Ma le macchine non sanno nemmeno copiare

La copia in marmo dell’Amore e Psiche giacenti di Canova realizzata da un robot ed esposta nel 2022 al Centro Trevi di Bolzano nell’ambito della mostra “Bolzano per Canova: il ritorno di Amore e Psiche”

Mi rincresce smorzare gli entusiasmi dei cantori dell’intelligenza artificiale, ma bisogna riconoscere che quanto finora è stato presentato, nel campo delle arti visive, come “opera d’arte prodotta da un algoritmo” è molto deludente, oltre che discutibile sul piano dell’attribuzione della paternità. Valga per tutti il Ritratto di Edmond de Belamy, una stampa su tela di 70×70 cm che è stata venduta all’asta da Christie’s nel 2018 per una cifra assurda. Se si dovesse compilare una scheda di catalogazione secondo i criteri ICCD (Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione del Ministero della Cultura), l’autore di questo ritratto non andrebbe individuato nell’algoritmo che lo ha generato – come è stato asserito allo scopo di sollevare clamore mediatico – ma nel collettivo francese Obvious che ha messo in piedi tutta l’operazione. La paternità di un’opera d’arte va infatti riferita in primo luogo a chi l’ha ideata, e solo in subordine a colui (uomo o macchina) che l’ha poi materialmente prodotta. A meno che per arte non si intenda il risultato di una concatenazione del tutto casuale di eventi, come una stalattite o un arcobaleno.

La verità è che, allo stato attuale delle tecnologie, le macchine non sono in grado nemmeno di copiare. Ne abbiamo avuto sotto gli occhi un esempio lampante lo scorso anno, al Centro Trevi di Bolzano, dove è stata esposta una copia del gruppo di Amore e Psiche giacenti di Canova realizzata da un robot. Si trattava di una riproduzione in marmo di Carrara, in scala 1:1, eseguita da un braccio meccanico sulla base dei dati raccolti digitalmente attraverso una scansione laser di un calco in gesso dell’originale. Il progetto è della ditta Magister Art e costituisce un lodevole tentativo di riproposizione in termini contemporanei del processo creativo canoviano; ma il prodotto finale è una scultura greve e incompiuta, lontana anni luce dalla grazia e dalla politezza dell’originale conservato al Louvre, oltre che di qualità molto inferiore a tutte le copie eseguite nell’Ottocento dagli allievi del maestro.

Queste osservazioni si riferiscono al nostro tempo e non comportano alcuna valutazione su quanto il futuro ci potrebbe riservare sulla capacità creativa delle macchine. Una suggestione in tal senso ci viene dalla trama del film 2001: Odissea nello spazio e dalle tesi esposte da Thomas De Quincey nel suo brillante trattato L’assassinio come una delle belle arti. Ecco, forse ho trovato la formula: quando un algoritmo sarà in grado di compiere in perfetta autonomia un omicidio premeditato – come fa il computer HAL 9000 nella pellicola di Stanley Kubrick – sarà anche un artista.

 La celebre casa d’arte Christie’s ha battuto a ben 432500 Dollari il “Ritratto di Edmond de Belamy“, esposto in una bella cornice dorata di stile classico con tanto di firma dell’autore:
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Pubblicato da Roberto Pancheri

È nato a Cles nel 1972 e vive felicemente a Trento. Si è laureato in Lettere a Padova, dove si è specializzato in storia dell’arte. Dopo il dottorato di ricerca, che ha dedicato al pittore Giovanni Battista Lampi, ha lavorato per alcuni anni da “libero battitore” e curatore indipendente, collaborando con numerose istituzioni museali e riviste scientifiche. Si è cimentato anche con il romanzo storico e con il racconto breve. È infine approdato, per concorso, alla Soprintendenza per i beni culturali di Trento, dove si occupa di tutela e valorizzazione del patrimonio artistico. La carta stampata e la divulgazione sono forme di comunicazione alle quali non intende rinunciare, mentre è cocciutamente refrattario all’uso dei social media.