Sopra un terrazzo dell’Argentario, meglio conosciuto come Calisio, (ovvero monte calvo, coi canopi, che per scavare l’argento distrussero i boschi della montagna) nel paese di Martignano, divenuto un popoloso quartiere di Trento, abita Barbara Cappello, artista e organizzatrice d’arte. Otto anni fa, su queste pagine le feci uno dei miei ritratti, che due anni dopo andò a far parte del secondo volume di “Bottega d’artista. Settanta nuovi profili di pittori e scultori trentini” (Curcu Genovese). Barbara venne così a trovarsi a fianco di artisti che si chiamavano (tanto per fare solo alcuni nomi) Silvio Cattani, Annamaria Gelmi, Diego Mazzonelli, Gianni Pellegrini, Roberto Codroico, Laurina Paperina. Con il Tempo che fugge vertiginosamente come è quello che stiamo attraversando, andiamo un po’ a vedere la cosa principale accaduta a Barbara in questi otto anni. E scopriamo che non si tratta di un’esposizione, di un evento, di una performance, della realizzazione di un’opera pubblica, ma della presidenza della FIDA, datata 2015, ereditata dal pittore architetto Paolo Tomio, la più numerosa associazione di artisti del Trentino Alto Adige. Barbara è la prima donna a presiedere quest’associazione, un incarico molto impegnativo. Tanto di Cappello (è proprio il caso di dirlo) quindi alla nostra Barbara! Che mi confida: ”In questi anni – oltre eventi estivi, a Villalagarina nel Palazzo Libera – ho curato tre Biennali della FIDA, sia a Trento che a Bolzano, con in media 45 artisti partecipanti. Ho sempre organizzato queste mostre mettendo in relazione le espressioni artistiche con tutte le altre discipline: scrittura, poesia, teatro, musica, filosofia… in modo da allargare il più possibile l’arco delle sensibilità artistiche. Ricordo, ad esempio, che nella Biennale scorsa sono riuscita ad avere come ospite Lorenzo Tugnoli, premio Pulitzer per la fotografia 2019.”
“Allargare l’arco delle sensibilità artistiche…”, dunque. Io però parlerei del “ventaglio delle sensibilità”. Perché mi viene in mente che questa figurazione è una delle predilette dalla nostra artista, con quei suoi meravigliosi pesci che aprono a ventaglio fantastiche code.
Quali le difficoltà maggiori per organizzare queste Biennali? ”Sicuramente la carenza di spazi per la Biennale FIDA quando deve essere ospitata a Trento. Negli anni scorsi è stata ospitata negli spazi della Torre Mirana, nella sala superiore e nei sotterranei. Ma in questi è stata individuata la presenza di radon e le sale sotterranee sono state quindi chiuse e sigillate. Ho verificato l’indisponibilità, per varie ragioni, di Palazzo Trentini. A questo punto resterebbe solo il Palazzo delle Albere, che però è defilato. Abbiamo comunque fatto domanda e attendiamo… Però volevo dire questo, con forza: a Bolzano ci hanno aperto ogni anno la Galleria Civica. A Trento ci è stata negata. La Galleria Civica è divenuta una costola del MART; ma se non si apre a manifestazioni come la nostra, a mio avviso bisognerebbe cambiare il nome alla Galleria: Civica significa della cittadinanza!”. Che Trento sia divenuta così priva di spazi per l’arte lo trovo vergognoso! Nonostante l’impegno così pesante della presidenza della FIDA Barbara Cappello è riuscita a realizzare anche qualche importante manifestazione con protagonista la sua arte, la sua creatività. Tralasciando le sue numerose collettive vogliamo citare la sua performance al Cafè de la Paix, a Trento, con Nibras Breigheche, figlia dell’iman trentino, dal titolo ”Di là dal vetro, Siria”, con lo scopo di raccogliere fondi per un container di cibo per i profughi. Furono raccolti 800 euro, con un’operazione tutta documentata.
Del 2018 è un mostra bipersonale alla Piccola Galleria di Bolzano con Andrea Pozza, un fotografo di Bolzano, dal titolo “Dell’Eros”, tema l’erotismo visto dall’occhio maschile e da quello femminile. Dello stesso anno, a Palazzo De Maffei di Lavis, un reading con George Wallace, poeta di fama internazionale, presidente, dell’Accademia di Scrittura George Whitman di New York. Un lettore professionista avrebbe dovuto leggere i versi di Wallace, tradotti in italiano, tratti dal libro Lo zolfo di Troia (edizioni ”La Finestra”, curata da Mario Albertazzi). Ma diede forfait. Albertazzi chiese di leggere a Barbara, che accettò. Wallace e Barbara si alternarono con la lettura in dialogo, di Wallace in inglese e di Barbara in italiano. Andò tutto bene.
Nel 2021 la nostra artista ritorna alla sorgente primigenia, a Venezia (il suo è un cognome veneziano: suo nonno Marzio arrivò dalla città di San Marco in Val dei Mocheni, dove una ragazza diciassettenne si innamorò di lui e scappò di casa per sposarlo). Così Barbara (un sangue misto come le sue fantasiose tecniche miste) discende da una coppia mochena-veneziana del tutto improbabile e forse unica. A Venezia la Cappello espose nel Ghetto, alla Galleria Visioni Oltre di Adolfina Stefani, in una mostra dal titolo Fuoricorpo, con testo critico di Fiorenzo Degasperi, commento di Angelo Tonelli, presentazione di Annachiara Marangoni. La mostra che ebbe un notevole successo, soprattutto tra i giovani, esponeva tra l’altro l’opera completa in 87 tavole illustranti Demetra e la pandemia.
E, sempre su questo tema, Barbara sta lavorando a un progetto nuovo dal titolo “Nuditudine” (il neologismo che coniuga la nudità con la solitudine è suo): ”Sono coinvolte 53 persone, ognuna che ha proposto una parola per definire il corpo, proprio e altrui – mi dice. Ne uscirà un libro di artista con le relative opere di questa straordinaria artista, che si presenteranno come poesie visive…”.
Da un paio d’anni Barbara, con la sua vigile sensibilità ecologica ha eliminato le colle: usa soltanto carta, macchina da cucire, china e gocce di smalto acrilico. Nelle sue predilette tecniche miste su carta, suo materiale preferito, utilizzando anche frammenti di fotografie, segni e disegni a penna, scritte, sovrapposizioni colorate, con uno stile personale, elegante e raffinatissimo, colto e sottilmente sensuale, magneticamente erotico, profondamente femminile, (senza mai scadere nel patetismo, nel decorativismo, nei “civettismi”, nel desiderio di compiacere che inficiano tanta pittura al femminile), questa singolare artista, brava quanto priva di esibizionismi, ci regala opere di un fascino che cattura.