Il costo nascosto della bellezza

Quante donne si truccano ogni giorno per apparire più attraenti, coprire i difetti del viso, piacersi di più e sentirsi più sicure di sé? Purtroppo, anche il mondo della cosmesi ha parecchi lati oscuri, sia in termini di impatto ecologico che etico. Dietro a prodotti di bellezza utilizzati comunemente si celano spesso scomode verità che un normale consumatore solitamente ignora. Questo è quanto avviene ad esempio con la “mica”, un prodotto molto utilizzato nella produzione di ombretti, illuminanti, rossetti, creme, dentifrici – ma non solo, anche nell’industria elettronica e automobilistica – dalle proprietà addensanti e isolanti e in grado di conferire brillantezza, luminosità e resistenza ai materiali. È un minerale che si trova in natura, nella roccia, e viene estratto da miniere che si trovano soprattutto in India, primo produttore mondiale, Madagascar e Cina. A gestire l’estrazione di tale prodotto è però spesso e volentieri la criminalità organizzata. E come è immaginabile, a scavare in tunnel sotterranei profondi anche 20 metri sono spesso bambini, che anziché frequentare la scuola sono costretti a lavorare molte ore al giorno, per dare alle proprie famiglie l’unica forma di sostentamento. Il più delle volte infatti non hanno alternative. Questi bambini iniziano a lavorare anche in tenera età, per pochi centesimi di euro al giorno, mettendo a repentaglio ogni giorno la propria vita. Sono costretti a respirare costantemente polveri sottili, che provocano malattie respiratorie e nei casi peggiori perfino il cancro e rischiano continuamente di morire intrappolati sotto la roccia che frana. Spesso e volentieri poi si feriscono alle mani, dato che la separazione dai detriti avviene ancora manualmente. Alcune aziende del settore beauty hanno dichiarato pubblicamente di essere passate all’utilizzo della mica sintetica, per evitare di contribuire ad alimentare questo fenomeno, ma talvolta capita addirittura che la mica naturale venga spacciata per sintetica, poiché il suo prezzo, data l’economicità della manodopera, può mantenersi piuttosto basso. Per tentare di regolamentare l’estrazione del minerale, garantendo migliori salari e condizioni ed eliminando il lavoro minorile, la fondazione Terres des Hommes qualche anno fa ha siglato un accordo con il governo indiano ma purtroppo ben poco finora è stato fatto per cambiare le cose.

Cosa possiamo fare dunque noi consumatori, per lo meno riguardo all’uso di questo minerale nei cosmetici, i prodotti che lo utilizzano che possiamo controllare di più? Possiamo verificare la presenza o meno della mica cercando tra la lista degli ingredienti la sigla CI 77019. Oppure, preferire i cosmetici ecologici, dove è meglio se, oltre al packaging ridotto, troviamo anche il marchio che attesta la certificazione biologica (purtroppo, non esiste un unico standard e vi sono certificazioni più e altre meno restrittive). Ad ogni modo, se passiamo a prodotti il più possibile naturali ne trarrà beneficio anche la nostra salute. Infatti, dai test che vengono effettuati periodicamente sulla qualità dei cosmetici, emerge che buona parte delle sostanze impiegate sono nocive, come i coloranti e i derivati dal petrolio. Infine, se vogliamo essere ancora più sicuri, possiamo provare a produrre noi i nostri prodotti di bellezza, con olii e sostanze alimentari. Più macchinoso forse, anche se spesso, come tutte le cose, molto meno di quanto immaginiamo. Di certo però, decisamente più etico.

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Pubblicato da Silvia Tarter

Bibliofila, montanara, amante della natura, sono nata tra le dolci colline avisiane, in un mondo profumato di vino rosso. La vita mi ha infine portata a Milano, dove ogni giorno riverso la mia passione di letterata senza speranza ai ragazzi di una scuola professionale, costretti a sopportare i miei voli pindarici sulla poesia e le mie messe in scena storiche dei personaggi del Risorgimento e quant'altro. Appena posso però, mi perdo in lunghissimi girovagare in bicicletta tra le abbazie e i campi silenziosi del Parco Agricolo Sud, o mi rifugio sulle mie montagne per qualche bella salita in vetta. Perché la vista più bella, come diceva Walter Bonatti, arriva dopo la salita più difficile.