Messner-Bonatti: i fratelli delle cime

Alessandro Filippini, ci parla seduto davanti al computer nel suo appartamento di Fai della Paganella. Ci conosciamo da anni. Milanese, come me, per decenni giornalista alla Gazzetta dello Sport, scrittore, regista, uno dei più autorevoli commentatori e conoscitori della storia dell’alpinismo . Nel suo curriculum può vantare un amicizia di lunga data con Reinhold Messner, era l’unico giornalista presente al campo base del Lhotse quando nel 1986 il sudtirolese completò per primo la salita dei 14 Ottomila, e con il quale ha scritto libri e realizzato numerose serate speciali durante il Trento Film Festival . Settantadue anni, una folta e lunga chioma di capelli grigi raccolti in una coda assieme ai baffi e barba ben curati che fanno di lui un personaggio di un romanzo di avventure. Ormai si è di fatto trasferito dalla frenetica Milano alle pendici della Paganella, tra i silenzi delle montagne del Trentino che tanto ama.

Siamo saliti a trovarlo per parlare del docufilm, che ha realizzato con Fredo Valla: ”Fratelli si Diventa”.

Alessandro Filippini

Alessandro, i protagonisti di questo film sono Walter Bonatti e Reinhold Messner, che in realtà fratelli non erano proprio, non si erano mai parlati e infatti sei stato tu a farli incontrare per la prima volta nel 2004, quando Bonatti aveva ormai 74 anni e Messner 60 e da anni ormai si dedicavano ad altro che alle scalate.

Si non è stato facile convincerli a parlarsi, visto che non solo non si erano mai incontrati, ma neppure si erano mai parlati. Ma grazie al lento lavoro di tessitura fatto assieme a Luigi Zanzi e Loris Lombardini, finalmente ci riuscimmo e fu per loro un ritrovarsi come fratelli separati dalla nascita. E il titolo non è forzato perché nel film c’è Bonatti che dice a Messner: “io ho due fratelli “. Uno è Pierre Mazeaud, che era con Bonatti nel 1961, nel tentativo di scalare il Pilone Centrale del Freney. Due cordate, una italiana e una francese unirono le forze ma incapparono in una tremenda bufera di neve di più giorni e finì in tragedia con la morte di quattro alpinisti su sette. L’altro fratello, dice Bonatti a Messner, “sei tu”. E quella frase lì è la frase centrale del film perché conferma questa fratellanza che era nata fra di loro, due grandi dell’alpinismo e dell’avventura che si sono scoperti sullo stesso livello di apprezzamento di quello che significa andare nella natura selvaggia per scoprire se stessi. E questa era la loro filosofia“.

Mentre parliamo sullo schermo del computer scorrono immagini in bianco e nero di un giovane Walter Bonatti che guarda giù nel vuoto a cavalcioni di una vetta con staffe, martello e una vecchia corda di canapa pronto per scendere in doppia ma anche le immagini a colori della spedizione del K2 nel 1954. Filippini ha utilizzato materiale di repertorio ma soprattutto quello che aveva girato negli anni in cui i due alpinisti si erano frequentati, fino alla morte nel 2011 di Walter Bonatti.

Nel tuo documentario Bonatti dice: “Se l’uomo perde la dimensione dell’avventura, quella del conoscere, il desiderio di sapere, di misurarsi, è finito tutto”.

Qui Filippini quasi mi toglie la parola terminando la citazione che avevo iniziato

Bonatti aggiunge: “La chiamano avventura, la vendono come avventura ma non esiste più l’avventura. L’avventura va sognata, va voluta, va conquistata, va fatta prima di tutto nel tuo cuore, nella tua mente. L’ultima cosa da fare è realizzarla, dare sostanza, dare materia all’avventura, ma devi sognarla.” e Messner quasi a conferma prosegue – “Io mi vedo nelle tue tracce, da quando faccio l’alpinismo estremo, ti ho sempre non soltanto rispettato ma più che altro seguito, se si poteva…”

2 gennaio 2009. Messner e Bonatti festeggiano i 100 anni di Riccardo Cassin

Alessandro, sono modi di vedere l’alpinismo completamente diversi dall’alpinismo di oggi, purtroppo…

Filippini annuisce sconsolato mentre ora sullo schermo scorrono le immagini di una delle tante imprese del Re degli Ottomila.

Si, Reinhold e Walter nel mio docufilm sottolineano la differenza sostanziale fra l’alpinismo di oggi e il loro l’alpinismo . Oggi la specializzazione ha portato a una situazione tale per la quale è difficile essere capace di fare tutto, mentre Walter è stato probabilmente l’ultimo a essere il numero uno in ogni situazione, sulle Dolomiti, sul Monte Bianco, anche sulle alte montagne come il Gasherbrum IV, o sulle Ande e questa è una cosa che oggi è difficilissima.

Tu, prima di questo docufilm avevi scritto con Messner nel 2013, all’indomani della morte di Bonatti, “Il fratello che non sapevo di avere“, dove Reinhold ricorda: “Hanno tentato di dividerci quando potevamo fare cordata come filosofia dell’alpinismo”.

Ora Filippini sembra quasi rattristato, come se dovesse riaprire una ferita .

“In effetti Bonatti nel 1986, dopo che Messner aveva conquistato tutti i 14 ottomila, aveva scritto su La Repubblica un articolo durissimo, dicendo che quello che aveva fatto Reinhold poteva essere bello e significativo se attorno non ci fossero stati sponsor e pubblicità. Scrisse: “in lui avevamo fidato e oggi ci sentiamo delusi. La gente ha bisogno di miti, ma questi non restano sempre all’ altezza del loro piedistallo. Ebbene sì, qui ci sentiamo anche presi in giro”

Parole aspre a cui seguirono anni di reciproca disattenzione e di punzecchiature velenose.

