Lo scorso primo aprile è entrato ufficialmente in carica il nuovo rettore Deflorian. Per conoscere meglio la persona e i suoi progetti per i prossimi sei anni, in collaborazione con l’Universitario, lo abbiamo intervistato.
Lei è il primo rettore alumno dell’Università di Trento. Ci può parlare di com’è stata la sua esperienza da studente?
La mia esperienza risale a un’epoca molto molto lontana [sorride], in cui L’Università di Trento era sicuramente diversa. Potrei citare il fatto che gli studenti fuori-sede si conoscevano quasi tutti tra di loro; i numeri erano decisamente diversi. Per dare l’idea, io ero iscritto a Ingegneria dei materiali e, sebbene le matricole venissero già divise in funzione del corso di studi, il mio numero di matricola era 8, una cifra! Poi, la segreteria studenti, che si trovava in via Belenzani, ove c’era il rettorato una decina di anni fa, era uno stanzino: una cosa che se pensata oggi fa sorridere. I numeri erano enormemente più piccoli.
La mia esperienza all’Università di Trento è stata certamente più che positiva. Ho vissuto la nascita delle nuove facoltà, avvenuta circa a metà degli anni Ottanta. Vidi la nascita della Facoltà di Ingegneria e pure la nascita di Mesiano come edificio, che era in quel periodo in via di ristrutturazione, siccome era un’ex struttura sanitaria -un sanatorio per la precisione- non più in uso da tempo . Quindi c’è stata anche questa avventura pionieristica di sentirsi, da una parte, un po’ delle “cavie”, ma, dall’altra, di dare un contributo a un’iniziativa nuova che nasceva. Infatti stavano arrivando i primi docenti dell’area di ingegneria. In generale ho un bellissimo ricordo di quegli anni avventurosi e pionieristici.
Nella sua esperienza da studente ha quindi visto crescere l’Università
Sì esatto, comunque da quando mi immatricolai -e parliamo di circa 37 anni fa- l’Università è cambiata profondamente. Ad esempio, da libera università è diventata statale e poi, con l’accordo di Milano, si è legata più strettamente alla Provincia autonoma di Trento. L’Università è cresciuta nelle facoltà, nei docenti e in particolare nei servizi. Ciò che fa l’Opera Universitaria ora non ha paragone rispetto alla gestione dei servizi che poteva esserci 30/40 anni fa; c’era certamente una mensa e uno studentato, ma niente di più, mentre ora la questione è molto più articolata.
Lo stesso rettore uscente Collini ha parlato di questa crescita e soprattutto della necessita di adeguare la struttura dell’Università per sostenerla. In particolare, egli usò l’espressione “epoca del mattone” per riferirsi ai progetti di edilizia che l’Ateneo deve realizzare, in particolare riguardo studentati e aule studio. A tal proposito, Lei si è espresso a più riprese sull’importanza di un piano edilizio.
Come ricordava il rettore Collini, effettivamente noi siamo cresciuti molto sia nel numero di studenti sia come corpo docente negli ultimi sei anni, se non anche dieci. Questo ci porta, per così dire, ad una crisi di crescita. Nel senso che noi non abbiamo più spazi né per gli studenti né per la ricerca, in particolare sulla collina di Povo, ma anche a Rovereto c’è la necessità di aule di medie e grandi dimensioni, così come nei dipartimenti del centro. Non bisogna dimenticare lo spazio per gli studenti: servono aule studio, nuovi spazi alloggio e nuovi servizi mensa. In sintesi, gli spazi si stanno saturando. Ad ogni modo, c’è da dire che molto è stato impostato negli anni precedenti: abbiamo acquisito l’ex CTE per realizzare dei servizi agli studenti, abbiamo ipotizzato e avuto finanziamenti per fare un nuovo studentato a Piedicastello ed è stata costruita la biblioteca di Mesiano. Quindi non è che siamo stati fermi negli ultimi sei anni, ma certo abbiamo bisogno di fare un’ulteriore accelerazione. Alcuni dipartimenti, in particolare il Cibio, sono cresciuti moltissimo e gli spazi non sono più sufficienti. Servirà un piano complessivo che crei volumi e spazi per la crescita che ci sarà, ma che non mi aspetto sia enorme, soprattutto per poter gestire nella maniera ottimale la situazione attuale, perché noi non abbiamo bisogno di spazi per ciò che accadrà, ma abbiamo bisogno di spazi per adesso. Per di più l’edilizia è un tema che ha intrinsecamente bisogno di tempo perché chiaramente se anche oggi prendessimo la decisione di fare qualche cosa, avessimo le risorse finanziare per farlo e le idee chiare, a causa del tempo che occorre per avere un progetto con tutte le autorizzazioni, che si faccia l’appalto e che si realizzi l’opera, passerebbero sicuramente degli anni. Quindi è evidente che dobbiamo gestire una nuova programmazione dell’edilizia per i prossimi sei anni, che ragionevolmente -purtroppo- in parte si completerà pure dopo siccome non credo che in questo lasso di tempo riusciremo a fare tutto ciò che progetteremo. Nel frattempo dovremo gestire la situazione attuale attraverso situazioni provvisorie, mettendo comunque gli studenti e i docenti nelle condizioni di lavorare in maniera ottimale anche nel periodo che servirà per mettersi a pieno regime.
