Il giusto modo di salutarci

Vederlo correre verso di noi, con le zampe che planano addosso, non può che farci piacere. Soprattutto a termine di una lunga giornata, quando il bisogno di essere accolti raggiunge il livello massimo. Eppure, nel linguaggio del cane questo “salire” verso l’alto vuole dire ben altro. Innanzitutto, si prendono libertà che mai un “gregario” esprimerebbe nei confronti di un “capo branco” e, in secondo luogo, si testa la possibilità di capire fino a che punto ci si possa spingere. In aggiunta, l’eventuale accondiscendere con carezze e voci soffuse non farà altro che avvalorare questo test “gerarchico”, rischiando di alterare le posizioni di entrambi: il proprietario e, per l’appunto, il cane. 

Per evitare, quindi, malintesi comunicativi è necessario insegnare il modo corretto di venirci a salutare. In primo luogo, gli arti devono rimanere ancorati al terreno, omettendo ogni forma di innalzamento degli anteriori. Per fare ciò, è sufficiente procedere secondo uno schema a doppia valenza: mi salti addosso e me ne vado; rimani “quadrupede” e ti premio. Perdere la nostra attenzione è, infatti, per chi ci vive accanto la peggiore delle “punizioni”, a maggior ragione se si tratta di un animale sociale come il cane. Basterà girarci di schiena spostandoci da dove ci troviamo, evitando qualunque comunicazione verbale. Urlare “No”, infatti, farebbe soltanto associare il comportamento alla parola pronunciata, e il “No” diventerebbe il “comando” di saltare.

Al contrario, quando la deambulazione sarà quadrupedale, potremo lodarlo gettando un gustoso boccone a terra, ossia nel punto opposto a quello che non vogliamo venga mirato. Dopo un certo numero di ripetizioni, il nostro cane si approccerà senza alcun salto, attendendo di essere premiato. Sarà, così, arrivato il momento di chiedergli qualcosa di più, come mettersi seduto. L’esecuzione fornirà quanto sperato: la lode, la carezza, e l’ambito premio. In breve tempo, il semplice complimento fisico diventerà sufficiente, senza l’obbligo di dispensare l’ulteriore leccornia. E tra noi e lui il saluto di benvenuto sarà equivalente a due umani che si danno la mano. Pe rendere il tutto più coerente, gli insegneremo a comportarsi in questo modo anche con amici ed estranei, non essendo piacevole per nessuno essere “assaliti” da “zampate” su vestiti e cappotti. Alla fine del percorso di apprendimento, potremo dichiarare con orgoglio di essere proprietari di un cane che, miracolosamente, non “salta addosso”. 

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Pubblicato da Stefano Margheri

Mi hanno detto, e penso di ricordarlo, che da piccolo mi perdevo nella fattoria in miniatura, fatta di animali di diverse specie che sostituivano i tipici soldatini dell’epoca. Probabilmente, in qualche parte della memoria, questa passione si è trasformata in qualcosa di reale e a distanza di molti anni mi ritrovo ad ammirare, con lo stupore di un bambino, ogni espressione del comportamento animale. In particolare, i cani sono diventati la mia vita, oggi persino una professione, prima affiancata alla laurea in giurisprudenza e poi fatta prevalere su quest’ultima. Le qualifiche e i titoli acquisiti nei decenni mi hanno insegnato l’importanza di non smettere di imparare, coniugando la pratica dell’addestramento con il piacere curioso della conoscenza teorica. Scrivendo e descrivendo i cani, cerco di trasmettere quello che giornalmente loro stessi mi insegnano.