan, per me che tifo rossonero da quando il presidente era Giussy Farina, ma al calcio in generale, mi da’ una sensazione di ingiustizia. La stessa che mi viene se penso a quanti calci nel sedere ai cattivi di turno avrebbe potuto dare ancora Bruce Willis nei film da lui interpretati. 

Bruce Willis nei panni dell’indimenticabile Butch, in Pulp fiction

E poi penso: se ci sono rimasto male io, come avranno vissuto loro l’addio alla propria attività professionale? In modo tragico naturalmente, anche se diverso: è ovvio che un problema alla caviglia non è paragonabile ad una demenza neurodegenerativa. Cercando online si scopre che anche un mostro sacro come Jack Nicholson sembra non recitare più a causa di problemi di salute e che la sindrome di burn out impedisca a Sandra Bullock di recitare. E tornando allo sport ci sono molti atleti che terminando la carriera per i motivi più diversi non hanno retto alla cosa: vengono alla mente il dramma di Marco Pantani e la sua tragica fine o la depressione che ha spinto Agostino Di Bartolomei a togliersi la vita. Il rischio c’è, come canta Francesco De Gregori nella bellissima “La leva calcistica della classe ’68”: “e chissà quanti ne hai visti e quanti ne vedrai di giocatori tristi che non hanno vinto mai ed hanno appeso le scarpe a qualche tipo di muro e adesso ridono dentro al bar”. 

E poi naturalmente il pensiero va a chi non è né un’attrice famosa né un celebre sportivo e si trova in difficoltà al termine del proprio percorso lavorativo. Sono molti infatti i casi nei quali l’agognata pensione, raggiunta per età o purtroppo per problemi di salute, non si rivela l’inizio di una nuova vita bensì di una “morte” emozionale. Il cessare di un’abitudine consolidata e di una routine rassicurante diventano non una rinascita ma uno sprofondo. 

Ma non è solo nel “bar” di De Gregori che si incontrano persone alle quali questo particolare momento di vita ha tolto ruolo e certezze sostituiti spesso da insoddisfazione e tristezza che purtroppo rischiano in certi casi di trasformarsi in depressione. Non è una cosa da sottovalutare. Un antidoto? Dedicarsi ad altro oltre al lavoro: famiglia, amicizie, passioni, hobby, interessi. Tutte cose che possono riempire le ore che non sono più scandite dal turno in fabbrica o dalla giornata in ufficio. E poi, come per altri tipi di disagi, ci si può fare aiutare dalle figure specialistiche come psicologi o psicoterapeuti. 

L’importante è che se si deve indossare il giubbotto di renna della fine della carriera lo si faccia in modo da non “morirci” dentro. 

Per chiudere con una nota positiva, prendo in prestito le parole di un articolo online dell’International Web Post: “nella cultura sciamanica la Signora delle Renne viaggia nell’emisfero meridionale durante il Solstizio d’inverno, portando il sole fra le sue corna, in modo che la vita si risvegli”. E ancora: “una leggenda racconta che la Dea madre Renna, abbia sacrificato il suo cuore, ponendolo al centro della terra e il suo battito risuoni in tutte le creature, emblemi di saggezza, intelligenza e capacità di adattamento”. Ecco allora, che l’adattamento ad una nuova vita sia la spinta verso una rinascita di chiunque ha dovuto interrompere, magari e soprattutto per motivi di salute, l’attività che amava. 

PS: un sincero abbraccio al “mio” Cigno rossonero e soprattutto all’indimenticabile Butch-Bruce.

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Pubblicato da Paolo Chiesa

Scrittore, giornalista e autore comico. Vive in Trentino con una moglie, una figlia e un gatto. Il diploma di geometra gli è servito per capire di voler fare altro, infatti lavora come educatore in una Cooperativa Sociale per persone diversamente abili. Gioca a calcio nella squadra dei "Veci Fuoriclasse" dell’oratorio. La sua passione per la scrittura lo spinge, ormai da qualche anno, ad alzarsi la mattina presto prima del lavoro per mettersi davanti alla tastiera del computer. Ha pubblicato racconti su periodici e quotidiani, collabora con riviste tradizionali e online ed è autore di testi per il cabaret e la televisione. Anima eclettica, spazia tra racconti noir, satira politica e comicità del quotidiano.