Io non mi aspetto che nei prossimi sei anni l’Università di Trento cresca in maniera così forte come è cresciuta nell’ultimo periodo. Si parla al più di raggiungere i 20 000 studenti, che mi sembra un obiettivo raggiungibile, e a livello docenti siamo ormai vicini agli 800, magari anche qui cresceremo di un ulteriore 10-20%, però sicuramente comincia una curva “spianata”.
Io comunque non mi aspetto che l’Università possa crescere indefinitamente. Pertanto credo che possiamo fare una programmazione con dei numeri un po’ più fermi e solidi per non ritrovarci poi nuovamente con esigenze che facciamo ancora fatica a soddisfare. Il tessuto complessivo della città di Trento e Rovereto e i dintorni per un eventuale espansione potranno assorbire fino ad un certo punto. Credo che la crescita ci sarà, ma non sarà una crescita così tumultuosa come il passato.
Quali sono gli obiettivi per i suoi primi 100 giorni da rettore?
Ci sono diversi temi che sono particolarmente importanti. Fra pochi giorni avremo il nuovo Senato accademico (ora già nominato ndr). Per ora ci sono io e il prof. Pascuzzi, l’ultimo rimasto della parte elettiva di due anni fa, gli altri senatori si sono dimessi nell’ipotesi che un rinnovamento potesse rappresentare un valore aggiunto alla partenza del nuovo mandato rettorale, pertanto ci saranno 6 nuovi senatori: 3 di nomina rettorale e 3 eletti con le elezioni che ci saranno lunedì. Dico questo perché insieme con loro avremo subito alcune questioni importanti e urgenti da affrontare, in parte adempimenti previste anche dallo statuto, come ad esempio cominciare a ragionare sul prossimo piano strategico che deve essere completato entro un anno, proposto dal Senato e poi approvato dal Consiglio di Amministrazione, dall’altra, in maniera collegiale, cercare di affrontare alcuni dei temi più urgenti affrontati nella campagna elettorale.
Allora, tra gli obiettivi dei prossimi 3 mesi, io vorrei cominciare costituendo in modo completo -e ci siamo quasi- la squadra con cui lavorare. Ho sempre inteso il lavoro del rettore come un lavoro collegiale, come tutto dentro l’Ateneo; ciò significa che per costituire una modalità di lavoro collegiale bisogna costruire e mettere insieme il gruppo con cui si lavora. C’è il gruppo dei prorettori e delle prorettrici, che è stato già presentato la settimana scorsa, e poi ci sarà un gruppo più ampio di delegati e delegate del rettore, che saranno estremamente importanti perchè tratteranno temi estremamente rilevanti. Al fianco delle prorettrici, dei prorettori e dei delegati, ci sarà ovviamente anche il Senato. Quindi, nei primi 100 giorni, io vorrei innanzitutto costituire un modo di lavoro e un processo condiviso all’interno dell’Ateneo insieme a questi colleghi. Al mio fianco ci saranno queste persone, con ruoli e modalità differenziante che lavorano su delega del rettore, e il Senato, che ha tutt’altro spessore e mandato ovviamente, con cui costruiremo il lavoro dei prossimi anni.
