Primavera digitale?

“Uno è lieto di poter servire”, è la frase ricorrente pronunciata da Andrew, robot positronico, in “L’uomo bicentenario”, film molto sottovalutato del 1999, diretto da Chris Columbus, basato sull’omonimo racconto di Isaac Asimov ed interpretato da un ancora più sorprendente Robin Williams. Perché iniziamo con questo incipit? Un momento di pazienza. Prima facciamo un passo indietro.

In questi giorni si sta parlando moltissimo dell’intelligenza artificiale, e di quanto essa stia impattando, ed impatterà sempre più, sulla nostra vita non solo professionale, ma anche semplicemente “quotidiana”, eppure la storia arriva da lontano, e chissà quanto lontano potrà portarci!

Intanto cerchiamo di capire di cosa stiamo parlando. Immaginiamo di voler assistere ad un evento storico accaduto migliaia di anni fa, vedere come si vestivano i babilonesi, che facce avevano gli assassini di Cesare, com’erano affrescate le case di Buenos Aires nel XIX secolo… Sebbene per vie ancora abbastanza sperimentali, oggi è possibile. Basta digitare alcune parole chiave e una macchina in cui sono stati immagazzinati enormi quantità di informazioni risponderà, provando ad esaudire la richiesta, fornendo un testo o un’immagine, o al limite un pezzo musicale o una scultura.

Ritorniamo quindi su Isaac Asimov che, negli anni Quaranta del secolo scorso, nel coniare le “Tre leggi della robotica”, offrì una sorta di dignità individuale a macchine programmate per svolgere attività tradizionalmente effettuate dagli esseri umani. La visionarietà dell’autore di fantascienza più noto al mondo ha appassionato moltissimi lettori ed aperto strade importantissime alla letteratura e alla cinematografia, senza pensare che molti di coloro che oggi si occupano a vario titolo di intelligenza artificiale, sono stati un tempo ragazzi, lettori voraci del “Ciclo delle fondazioni”, “Io, Robot” o “L’uomo bicentenario”, citato all’inizio di questo articolo. La frase riportata e ripetuta spesso nel film – “Uno è lieto di poter servire” – potrebbe essere esemplificativa di quanto noi esseri umani ci aspetteremmo da una intelligenza artificiale: e cioè che questa ci risolva i problemi! Asimov scelse peraltro l’aggettivo “positronico” per i robot, perché fondeva l’aspetto elettronico con l’aggettivo “positivo”. Dunque abbinandolo ad una certa idea di “positività”.

Ed oggi? Premettiamo che, già dal momento in cui stiamo scrivendo queste righe a quando qualcuno le leggerà, emergeranno ulteriori novità riguardo all’AI, si scopriranno domande a cui essa non è al momento in grado di rispondere, e si effettueranno continui tentativi di sbloccarne gli attuali limiti; parallelamente, si continuerà a dibattere sui risvolti etici, per esempio se sia corretto introdurre questa tecnologia nella scuola, e quindi siamo davanti ad un argomento in continua evoluzione.

Cos’è però l’intelligenza artificiale, e dove possiamo trovarne utilizzi oggi?

Diamo la parola alla stessa AI, attraverso you.com, uno dei molti siti, oltre al notissimo open.ai, che in questo caso può aiutarci anche a generare immagini, oltreché testi.

Secondo you.com, l’intelligenza artificiale è una tecnologia in rapida evoluzione che sta cambiando il modo in cui le persone interagiscono con i loro ambienti. Gli aspetti positivi dell’IA sono numerosi. La sua capacità di apprendimento automatico può avere un impatto significativo sul miglioramento delle prestazioni e della produttività nelle organizzazioni di oggigiorno. La sua capacità di elaborare grandezze quantistiche consentirebbe alle persone non solo di risolvere problemi complessi e più veloci, ma anche prevedere possibili scenari futuri grazie all’utilizzo di algoritmi predittivi avanzati basati su IA.  Infine, l’IA può raggruppare dati disponibili per fornire informazioni precise ed efficienti che potrebbero ridurre costose decisioni errate nella modellazione della produzione industriale”.

