Solastalgia, arriva l’onda lunga dell’eco-ansia

C’è un altro effetto che il cambiamento climatico sta avendo, in maniera crescente, sulla nostra quotidianità, sebbene se ne parli poco. Si tratta dell’eco-ansia, una reazione angosciata ai problemi ambientali che peggiora la qualità della nostra vita e tende a colpire specialmente i giovani e le donne, i professionisti nei settori della sostenibilità e in generale le persone particolarmente sensibili.

A tutti noi spiace sentir parlare ogni giorno di siccità, alluvioni, inquinamento dei fiumi e dei mari, impianti di smaltimento dei rifiuti che magicamente – si fa per dire – prendono fuoco… ma quando ascoltare simili notizie finisce col diventare intollerabile per il nostro stato mentale, addirittura angosciante, rischiando di compromettere la nostra stabilità emotiva, ecco che allora si può parlare di eco-ansia legata ai cambiamenti climatici. Questa situazione si manifesta con stati di inquietudine e forte stress che possono arrivare addirittura ad attacchi di panico improvvisi. Spesso le persone finiscono con l’evitare di parlare di tematiche ambientali e persino di ascoltare o leggere notizie relative a ciò, per timore di aggravare il proprio stato ansioso. Insomma, evitare per non soffrire. 

Un altro effetto specifico dell’eco-ansia è la cosiddetta solastalgia, un neologismo ideato da un filosofo ambientale australiano, Glenn Albrecht, per riferirsi a quella sensazione di nostalgia che si prova quando la propria casa o un luogo a noi caro è stato danneggiato o modificato dal cambiamento climatico. In fondo a chi non è capitato di rattristarsi nel constatare che il laghetto alpino a noi caro è sempre più piccolo o dai pochi ghiacciai rimasti scendono cascate sempre più copiose? Nei casi più gravi però la solastalgia, oltre a una sensazione di forte tristezza, può arrivare a disturbi del sonno, depressione, aggressività. Secondo recenti studi le persone che hanno vissuto delle condizioni metereologiche avverse o addirittura sono sopravvissute a un disastro ambientale hanno maggiore probabilità, com’è immaginabile, di sviluppare forti stress post traumatici, ansia, o addirittura istinto suicida. 

L’eco-ansia infine può portare alcune persone a prendere decisioni drastiche. Può portare a decidere di emigrare perché la propria fonte di sussistenza è compromessa dal cambiamento climatico – e questa è una delle cause delle crescenti emigrazioni di cui però non si parla mai – oppure può portare anche a decidere di non avere figli per non incidere ulteriormente sulle risorse limitate del pianeta e soprattutto per l’incertezza di poter assicurare loro un futuro sereno e agiato. Certo il tema è molto complesso e non bastano poche righe per riflettere se quest’ultima decisione sia giusta o meno. Di certo è bene confrontarsi, dialogare con qualcuno se siamo in preda a una simile ansia e cercare, nel nostro piccolo, di continuare a fare tutto quello che possiamo per fare la nostra parte, per noi e soprattutto per i nostri figli, senza dimenticare però di vivere la vita come un dono, cercando di essere grati per la bellezza che ogni giorno la natura ci regala. 

Condividi l'articolo su:
Avatar photo

Pubblicato da Silvia Tarter

Bibliofila, montanara, amante della natura, sono nata tra le dolci colline avisiane, in un mondo profumato di vino rosso. La vita mi ha infine portata a Milano, dove ogni giorno riverso la mia passione di letterata senza speranza ai ragazzi di una scuola professionale, costretti a sopportare i miei voli pindarici sulla poesia e le mie messe in scena storiche dei personaggi del Risorgimento e quant'altro. Appena posso però, mi perdo in lunghissimi girovagare in bicicletta tra le abbazie e i campi silenziosi del Parco Agricolo Sud, o mi rifugio sulle mie montagne per qualche bella salita in vetta. Perché la vista più bella, come diceva Walter Bonatti, arriva dopo la salita più difficile.