È l’algoritmo l’unico, il vero Re del mondo

“Stai scrivendo al computer e all’improvviso l’intero file diventa inaccessibile e un avviso ti spiega che contiene contenuti sensibili”. Ma come hanno fatto a leggerlo, se la storia non era nemmeno finita? È quello che è successo a un’autrice cinese e, si scopre, a molti altri come lei, in un Paese che si prepara a far diventare una realtà la censura preventiva e oscurare il dissenso ancor prima che diventi pubblico”. Il fatto ce lo riporta Mashable Italia.

Be’, lo hanno letto perché scriveva sul “cloud”, dimenticando che il cloud non è affatto una nuvola che galleggia candida nell’etere, ma è semplicemente il computer di qualcun altro e che tu ci puoi scrivere solo perché te lo prestano. 

Ma se lo fanno una ragione c’è, e non è solo inviarti pubblicità personalizzata; questo è solo uno degli aspetti.

L’obiettivo vero è la raccolta dati. È il sapere. Sapere di te, di tutti e di ciascuno. Ma soprattutto raccogliere dati che potrebbero tornare utili un giorno.

Ma, ci chiediamo, esistono i collezionisti di dati? E a che gli serve sapere tutti questi particolari? Certo che sì, per i rapporti interpersonali, le news, le ricerche di mercato. Certamente anche per altro.

Ma le macchine sono davvero indispensabili? E che ruolo hanno? Difficile capirlo veramente.

Il primo computer venne creato da Alan Turing nel Regno Unito per decifrare il codice Enigma con cui i nazisti trasmettevano i propri dispacci bellici. Era semplice nella sua complessità. Il nucleo della macchina era fisico (hardware, si direbbe oggi) e serviva a scomporre un testo crittato nelle sue componenti usandole per tentare innumerevoli combinazioni fino a trarne una di senso compiuto, generalmente partendo da piccoli gruppi di segni ripetitivi il cui significato poteva essere intuito. Un poco come fece Champollion con i geroglifici. L’incipit di ogni dispaccio, per esempio, era sempre uguale: i Tedeschi sono maniacali nei particolari.

Però il tempo era poco, perché il codice di Enigma veniva cambiato ogni giorno. Per questo serviva una macchina. Il cervello umano va per intuito, non segue regole precostituite. La macchina elabora dati.

Oggi si usano modi diversi, le macchine sembrano ragionare; ma il sistema è sempre elaborare dati.

Tutto il mondo web è costruito intorno alla accumulazione di dati. A che servono? Il mio timore è che l’uomo non lo sappia più molto bene, che non lo controlli, che l’utilizzo dei dati, insomma, venga già da ora affidato alle macchine. E questo inquieta.

Se poniamo attenzione è una nostra esperienza quotidiana, i social consentono teoricamente di interagire con chiunque al mondo, che non è poco, e al contempo di controllare cosa pensa chiunque nel mondo si connetta e interagisca. Le persone vi scrivono, esprimono un parere, sono quasi sempre persone reali, e concorrono com’è giusto a costruire contenuti atti a formare la cd “opinione pubblica”. Ma alla base di tutto ci sono già le macchine. Tutto è diretto da algoritmi, che sono ormai così complessi da poter essere scritti solo da altre macchine.

Sarebbe bello poter pensare che il fine è quello di compattare i simili e di invitare alla discussione i contrapposti. Ma non è vero.

È solo un nudo ragionamento da macchina: sono solo  i contatti che interessano. Intanto vengono acquisiti. Un algoritmo, che è più il cervello delle macchine, qualcosa ne farà. Magari senza neanche avvertirci.

E l’algoritmo è il vero Re del mondo.

Possiamo consolarci pensando che  il termine, almeno, ha origine umana. Risale al IX secolo, quando la scienza parlava arabo e Baghdad era il centro della cultura matematica. Uno dei matematici (e non solo) più famosi, un genio universale, si chiamava Muhammad ibn Musa al-Kuwarizmi. Da lui prese il suo nome il nostro futuro padrone: Al Kuwarizmi – Algorithmus – Algoritmo.

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Pubblicato da Stefano Pantezzi

È nato a Rovereto nel 1956 e cresciuto a Trento, vive a Pergine Valsugana. Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Bologna, è avvocato da una vita. Ha pubblicato la raccolta di poesie “Come una nave d’acqua” (2018) e alcuni racconti in antologie locali. “Siamo inciampati nel vento” (Edizioni del Faro) è il suo primo romanzo.