Infermiere “samaritane”, 50 anni dopo

Nel 2024 Trento è stata scelta come capitale europea del volontariato. È stimato che su tutto il territorio regionale vi siano più di 660 associazioni con un totale di circa 5000 volontari. Ciò che sta alla base del volontariato è la messa a disposizione delle proprie risorse in maniera disinteressata e gratuita. Proprio questo spirito spinse cinquant’anni fa Dino Pedrotti, decano della pediatria trentina, a fondare un organizzazione per la salvaguardia dei neonati nati prematuramente, anche grazie all’ausilio di numerose infermiere che si offrirono volontariamente di aiutare Pedrotti in quest’impresa.

Le prime cure ai bambini nati prematuramente nacquero solamente sessant’anni fa, e in principio erano diffuse soprattutto negli Stati Uniti e in Scandinavia. A Trento nel 1968 si organizzò presso il cosiddetto “Ospedalino” uno dei primi “centri immaturi”. Purtroppo le tecnologie non ancora avanguardistiche, oltre che evidenti problemi logistici di trasporto, tenevano un alto livello di mortalità, stimabile in circa un neonato a settimana. La mortalità nel primo anno di vita in Trentino era tra le più alte d’Europa: circa 30 morti ogni mille nati. Rispetto alla Svezia, paese all’epoca avanguardista nel settore, il tasso era quasi il triplo.

Uno degli episodi che scosse più il dottor Pedrotti fu il pianto disperato di una madre, dopo aver preso in braccio il suo bambino in seguito a tre lunghi mesi di ricovero. All’epoca le regole erano ferree: il padre e la madre potevano vedere il proprio bambino, o la propria bambina ricoverati solo attraverso un vetro. Per questo Pedrotti, in anticipo di dieci anni sugli altri reparti, decise di aprire le porte prima alle madri e poi ai padri, consentendo loro di poter avere un contatto con i propri bambini. Venne in seguito organizzata una delle prime Banche del latte materno. Si sentiva l’esigenza di un contatto continuativo con i genitori, per questo vennero organizzati eventi settimanali di dialogo e confronto tra loro e i professionisti.

Un problema che si pose subito fu quello relativo al trasporto. Sul territorio provinciale erano presenti 14 punti nascita. Non vi erano metodi standardizzati di trasporto: chi arrivava in taxi, chi in braccio al padre. Si creò un cortocircuito organizzativo tra l’amministrazione provinciale e gli ospedali: per i primi infatti i trasporti dovevano essere a carico dell’ospedale di nascita. A seguito di un’evidente mancanza di personale, ecco che accadde quello che è considerabile un miracolo: un gruppo di infermiere si organizzò tra loro su turni per garantire la loro presenza sulle ambulanze, giorno e notte, nei casi di nascite premature. Tutto questo su base volontaria, senza alcuna assicurazione, fuori dal loro orario di lavoro: delle vere e proprie samaritane! In vent’anni di lavoro la mortalità scese dal 30 per mille al 3-4 per mille, arrivando addirittura a livelli più bassi di Svezia e Giappone! 

Le infermiere samaritane che “fecero l’impresa”

Sono passati ormai 50 anni da allora. Le infermiere, diventate ora nonne e in pensione, ricordano con un sorriso quei tempi. Molte mamme le ricordano tutt’ora: senza di loro infatti i loro figli non avrebbero avuto la possibilità di venire al mondo e di fare la vita che ora fanno. Chi fa surf a Tenerife, chi ha conseguito due lauree, chi addirittura ha scelto di seguire la strada che le ha permesso di venire al mondo, diventando neonatologa.

Erano due i fattori che stavano alla base di questo servizio: Volontariato e lato umano. Si può addirittura parlare di un ritrovato Umanesimo, poiché al centro del servizio stava il neonato stesso. Un episodio accaduto in reparto aiuta a capire meglio questa dinamica. Vista l’attività intensa del reparto, un padre chiese a due infermiere: “Ma chi comanda qui?” E loro risposero: “Suo figlio… e non perdona!”. 

Le infermiere festeggiano molti anni dopo assieme al prof. Dino Pedrotti

Dino Pedrotti è stato per anni un pediatra. Sebbene abbia novantadue anni, è ancora vispo, va in montagna e in bicicletta. “Si faceva tutto con il cuore e basta. Non c’erano medici, non c’era personale, bisognava affidarsi a queste infermiere, queste samaritane che hanno garantito un servizio di importanza inestimabile. Sono riuscite a concretizzare il primo passo dell’amore evangelico: “Farsi bambini, farsi neonati: maestri di amore e di pace”. Questo è inoltre il titolo del mio ultimo libro, legato indissolubilmente all’esperienza che ho vissuto con e grazie a loro. Mi sono infatti sentito di dedicarlo “alle donne che mi hanno aiutato a capire l’amore più vero: solo loro possono viverlo e trasmetterlo al mondo futuro”. 

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Pubblicato da Fabio Loperfido

Nato allo scadere del millennio, Fabio è uno studente errante che ancora non ha ben chiaro cosa potrebbe volere il mondo da uno come lui. Nel mentre prova ad offrire ciò che vede con i suoi occhi tramite una sua lettura, con la speranza che il suo punto di vista possa essere d'aiuto a qualcuno martellato dai suoi stessi interrogativi.