Il diritto al silenzio

La cognizione di ciò che è giusto o sbagliato penso sia prerogativa di soli pochi privilegiati. Con privilegiati qui si intende chiunque abbia appunto il privilegio di poter pensare a sciocchezze quali sono, dopo tutto, il bene, il male, il giusto e lo sbagliato. Io non ritengo di esserlo. Forse in passato lo sono stato, approfittando per altro in malo modo di tale occasione, ma oggi non è più così. In un non nulla sono passato dal privilegio alla condanna, senza che potessi nemmeno rendermene conto. Proprio per questa ragione non so come rapportarmi a tutto quanto mi sta succedendo. Prima mia moglie, ora i magistrati, gli avvocati, i compagni di cella, infine persino i giornalisti. Ad ognuna di queste persone davo una versione che veniva però irrimediabilmente cambiata dopo il colloquio con loro. Perché io mi fido ciecamente delle persone. Quando mia moglie mi ha convinto a confessare, nonostante io fossi sicuro delle mie azioni, di ciò che ho fatto, le ho creduto, fidandomi ciecamente. Così come lei aveva creduto ad altri, ed altri avevano creduto ad altri ancora, creando un infinito e non rintracciabile perverso percorso di kafkiana memoria. No, non penso di essere colpevole. Si parla sempre di colpevolezza per quanto concerne l’efferato crimine avvenuto quella notte. Si è vero, odiavamo i nostri vicini. E quindi? Il messia disse: “chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Io non lo sono, per questo le pietre me le sono tenute sempre tutte in giardino. Sono colpevole di aver odiato, e per questo sono ben contento di pagare. La pena che mi è stata commutata forse non è proporzionale al danno inferto, eppure non mi importa. Questo soprattutto perché non mi riconosco nella giurisdizione di uno Stato che colpevolizza le persone sulla base della convenienza. Per questo mi vivo la mia condanna nella maniera più libera possibile, convinto di aver fatto i miei errori e di star pagando per quelli, non per il resto. Ho scoperto, dopo svariate notti in bianco annegate con le inutili lacrime, che l’unico metodo per sopravvivere a questo inferno è questo qui, ovvero il rifiutare l’istituzione che ha deciso di privarmi di quelle che ognuno dovrebbe riconoscere come insindacabili libertà. Come se non bastasse, nemmeno nella mia prigione mi è dato di trovare pace. Sono infatti costantemente tormentato da tutti. Dalle guardie, dai compagni di cella, dai giornalisti. Ora hanno addirittura riaperto il caso. Ma cosa dovete mai riaprire? Non lo state facendo per me, nemmeno per mia moglie. Lo fate soltanto per il seguito che tutta la vicenda ha, per poter mandare il servizio in onda in prima serata, fare milioni di ascolti e poter vendere le pubblicità dei biscotti. A me tutto questo fa schifo. Vorrei solo la mia libertà, residua per carità, ma sempre anelata. Se non di movimento, perlomeno di pensiero. Mi è stata negata dallo Stato, ma ora voi tutti mi state negando anche quel poco che mi era rimasto. Alzarmi la mattina e strutturare la mia esistenza in questi confini. Cosa devo volere ancora dalla vita? Non ne posso più di tribunali, testimonianze, pubblici ministeri che con passiva aggressività ti sgridano come si sgrida un bambino che viene trovato con le mani nella marmellata. Ve lo chiedo un’ultima volta: lasciate perdere. Io continuo a professare la mia innocenza, però si dice che non esiste peggior sordo di chi non vuol sentire. Per favore accorgetevi del mio sommesso grido e riempite la vostra vita con qualcosa di diverso e più vero. Magari con qualcosa che vi renda protagonisti di essa, e non spettatori inconsapevolmente paganti del prezzo più alto, il vostro unico e irrecuperabile tempo. Firmato, colui a cui è stato rubato il tempo e l’esistenza che non potrà mai avere più indietro.

Caso riaperto?

A quasi diciassette anni dalla strage di Erba, che vede condannati i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, un magistrato riapre clamorosamente il caso gettando dubbi sul processo.

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Pubblicato da Fabio Loperfido

Nato allo scadere del millennio, Fabio è uno studente errante che ancora non ha ben chiaro cosa potrebbe volere il mondo da uno come lui. Nel mentre prova ad offrire ciò che vede con i suoi occhi tramite una sua lettura, con la speranza che il suo punto di vista possa essere d'aiuto a qualcuno martellato dai suoi stessi interrogativi.