Il non senso dell’attesa

Concetti semplici, ma ricchi di grandi e profondi contenuti. È questa, in sintesi, l’essenza geniale di un autore come Samuel Beckett, che costruisce un capolavoro teatrale – il celebre “Aspettando Godot” – lavorando sul senso dell’attesa, condizione umana che è sostanzialmente una metafora della vita stessa. La trama si racconta con poche parole: ci sono due persone che aspettano questo Godot, che non arriva.

Quante volte abbiamo vissuto una situazione analoga? Infinite. In un’esistenza abbiamo atteso per chissà quanti minuti, traducibili in anni: figli fuori da scuola, risultati medici e scolastici, stipendi sul conto, innamorati in ritardo. E anche noi, come i due protagonisti di Beckett, siamo rimasti lì, sul palco, ad aspettare.

Una situazione che ben conoscono tutti coloro i quali – come la sottoscritta – hanno deciso di ottenere il rilascio del passaporto. Attese bibliche dopo lunghe e macchinose iscrizioni online ai portali dedicati ed eterne compilazioni di format anagrafici. Si parla anche di nove/dieci mesi per avere il tanto agognato appuntamento; personalmente, dalla prenotazione fatta a giugno vado dritta dritta a fine febbraio 2024.  Ma quali sono i motivi? I ben informati parlano di tutta una serie di cause concatenate tra loro: la ripresa del turismo dopo la pandemia, il post Brexit, con la relativa richiesta del passaporto anche per andare a Londra, l’accumulo di richieste accantonate negli anni del Covid e le “normali” lentezze burocratiche delle amministrazioni. Ma il digitale non doveva velocizzare e semplificare le procedure? Le conseguenze sono disagi palpabili: cancellazione di prenotazioni extraeuropee, viaggi di lavoro/studio rinviati o archiviati e, perché no, un sano senso di non poter esercitare i propri diritti.

Situazione simile – non in termini di tempi quanto di procedure – per ottenere una tessera sanitaria scaduta o smarrita. Se in un tempo anche non troppo lontano era sufficiente recarsi allo sportello, adesso la pratica burocratica richiede necessariamente una prenotazione automatizzata, che mette in calendario giorno e ora utili per presentarsi all’ufficio preposto dall’anagrafe sanitaria.

Un’attesa continua, alla Beckett. Un’attesa che nemmeno la velocità della rete, le innovazioni tecnologiche, il digitale sempre e ovunque riescono a ridurre. E noi là, sul palco, ad aspettare i nuovi Godot.

E mentre aspettiamo, escono i titoli delle tracce della prima prova scritta dell’esame più atteso, quello di maturità. No, non ci possiamo credere! Nella tipologia C, la riflessione su tematiche di attualità, si chiede agli studenti di argomentare su un testo di Marco Belpoliti dal titolo “Elogio dell’attesa nell’era di Whatsapp”, traccia peraltro tra le più scelte dai ragazzi. Nessuno ha più tempo di attendere, pur trovandoci nelle condizioni di doverlo fare. E se non ci rispondono immediatamente a un messaggio, ci innervosiamo e proviamo rancore.

Profezia disarmante o intuito giornalistico? Singolare coincidenza tematica o forte problema sociale che caratterizza il mondo contemporaneo? Lasciamo ai lettori la facoltà di scegliere. E se il ministro all’istruzione volesse trarre spunto in futuro dalle nostre riflessioni per le tracce dei temi, saremmo ben lieti di dare il nostro apporto.

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Pubblicato da Tiziana Tomasini

Nata a Trento ma con radici che sanno di Carso e di mare. Una laurea in materie letterarie e la professione di insegnante alla scuola secondaria di primo grado. Oltre ai grandi della letteratura, cerca di trasmettere agli studenti il piacere della lettura. Giornalista pubblicista con la passione della scrittura, adora fare interviste, parlare delle sue esperienze e raccontare tutto quello che c’è intorno. Tre figli più che adolescenti le rendono la vita a volte impossibile, a volte estremamente divertente, senza mezze misure. Dipendente dalla sensazione euforica rilasciata dalle endorfine, ha la mania dello sport, con marcata predilezione per nuoto, corsa e palestra. Vorrebbe fare di più, ma le manca il tempo.