Sono tante le sfumature che vanno a definire e delineare questo termine. La mia chiave di lettura va ad esplorare qualche angolo della letteratura e dintorni. Semplice è… chi è umile, come alcuni personaggi del Manzoni. Nel suo romanzo, Renzo è una persona semplice, che vuole sposarsi e si arrabbia quando glielo impediscono di fare. E c’è pure “quel sempliciotto di mio fratel Gervaso [che] farà quel che gli dico io.” Semplice è… l’ambiente agricolo e provinciale raccontato da Verga: la quasi totalità dell’Italia di fine Ottocento declinata nella più dura realtà siciliana, fatta di duro lavoro, di miseria, di lotta per la vita. Il pesce grosso mangia il pesce piccolo. Semplice no?
Semplice è… il linguaggio poetico di Ungaretti, che proietta la riflessione sulle cose pure ed elementari dell’esistenza: “Non sono mai stato / tanto / attaccato alla vita.”
Semplice è… la vita familiare di Pascoli, che si traduce in una poesia di semplici quadretti naturali, sobri e malinconici. Semplice è quella voce interiore, il fanciullino, carica di profondità e di purezza infantile.
Semplice è… la sintesi deduttiva degli studenti. Dante? Un attivista. Petrarca? Un narcisista. Boccaccio? Un birichino. Dietro al concetto di rendere una cosa “semplice” si cela in realtà uno studio analitico e approfondito. Per semplificare dobbiamo fare una prima sintesi, poi una seconda, una terza e così via, fino ad arrivare ad una sola parola o definizione. Semplice, che ci spiega tutto quello che c’è dietro. Semplice no?