Un medioevo di prosperità

Quanto oggi è ammirato, visitato, studiato, apprezzato, confrontato, spettacolarizzato, irregimentato attraverso un biglietto d’ingresso o un abbonamento; tutto questo sistema organizzato fatto di gesti e parole, movimenti ciclici legati alle stagioni, dimensionati ad una realtà di patrimonio personale; l’intero sistema valoriale d’occidente che nel 2023 ci porta ad essere chi siamo e a fare le cose che facciamo e che fino a non molto tempo fa, in pratica fino all’altro ieri, era completamente differente.

Ancora nel XIX secolo le rovine delle civiltà antiche altro non erano che rovine. I pastori vi lasciavano sostare le proprie greggi, tra mura diroccate assalite da erbacce. Gli ovini facevano i loro bisogni su resti di mosaici, su pavimenti calpestati secoli prima da consoli, magistrati e generali. Caduti in disgrazia i vari casati, i castelli venivano depredati e letteralmente smontati, pietra dopo pietra, usati come cave e forniture di materie prime per l’edilizia in economia. Dopo la Prima guerra mondiale, stessa sorte toccò a molte fortificazioni, soprattutto per quanto riguardava il preziosissimo ferro. Non c’era un’idea di memoria, di celebrazione del passato, di rispetto per le res gestae di chi li aveva preceduti lungo la freccia del tempo.

A volte mi pare che il destino dell’homo sapiens del XIX secolo segua quello delle antiche rovine, delle fortificazioni, dei castelli. L’antico splendore, la spettacolare imponenza della dignità umana si riduce tutt’a un tratto al rango di pascolo, cava, materiali di recupero. Lo scenario è chiaro, ma c’è come un velo che impedisce di vederlo bene.

Le ipocrisie della campagna elettorale, le guerre tra nazioni, quelle intestine ad ogni famiglia, gli infiniti scontri nella fitta giungla del web, il tutto acuito dallo sprofondo del potere d’acquisto, lo scandalo dei ricchi sempre più ricchi, i giganteschi flussi migratori che (con buona pace di chi vorrebbe sbattere tutti quanti su un’isola artificiale) stanno pian piano cambiando il mondo. E ancora: l’accumulo di rifiuti, lo sfruttamento delle risorse. Tutto questo e altro ancora sono le greggi che pascolano su ciò che rimane dell’originario sfarzo dell’animo umano, dando forma al medioevo di prosperità che, forse inconsapevoli, stiamo vivendo. 

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Pubblicato da Pino Loperfido

Autore di narrativa e di teatro. Già ideatore e Direttore Artistico del "Trentino Book Festival". I suoi ultimi libri sono: "La manutenzione dell’universo. Il curioso caso di Maria Domenica Lazzeri” (Athesia, 2020) e "Ciò che non si può dire. Il racconto del Cermis" (Edizioni del Faro, 2022). Nel 2022 ha vinto il premio giornalistico "Contro l'odio in rete", indetto da Corecom e Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige. Dirige la collana "Solenoide" per conto delle Edizioni del Faro.