Laura Mansini: il teatro, l’arte, la fascia tricolore

Sto bevendo un caffè su un ampio terrazzo che è come un palco di teatro sopra il lago di Caldonazzo, assieme alla padrona di casa, Laura Mansini. La vista è stupenda. E per me anche gratificante perché questo lago, (il più grande della regione, a parte il pezzo di Garda trentino, lungo quasi cinque chilometri, l’ho attraversato a nuoto a dorso per il lungo, in meno di due ore, per festeggiare i miei 60 e 70 anni…).

La Mansini è nata nel centro di Verona il 18 settembre 1945. Sua madre era Giovanna Fedrighi, suo padre Mario Manzini, valido pittore e restauratore della Soprintendenza ai monumenti di Verona. Sua nonna paterna era Virginia Casari, una nonesa di Smarano. Per la verità il cognome di suo padre era Manzini. Ma all’anagrafe scrissero “Mansini” ( si sa che per i veneti la “zeta” non esiste: al suo posto usano la “esse”). Il padre Mario amava molto il Trentino: ne percorreva le valli in bicicletta: ”Mio padre era di idee comuniste. Alpino, dopo l’8 settembre del’43 si sposò. La città era bombardata e i miei sfollarono in collina, a Cavaion”. “Che bambina eri?” “Una bambina vivace ma obbediente. Come alunna ero molto brava, specialmente italiano e storia fino alle Medie…”. 

1978, Trento. Laura con i figli piccoli, Zeno e Marco Nicolò (al biberon)

Che infanzia hai avuto?” “La mia era una famiglia, oggi diremmo, anticonformista. La nostra casa era frequentata da artisti e scrittori di una Verona che stava risorgendo dalle rovine della guerra. Ricordo le serate a casa nostra vivaci e allegre. Io ero la prima nata della compagnia e con me avevano grandi attenzioni. Mi piaceva quando gli amici dei miei genitori venivano a cena, oppure quando si trovavano al Caffè Dante, sito nella omonima piazza. Perché ascoltavo affascinata le loro storie, i loro progetti per rinnovare la cultura. Ricordo l’architetto Libero Cecchini, il pittore Renato Birolli, il musicista Bruno Maderna con la sua musica rivoluzionaria. Tra gli amici più cari vi era il professor Egidio Meneghetti, docente a Padova, un grande partigiano che perse la moglie e la figlia durante un bombardamento. Finite le Medie avrei voluto iscrivermi al Liceo classico o alle Magistrali. Ma i miei mi iscrissero al Liceo Scientifico, la scuola del domani, come dicevano. In prima liceo mi feci bocciare: detestavo la matematica. Mia madre si ammalò e morì nel 1962. Quando mia madre morì tutto cambiò. Gli amici dicevano che mia mamma aveva costruito un’isola felice. Alla sua morte abbiamo abbandonata l’isola. Mi hanno salvato la lettura e la ricerca del fine ultimo dell’uomo, aiutata dai frati Bertoniani, tanto che sono entrata nell’Azione Cattolica.