Inoltre, vorrei migliorare la comunicazione interna all’Ateneo. Questo è uno dei temi di cui in campagna elettorale si è molto discusso siccome sarà una priorità cercare di essere più efficaci nel trasmettere a tutto l’Ateneo i temi di cui si discute, i risultati e le decisioni a cui si è giunti. Ci saranno poi questioni molto urgenti che sono però dettate dall’esterno, cioè dalla pandemia che c’è e continua ad esserci, anche se le chiusure si stanno allentando per il fatto che il Trentino è in zona arancione e per cui riprenderemo le lezioni in presenza al 50% seguendo i programmi che i vari dipartimenti hanno. Sarà comunque un argomento dei prossimi 100 giorni sicuramente quello di cercare di programmare quello che accadrà in autunno, compatibilmente con le conoscenze che abbiamo adesso e completare questo anno accademico nei migliori dei modi.
Infine, l’edilizia che abbiamo detto non essere un tema da centro giorni, ma che certamente non è un tema da lasciar lì sul tavolo. Prendendo in mano il testimone del lavoro fatto dal rettore Collini, valuteremo anche questo tema insieme al Senato e al Consiglio di amministrazione. Vedremo quindi quali prime azioni potranno essere fatte per cercare di dare attuazione a qualcuno dei progetti e delle idee che ci ha lasciato il rettore Collini dal precedente mandato.
Passando a quelli a più lungo termine, quali sono gli obiettivi che si prefigge in questa sua esperienza da rettore?
Gli obiettivi sono certamente più di uno e alcuni sono in qualche modo l’evoluzione delle cose che ci siamo già detti. Partendo dall’edilizia, questo è certamente un obiettivo di ampio respiro temporale e che va affrontato oggi perchè altrimenti non si andrebbe da nessuna parte. Nei giorni scorsi, ho anche detto che una delle cose che mi piacerebbe che crescesse in modo particolare è quello di aumentare la rete di collegamento e di partecipazione in molte attività dell’Università di Trento. La nostra è ormai un’università ben consolidata e che ha ottenuto risultati importanti nel campo della ricerca e della didattica, ma se noi la guardiamo su scala globale rimane una piccola realtà, in una piccola regione, in un piccolo stato. Non vorrei minimizzare troppo, però questo siamo, anche se l’Italia è certamente un Paese importante, ma che su scala globale ha un’influenza limitata. Ecco, io credo che si possa lavorare bene e si possa crescere se conosciamo questo e ci mettiamo in rete con tante altre istituzioni. Partendo dal livello locale, quindi collaborando con gli enti di ricerca locale, passando poi per un ambiente un po’ più grande come può essere il Nord-Est e l’Euregio, ampliandosi infine su scala mondiale. Noi queste relazioni le abbiamo e ne abbiamo di molto positive. Alcune sono nate recente, come l’European Consortium of Innovative Universities (ECIU), e altre mi piacerebbe che crescessero e si consolidassero.
Io fra sei anni vorrei immaginare un’Università ancora più interconnessa con il mondo, con ancora più legami forti con istituzioni di alto livello o comunque con cui collaborare e costruire progetti importanti in tutto il mondo. Questo implica sia maggiore mobilità per gli studenti e per i docenti sia maggiori interazioni. Credo che questa sia la maniera per far crescere il nostro ateneo in un mondo globalizzato in cui da soli contiamo poco, ma in una rete possiamo avere un nostro ruolo.
Bene, io ho terminato le domande. Vuole aggiungere qualcosa?
Sì, vorrei fare un saluto agli studenti e alle studentesse. Come ho detto anche nel momento del mio insediamento, ho un modello di riferimento, che è quello di Paolo Collini, molto difficile da eguagliare, e quindi spero di non peggiorare troppo la situazione da questo punto di vista [sorride]. Nel senso che lui è riuscito a costruire un rapporto molto positivo con gli studenti, e anche questo è un mio obiettivo. L’università esiste perché esistono gli studenti, altrimenti non si chiamerebbe -e non sarebbe- università. Gli studenti sono una fonte inesauribile e formidabile di ricchezza dal punto di vista culturale, degli stimoli e delle idee che portano. Ci sarà un grande sforzo da parte mia nel continuare questa relazione produttiva per tutti e cercare di continuare su un binario che ha dato soddisfazione sia all’Ateneo sia agli studenti, quindi prometto di cercare di seguire l’esempio di Paolo Collini.