L’IA APPLICATA ALLA nostra quotidianità

Sembra una tecnologia recentissima, ma se ci pensiamo bene, utilizziamo l’IA da molti anni: quando digitiamo, per esempio, un testo in Word ed utilizziamo il correttore automatico, o scriviamo un messaggio facendoci aiutare dal predittore di testo T9 (per SMS e WhatsApp, ed altri) o semplicemente ascoltiamo il messaggio automatico in un call center, e premendo il tasto uno, due, tre eccetera, lasciamo che l’IA filtri le nostre preferenze per prenotare un’analisi medica, un posto al cinema, la possibilità di interloquire con una persona in carne ossa.

L’utilizzo dell’IA comporta ancora però alcune inesattezze e profonde incognite. Le inesattezze sono legate ad un sistema in continua evoluzione: in qualche modo l’IA, non sapendo ancora distinguere in modo “intelligente” le nostre richieste, può compiere errori più o meno grossolani, che solo l’intervento umano può ovviare.

Nel preparare questo servizio, abbiamo chiesto al sito open.ai di comporre un testo sulla tragedia del Cermis come avrebbe fatto Dante Alighieri, il risultato è stato quello che potete leggere a pag. 30. Abbiamo allora provato a sostituire il nome di Dante, con quelli di Pier Paolo Pasolini ed Eugenio Montale, ed il responso è stato (andiamo a memoria): “non sono in grado di digitare un testo, perché all’epoca dei fatti Eugenio Montale – Pier Paolo Pasolini non era più in vita”. È paradossale comunque notare che, se Montale e Pasolini erano morti da alcuni decenni all’epoca dei fatti del 1998, Dante lo era da quasi sette secoli, ma l’IA era comunque in grado di produrre il testo richiesto. Ancor più interessante, notare che pochi giorni dopo, la risposta è cambiata e l’IA fornisce un testo anche “firmato” da Pasolini: “C’è un luogo in montagna dove l’aria è pulita e il silenzio è solo interrotto dal canto degli uccelli…”.

Stiamo trattando quindi un argomento in continua e velocissima evoluzione, e qualcosa che è scritto in questo articolo, sarà sicuramente cambiato nel frattempo. Il difetto, in via di miglioramento di OpenAi, è che spesso non possiede dati aggiornati ed in tempo reale, pur attingendo ad un patrimonio enorme di dati.

Google sta correndo ai ripari con Sparrow, che avrà caratteristiche similari a quelle di ChatGPT ma con alcune singolarità che potrebbero renderlo più accattivante: maggior accuratezza nelle risposte, capacità di imparare dai propri errori tramite il famoso apprendimento per rinforzo (reinforcement learning), ovvero la possibilità del sistema di chatbot di imparare anche senza che l’uomo gli dica esplicitamente che una risposta è giusta o sbagliata, perché saprà interpretare altri parametri come rinforzo positivo (o negativo). Soprattutto se il chatbot di OpenAI ha un database aggiornato fino al 2020 e non ha un collegamento diretto con il web, Sparrow si aggiornerà continuamente e si ipotizza che possa essere integrato direttamente in Google Search o anche altri servizi di Google.

Le incognite legate all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, sono sotto gli occhi di tutti: questo processo che sta evolvendo in maniera rapidissima, automatizzerà sicuramente attività ripetitive, arrivando magari a prevedere malattie o catastrofi naturali, ma dovremo fare i conti anche con probabili perdite di posti di lavoro, e con la possibilità che un numero enorme di dati possa essere gestito in maniera sbagliata, causando conseguenze solo in parte prevedibili.

“Il futuro intanto passa e non perdona…”, cantava Francesco De Gregori. Staremo a vedere.