Paolo Pardini e Alessandro Filippini durante l’intervista

Eppure Messner da ragazzo guardava a Walter Bonatti come a un modello di coraggio e integrità, e nel 1971 aveva scoperto con stupore che Bonatti gli aveva dedicato il suo secondo libro “I giorni grandi”, riconoscendolo come suo successore. Nonostante ciò, i due più grandi alpinisti del Novecento, di due generazioni diverse ma così simili, non si erano mai incontrati o parlati. Messner dice “ Forze estranee a noi ci tenevano lontani l’uno dall’altro, non so perché…invece è nata un’amicizia forte perché tutti e due abbiamo capito che abbiamo sofferto per essere stati accusati di cose non vere.”

Infatti molte cose accomunano questi due uomini che hanno scalato le montagne di ogni parte del mondo: l’approccio alpinistico tradizionale, la ricerca della solitudine anche nelle situazioni più estreme ma anche le accuse ingiuste; a Bonatti nella discussa vicenda del K2 e della tragedia del Pilone Centrale del Freney a Messner dopo la spedizione al Nanga Parbat in cui perse la vita il fratello Günther; infine per entrambi la definitiva – sebbene tardiva – “rivincita”, quando l’inconfutabile verità storica venne accertata.”

Filippini abbassa la testa e scorre in silenzio con le dita sulla tastiera del computer quasi volesse dimenticare quelle pagine dolorose della storia dell’alpinismo

Alessandro veniamo ai giorni nostri. C’è stata una grossa polemica sul fatto che Reinhold non sia stato il primo a scalare tutti e 14 gli Ottomila. Insomma, lo volevano cancellare dal Guinness dei primati per questione di centimetri…

Qui la bianca coltre di capelli di Filippini sembra riscuotersi in un impeto d’indignazione

“Sì, è una operazione che è stata portata avanti negli ultimi anni per cercare di riscrivere la storia del grande alpinismo himalaiano, una cosa molto triste che ha lasciato e lascerà un’ immagine negativa dell’alpinismo, e non per colpa di Messner . Ma proprio colui che è stato indicato come il “vero”, primo alpinista ad aver salito tutti gli Ottomila, lo statunitense Ed Viesturs, ad ottobre è venuto proprio qui a Trento al Festival dello Sport a dire davanti a Messner che Messner è stato il primo e non lui, perché Viesturs è un vero alpinista e sa capire le cose. Purtroppo coloro che non conoscono bene l’alpinismo avranno sempre, anche in futuro, nella testa questa cosa, che gli alpinisti mentono e non è vero. Messner non ha mai mentito. Come Jerzy Kukuczka, l’alpinista polacco morto sul Lhotse nel 1989 e che fu il secondo a completare gli Ottomila, non aveva mai mentito. Come Erhard Loretan, lo svizzero morto nel 2011 il terzo, non aveva mai mentito. Loro sono e resteranno per sempre i primi tre.”

C’è delusione ma anche disprezzo per chi cerca di riscrivere la storia dell’alpinismo nelle parole di Filippini,uno che la storia dell’alpinismo ha contribuito a diffonderla e anche a costruirla arrivando a far diventare fratelli i due grandi italiani che per 40 anni quasi erano rimasti incredibilmente divisi.

Stiamo per congedarci, mi accompagna sulle scale della casa di Fai della Paganella da dove si vedono in lontananza Le magnifiche Cime del Brenta innevate, uno spettacolo fantastico che mi ispira un’ultima domanda.

Alessandro, che bellezza… capisco che anche tu, come me, ormai passi più tempo qui che a Milano …il Trentino ha una vocazione turistica ma come si fa a conciliare, rispetto dell’ambiente e turismo di massa?

È molto difficile perché bisogna guardare a lungo termine e non soltanto all’immediato domani, perché guardando al domani si continua a fare quello che si è fatto fino adesso. Invece bisogna essere capaci di pensare più lontano e avere una strategia che punti su un turismo più leggero, non fatto per forza di grandi numeri, ma che permetta una continuità, in maniera che le strutture turistiche funzionino per il maggior numero di mesi possibile all’anno, possibilmente tutto l’anno. Le iniziative che sono tantissime in Trentino aiutano, però bisogna aggiungere al turismo sportivo e al turismo che è legato esclusivamente agli avvenimenti, un turismo che apprezzi anche la cultura dei luoghi, la cultura del tuo posto, la cultura della montagna. Se, per esempio, porti il turista in montagna e non ci sono gli animali, già non stai più offrendogli la vera montagna.

Ci salutiamo, mi abbraccia “ Scusami ti devo lasciare, ho un appuntamento telefonico con un amico alpinista per parlare di un nuovo progetto.”

La folta chioma grigia di Alessandro Filippini risale le scale in legno della modesta ma graziosa casetta di montagna di Fai della Paganella, dove vivono, nelle memorie del suo computer, tutti i grandi dell’alpinismo di sempre.

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Pubblicato da Paolo Pardini

(Pisa 1955) ha lavorato per trent’anni come giornalista e come inviato per tutte le principali testate della RAI. È stato conduttore del Tg3 e di numerosi programmi televisivi fino a ricoprire il ruolo di responsabile dei Tg3 regionali RAI a Trento, Firenze e Milano.