Nocciole in cambio di baci

Stava ritta sulla porta finestra del terrazzino, osservando le campagne, il via vai lungo la ciclabile che divide la distesa di vitigni dai meleti poco sotto il muretto del proprio giardino. Il suo maglione era dello stesso colore dei melograni che tappezzavano l’albero all’angolo della proprietà, dove un piccolo capannello di risa e chiacchiere significava che qualcuno stava allungando le mani per acchiapparne uno. Aveva provato a sporgersi per vedere se riconosceva uno di quei ragazzetti ma, senza occhiali, non era più in grado di individuare altro che delle sagome sfocate. 

Sorrideva, in fondo, in quella casa era finita a vivere proprio a causa del furto di una manciata di nocciole, di quello che non aveva più le sembianze di un cespuglio regolato con cura ma era cresciuto disordinato, da quando le sue mani faticavano a potare i nuovi polloni, e occupava una porzione importante del giardino di casa.

Nella confusione della propria mente, si stupiva ancora dell’estrema lucidità e precisione con cui riusciva fino ad ora a ricordare quel momento. Stava tornando dal lavoro, dalla sartoria della zia, in strada si sentiva un profumo forte di mosto, di acqua e fango nelle pozzanghere ancora colme di pioggia. Si era appoggiata ad un muretto per sistemarsi il cinturino alla caviglia delle décolleté e si era accorta di quei rami che sporgevano carichi di piccoli frutti dall’involucro raggrinzito. C’era stato anche per lei il tempo di divertirsi con il furto della frutta, per l’eccitazione di fare una cosa proibita ad una ragazza per bene e di buona famiglia. Aveva afferrato un rametto, un ciuffo di frutti e, trovato un sasso adatto, aveva rotto la prima nocciola con precisione e senza spappolare il contenuto del guscio. Stava riempiendo un fazzoletto di stoffa ricamata quando, alzando lo sguardo si era accorta di essere osservata da un poggioletto della casa: un ragazzo, gomiti alla ringhiera, non smetteva di guardarla con serietà. Aveva finto di non essere affatto turbata, almeno finché lui non scoppiò in una risata e le disse di aspettarlo lì, fu allora che si sentii arrossire. 

Proprio mentre ricordava il passo del ragazzo che le veniva incontro, si accorse che stava scendendo le scale della vecchia casa, lo stesso percorso che aveva compiuto allora quello che sarebbe divenuto suo marito. E c’era voluto poco per farla innamorare, giusto due parole su quanto sia raro trovare una nocciola singola e di come fosse sciocco rubarle quando avrebbe potuto averle tutte in cambio di un appuntamento.  “No”, gli aveva detto restituendo il bottino. “Sciocca, mi devi dei baci” le aveva detto lui contando le nocciole. 

Forse per questo, mai come in autunno, quando le betulle per prime iniziano a tingersi d’oro, si fa così forte in lei la nostalgia. Ripensa agli scoiattoli che osservavano insieme correre a rifornirsi dei frutti caduti, agli archi che il marito aveva costruito per i figli e i nipoti. E, soprattutto, alle parole di lui mentre posizionavano sulle torte di fregoloti le nocciole dalle forme più bizzarre che, di anno in anno, in un rito tutto loro, selezionavano insieme: “Sciocca, mi devi ancora dei baci”. 

E ora era arrivata proprio lì, al termine del giardino, una mano aggrappata ad un ramo del nocciolo, il vociare di una ragazza e di un ragazzo al di là del muro. Si era detta che sì, ancora oggi, pur nell’oblio dei modi di quel tempo, pare che qua e là, quel rubacchiare continui ad affascinare. Così, sovrappensiero, i suoi occhi stanchi si erano rivolti verso la ringhiera del terrazzino nella speranza di rivedervi la stessa sagoma di allora.

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Pubblicato da Denise Fasanelli

Mamma insonne e sognatrice ad occhi aperti. Amo la carta, la fotografia e gli animali. Ho sempre bisogno di caffè. Non ho bisogno di un parrucchiere, d’altronde una cosa bella non è mai perfetta. Ho lavorato nel campo editoriale, della comunicazione e mi sono occupata di marketing per alcune aziende. Ho pubblicato un libro insieme all’ex ispettore Pippo Giordano: “La mia voce contro la mafia”(Coppola ed. 2013). Per lo stesso editore, ho partecipato, in memoria dei giudici Falcone e Borsellino, al libro “Vent’anni” (2012) con un racconto a due mani insieme all’ex giudice Carlo Palermo.