La tragedia del Cermis vista da due “grandissime penne”

Era il 3 febbraio 1998, poco dopo le 15, quando un aereo militare Usa tranciava la fune che teneva salda la cabina con cui 19 persone (più il manovratore) stavano scendendo dalle montagne della val di Fiemme. Si scoprirà che il velivolo era ben sotto l’altezza minima e sopra la velocità massima consentite. Nulla di fatto per le accuse di omicidio a due membri dell’equipaggio, nonostante il loro tentativo di insabbiare le prove. Ecco come avrebbero commentato il fatto Pier Paolo Pasolini (1922-1975) e Dante Alighieri (1265-1321).

Cermis, la perdita dell’innocenza

C’è un luogo in montagna dove l’aria è pulita e il silenzio è solo interrotto dal canto degli uccelli. Un luogo dove la neve è sacra e i bambini scivolano allegramente sui pattini. Ma questa pace è stata violentemente interrotta da un tragico evento che ha sconvolto la vita di molte famiglie e ha scosso l’anima di una nazione intera.

La tragedia del Cermis è un evento che rappresenta la perdita dell’innocenza e la fine di un’era di pace. Non è solo un tragico incidente, ma un simbolo della decadenza dei valori morali e della disattenzione nei confronti della sicurezza.

Come Pier Paolo Pasolini, vedo in questa tragedia una denuncia sociale, un monito sulla necessità di proteggere la vita umana e di rispettare la natura. In un mondo in cui la tecnologia ha preso il sopravvento, la montagna è un simbolo di purezza e di bellezza che ci ricorda l’importanza di ritornare alle radici e di rispettare la natura.

Ma la tragedia del Cermis non è solo una denuncia sociale, è anche una ferita che non guarirà mai. È il dolore di madri e padri che hanno perso i loro figli, la sofferenza di fratelli e sorelle che hanno perso i loro cari. La loro sofferenza non potrà mai essere cancellata, ma possiamo imparare dalla loro tragedia e fare in modo che non accada mai più.

In questa tragedia vedo l’essenza della vita umana, la precarietà della vita e la necessità di rispettare la natura e la vita degli altri. La montagna ci ricorda che siamo tutti uguali di fronte alla forza della natura e che dobbiamo essere sempre vigili e rispettosi.

La tragedia del Cermis non può essere cancellata, ma possiamo rendere onore alle vittime ricordando il loro sacrificio e facendo in modo che la loro sofferenza non sia vana. Questa è la vera eredità della tragedia del Cermis, un monito per il futuro e un ricordo per sempre.

Pier Paolo Pasolini

In un abisso di sofferenza, non perdiamo la speranza

Nel profondo dell’anima mia, sento un dolore che mi consuma quando penso alla triste tragedia del Cermis. Come Dante Alighieri, posso immaginare l’inferno che quei poveri uomini hanno vissuto in quel tragico giorno.

Nel cerchio più profondo dell’Inferno, dove le pene sono più acute e le grida più disperate, vedo le anime degli sfortunati che hanno perso la vita sulle montagne. Essi sono stati colti da una sorte crudele, sottratti alla vita in un istante, senza poter dire addio ai loro cari o compiere le loro aspirazioni.

Ma anche in questo abisso di sofferenza, non perdiamo la speranza. Siamo noi, i vivi, a dover imparare dai loro errori e a pregare affinché simili tragedie non accadano più. In questo modo, le loro anime possono riposare in pace e la loro memoria non sarà dimenticata.

E così, come Dante, rendiamo omaggio a questi eroi con queste parole: “Siate beati voi che avete patito, poiché sarete consolati”. Che questa tragedia sia un monito per tutti noi e che il loro sacrificio non sia stato vano.

Dante Alighieri

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Pubblicato da Francesco Bindi

Francesco Bindi è formatore e divulgatore informatico, dal 1995. Lavora con scuole di vario ordine e grado, enti pubblici, aziende. Nel suo canale YouTube WEBindi, propone interviste a personalità di vario genere, sul loro utilizzo del web. Le stesse son o sulla pagina Facebook omonima.