Pia, una vita per il Bondone

Una vita sul Monte Bondone, «montagna della città». Dall’alto dei suoi ottant’anni, la storica albergatrice Pia Campestrini riflette sul futuro del Bondone, di cui ricorda con nostalgia i tempi d’oro che faticano a tornare, nonostante le tante promesse e gli sforzi di rilancio. Pia ha scritto il libro fotografico dal titolo «La mia vita, i miei ricordi, il mio amato Bondone», uscito ad agosto. In esso racconta la storia della sua vita sul Bondone e, di conseguenza, i cambiamenti del nostro territorio. Originari della Val di Non, i Campestrini iniziarono la loro avventura sul Bondone nel 1946, quando papà Pio, con la moglie Croce Degasperi, iniziò a gestire il Rifugio Ambrosi, poi diventato Baita Montesel. Nel 1949, la famiglia prese in affitto l’Albergo Bondone ed iniziò a gestirlo. Nel 1957 i Campestrini acquistarono la Dipendenza dell’Albergo Bondone, trasformandola poi in un’imponente struttura autonoma, l’Hotel Dolomiti. Gli anni Cinquanta e Sessanta furono gli anni della grande espansione, quelli in cui si affermava il mito del Bondone, grazie al Giro d’Italia, con la drammatica ed epica tappa dell’8 giugno 1956 vinta da Charly Gaul, alla storica gara automobilistica “Trento Bondone” e, in particolare, al grande e internazionale successo del Trofeo Topolino di sci alpino, ideato dal grande Rolly Marchi, che poteva vantare la partecipazione di tanti giovani promesse dello sci mondiale. Poi negli anni Settanta iniziò un declino che non è mai del tutto terminato, fatte salve alcune strutture alberghiere molto frequentate nei pressi del comprensorio sciistico. Pia Campestrini ricorda con affetto e nostalgia alcuni episodi che la riportano con vividezza agli anni migliori del Bondone: «Era frequentato da personaggi di grande spessore, come Alcide De Gasperi e lo sherpa nepalese Tenzing Norgay che era una persona meravigliosa. Nel mio ricordo conservo specialmente i “Seminari sionisti”». Negli anni Sessanta, l’Hotel Dolomiti era diventato il punto di riferimento per i convegni degli intellettuali ebrei che vi si ritrovavano per discutere della politica dello Stato d’Israele. «Erano persone straordinarie, ricorda Pia. Di profondissima sensibilità e cultura, parlavano quattro o cinque lingue. Quando venivano all’hotel, preparavamo i piatti secondo il metodo kosher della tradizione ebraica. Era molto impegnativo, ma quelle persone ci aprirono un mondo, al punto che ricambiavamo le loro visite recandoci a nostra volta in Israele». 

I ricordi di Pia tornano addirittura a quando non era stata ancora aperta la strada dopo Vaneze e il Bondone sembrava l’Everest, un bianco e splendido panettone tutto da sciare. La montagna di Trento inizialmente era avvantaggiata perché tante stazioni sciistiche, sia trentine che altoatesine, dovevano ancora nascere mentre Giovanni Graffer aveva già attrezzato il Bondone con impianti di risalita. Poi, dagli anni Settanta tutto cambiò proprio in concomitanza dello sviluppo del turismo nella regione, in valli dove i visitatori potevano trovare molto di più che in Bondone, dove è sempre mancato un “campanile”. Salendo in quota non ci sono veri e propri paesi e i servizi sono quelli offerti presso gli alberghi. Per tutte le altre occorrenze, bisogna scendere a Sopramonte o a Trento. Al contrario, in molti altri comprensori, il turista trova il paese, le persone, la vita». A complicare ulteriormente le prospettive per il Bondone sono anche i cambiamenti climatici, con il surriscaldamento globale che ha ridotto significativamente le precipitazioni nevose. Ma, per Pia, questo non è un fatto esclusivo degli ultimi anni: «In realtà sono decenni che questo fenomeno esiste e che se ne parla. Sono almeno quarant’anni che per sopperire alle poche precipitazioni nevose si procede con l’innevamento artificiale». Insomma, il futuro è incerto. Ma Pia Campestrini lancia alcune idee: «Ci sarebbe tanto da fare, si potrebbero riqualificare molte strutture, puntare sulle splendide malghe, e diversificare per un turismo non solo invernale». Anche ora che non vive più sulla sua montagna, bensì a Vezzano, Pia continua ad interrogarsi sulle prospettive per il Monte Bondone: «Verso il futuro non sono particolarmente ottimista. La funivia può essere una svolta, ma servirà una pedonalizzazione della montagna per poter godere della natura. Insomma, serve un ripensamento complessivo del modo di fare turismo».

Il libro di Pia Campestrini è in vendita alla Libreria Ancora di Trento (pag. 60, € 10)
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Pubblicato da Fabio Peterlongo

Nato nel 1987, dal 2012 è giornalista pubblicista. Nel 2013 si laurea in Filosofia all'Università di Trento con una tesi sull'ecologismo sociale americano. Oltre alla scrittura giornalistica, la sua grande passione è la scrittura narrativa. È conduttore radiofonico e dal 2014 fa parte della squadra di Radio Dolomiti. Cronista per il quotidiano Trentino dal 2016, collabora con Trentinomese dal 2017 Nutre particolare interesse verso il giornalismo politico e i temi della sostenibilità ambientale. Appassionato lettore di saggi storici sul Risorgimento e delle opere di Italo Calvino.