Acceleratore di esperienza turistica

Turisti in coda all’Alpe di Siusi (ph. profilo Facebook di S. Fattor)

Una lunga coda di turisti in attesa per i panzerotti di Luini in centro a Milano o per quelli della celeberrima pizzeria Sorbillo a Napoli è un fatto folkloristico. Quando la stessa coda è davanti ad una malga di montagna allora abbiamo un problema. Soprattutto se per arrivare lì la piccola moltitudine ha dovuto sborsare 25 Euro di funivia e si prepara a tirarne fuori altri 20 per un piatto di pasta e una birra. Cosa sta succedendo, dunque? La passione per le vette si sta facendo irrefrenabile? Sta contagiando le masse? È l’effetto delle 72 stagioni di “Un passo dal cielo” o de “Le otto montagne”? Oppure del ritiro solandro del Napoli, fresco vincitore dello scudetto? O dell’ennesima megascultura costruita con i “resti” di Vaia? O è il risultato di una promozione turistica basata essenzialmente sulla logica dei numeri? Non si rischia così una lunaparkizzazione delle Dolomiti? L’ossimoro “montagna affollata” sarebbe certamente piaciuto a Giovanni Pascoli, ma ai suoi tempi era talmente impensabile da non risultare credibile, nemmeno come ossimoro.

Ogni luogo ha un’identità che spesso è racchiusa in un pugno di parole, quelle che meglio lo descrivono. Il vocabolario della montagna non può prescindere da un termine come “solitudine”. Oggi però, specie in certe domeniche d’estate, si fatica a cogliere questa dimensione essenziale. I sentieri sono spesso intasati, le strade che portano ai parcheggi congestionate, delle strade che portano alle strade-che-portano-ai-parcheggi meglio non parlarne. Offrendosi per ciò che non è mai stata (palco di un concerto, ristorante gourmet, velodromo per bici elettriche, palestra, centro wellness, parco tematico, ecc.) la montagna sta correndo il rischio di perdere la propria essenza. Voler essere tutto ha come conseguenza il non esser più nulla, se non un contenitore, un acceleratore di esperienza turistica, un luogo come un altro, una Rimini qualsiasi. Eppure non è passato molto tempo da quando si scrisse che “nei grandi spazi della montagna, nei suoi alti silenzi, l’uomo non distratto può cogliere il senso della sua piccolezza e la dimensione infinita della sua anima”. Oggi, invece, proprio la distrazione pare lo scopo. Con tutto ciò che ne consegue.

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Pubblicato da Pino Loperfido

Autore di narrativa e di teatro. Già ideatore e Direttore Artistico del "Trentino Book Festival". I suoi ultimi libri sono: "La manutenzione dell’universo. Il curioso caso di Maria Domenica Lazzeri” (Athesia, 2020) e "Ciò che non si può dire. Il racconto del Cermis" (Edizioni del Faro, 2022). Nel 2022 ha vinto il premio giornalistico "Contro l'odio in rete", indetto da Corecom e Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige. Dirige la collana "Solenoide" per conto delle Edizioni del Faro.