Per votare non basta informarsi

“Hai già un’idea su chi votare?” “No, devo ancora informarmi bene”. Ecco un comune scambio tra amici, che fa supporre come, in tempo di elezioni, sia importante “informarsi”. Solo da informati, pare, si può votare con coscienza.

Da insegnante, mi è capitato spesso di ricevere richieste da studenti o ex studenti, del tipo “Dove mi consiglia di informarmi? Devo leggere i programmi elettorali?”

Alla base di questo approccio c’è un’idea delle elezioni un po’ semplicistica: esse sono quasi assimilabili alla scelta di un’auto, o di un ristorante; leggo le proposte, le eventuali recensioni altrui, e poi finalmente scelgo. Come per un’auto, di conseguenza, sarà molto importante la pubblicità, e quindi per la politica la campagna elettorale, l’estetica dei candidati nel loro apparire e promettere. 

Nessuno mette in dubbio che l’informarsi sui programmi sia importante. Il punto è questo: una volta che conosco le proposte, in base a cosa scelgo? In base a quali valori giustifico il mio voto? Le elezioni, invece che un onere, possono diventare occasione di una profonda autoanalisi, e non solamente per i più giovani. Il voto può rappresentare cioè una possibilità di scoprire o riscoprire la propria posizione nel mondo, non solo in ambito politico.

Alcuni esempi di questa auto-analisi (domande reali che mi sto facendo da qualche settimana): Fino a che punto sono ambientalista? Cosa penso dell’UE, come giudico il suo operato? Tra proposte iper-liberiste della coalizione di destra e proposte di impronta statalista basate sui sussidi, come mi pongo? Quanto penso debba essere significativo l’intervento dello stato nell’economia? I sindacati? Le tasse? Sui diritti abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi, o mancano ancora dei passaggi fondamentali? Come credo sia meglio gestire i flussi migratori? E i rapporti con la NATO, con la Russia e la Cina? E soprattutto, quali penso siano le misure più importanti per il MIO ambito di lavoro o di studio, che è quello di cui sono competente?

Qualcuno potrebbe obiettare: ci vuole un bel po’ di tempo e di studio per trovare una posizione su alcuni argomenti. Eh, già. È proprio questo il punto. Come si può credere che informandosi poche settimane prima si possa scegliere con consapevolezza una visione del mondo? Per trovare la propria posizione è necessario avere alle spalle del tempo investito in studio, in letture, in documentari. Ovviamente a nessuno è richiesto di diventare un esperto a livello accademico, però senza una base decente di storia, di economia, di etica, di geografia, come si può scegliere? È necessario, insomma, conoscere il mondo e lo stato e l’epoca in cui ci è capitato di nascere: solo così sarà possibile l’autoanalisi proposta poco fa, cioè solo così si potrà scegliere veramente un partito o un altro, sia che ci rappresenti in pieno, sia che ci sembri il meno peggio; con questi presupposti si potrà supportare o attaccare una proposta politica con contezza, e non ripetendo banalmente i vari mantra che i giornali danno in pasto al popolo dei bar.

Il voto, vissuto così, è una grande occasione: studiare o ristudiare il contesto in cui viviamo, ritrovare le nostre posizioni (e condividerle, eventualmente) e prenderci con soddisfazione la nostra parte di responsabilità sulle spalle.

Ultimo punto: può un diciottenne (o addirittura un sedicenne, vista la recente proposta di abbassare l’età minima) fare questo percorso? Credo di no. Forse sarebbe invece il caso di alzarla, l’età per il voto. Ma di questo si parlerà un’altra volta.

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Pubblicato da Alessandro Zanoner

Nato a Trento nel 1993, insegnante di italiano, latino e storia nelle scuole superiori. Suonatore di strada con umili tentativi da cantautore e scrittore. Mi piacciono la montagne e il Mar Tirreno; viaggio con una buona frequenza, soprattutto in centro Italia. Un pomeriggio a Roma una volta all'anno, minimo. Pavese, Moravia ed Hermann Hesse i miei autori preferiti in narrativa. Per la musica De Gregori, Vinicio Capossela, Lucio Battisti e Giovanni Lindo Ferretti.