A Caldonazzo, con la fascia di Sindaca, durante una cerimonia ufficiale

E lì ho incontrato Waimer. Io decisi di proseguire allo Scientifico, altrimenti mi sarei sentita in colpa con mia madre. Nonostante le sue idee di sinistra mio padre mi lasciava frequentare solo la parrocchia. Fu lì che conobbi Waimer, vicino di casa, anche lui militante come me nell’Azione Cattolica. Finii il Liceo a fatica, sempre rimandata in matematica. Poi mi iscrissi a Padova al Magistero, in Materie Letterarie. Mi laureai e mi sposai nel 1971, dopo tre anni di fidanzamento. Nell’ottobre di quell’anno ci trasferimmo a Trento…” Nel 1976 Laura scrisse i suoi primi articoli sul quotidiano “l’Adige”. Responsabile della pagina della cultura era Rinaldo Sandri, “una gran brava persona, un uomo sensibile, corretto, ironico, amico di Laura e Waimer”, racconta la Mansini, che prese anche a collaborare con la rivista nazionale “Sipario”. Chiamata dal professor Gios Bernardi nel 1982 iniziò a insegnare storia dello spettacolo presso l’Università del Tempo libero disponibile di Trento, godendo dell’amicizia di tanti coltissimi studenti. E parliamo ora della sua attività politico-amministrativa. Nel 1994 lascia Trento per trasferirsi con la famiglia a Caldonazzo. Vi compra casa. Un giorno è dalla parrucchiera quando lei le chiede se ha interesse a candidarsi alle elezioni Comunali. L’anno dopo, il 1995, è convinta dal sindaco uscente Giuseppe Toller a candidarsi. Unica donna venne eletta consigliere e poi, nel 2000, diviene vicesindaco. La nostra veronese-trentina mostrò subito di avere idee e di supportarle con attivismo. Idea “R Estate con noi”, una manifestazione (tuttora esistente) rivolta ai bambini del paese: con corsi di nuoto , di vela, di canoa. E un corso di teatro tenuto dall’allora giovanissimo Antonio Caldonazzi, (poi al Teatro Stabile di Bolzano, purtroppo scomparso prematuramente), introducendo anche a Caldonazzo l’Università della Terza età. Nel frattempo passa sulla sponda opposta, in località Terrazze nel comune di Tenna. Laura e Waimer vendono la casa a Caldonazzo, comprano una villetta con grande terrazza, ristrutturandola, la alzano di un piano e ci va ad abitare con la famiglia il figlio Marco Nicolò, da poco eletto sindaco del paese (toh, anche lui con la fascia tricolore: buon sangue non mente…). 

Nel 2005 la nostra Laura viene eletta sindaca di Caldonazzo, indossa la sciarpa tricolore. Sono molte le iniziative da lei promosse; ma quella a cui lei tiene particolarmente è la mostra dei pittori caldonazzesi Eugenio, Giulio Cesare e Romualdo Prati. L’evento, ambientato dalla Corte Trapp, è del 2007 e ha potuto realizzarsi anche grazie alla collaborazione di Alberto Pattini e Waimer Perinelli. È la dimostrazione che anche un piccolo centro rurale può essere un centro culturale importante capace di coniugare produzione locale di alta qualità con artisti internazionali. 

“Quella che è stata una vittoria culturale ha segnato però una sconfitta politica”,  conclude malinconicamente Laura Mansini. “La corte Trapp, risalente al 1500, poteva in effetti essere acquistata dalla Provincia, tanto generosa con la Valle di Non. Personalmente avevo avviato contatti con diverse università italiane e perfino cinesi per una sua utilizzazione come studentato estivo e sede di corsi. Ma la Provincia con noi fu matrigna e preferì non competere con un privato che ne ha tratto, giustamente una piccola corte per matrimoni e feste varie. Quanto a me oggi sono madre, nonna e moglie. Tre generazioni, tre vite, una vita…”.

Tenno, Casa degli artisti, 1976. Laura Mansini con Zita Ritossa
Trento Il Campiello, fine degli anni ’90. Laura Mansini e le attrici dell’università della terza età
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Pubblicato da Renzo Francescotti

Autore trentino dai molti interessi e registri letterari. Ha al suo attivo oltre cinquanta libri di narrativa, saggistica, poesia in dialetto e in italiano. È considerato dalla critica uno dei maggiori poeti dialettali italiani, presente nelle antologie della Garzanti: Poesia dialettale dal Rinascimento a oggi (1991) e Il pensiero dominante (2001), oltre che in antologie straniere. Sue opere sono tradotte in Messico, Stati Uniti e in Romania. Come narratore, ha pubblicato sei romanzi: Il Battaglione Gherlenda (Paravia, Torino 1966 e Stella, Rovereto 2003); La luna annega nel Volga (Temi, Trento 1987); Il biplano (Publiprint, Trento 1991); Ghibli (Curcu & Genovese, Trento 1996); Talambar (LoGisma, Firenze 2000); Lo spazzacamino e il Duce (LoGisma, Firenze 2006). Per Curcu Genovese ha pubblicato Racconti dal Trentino (2011); La luna annega nel Volga (2014), I racconti del Monte Bondone (2016), Un Pierino trentino (2017). Hanno scritto prefazioni e recensioni sui suoi libri: Giorgio Bàrberi Squarotti, Tullio De Mauro, Cesare Vivaldi, Giacinto Spagnoletti, Raffaele De Grada, Paolo Ruffilli, Isabella Bossi Fedrigotti, Franco Loi, Paolo Pagliaro e molti altri.