Il lucherino

“Un dei oseleti che me pias de pu l’è el lugherin. E a elo, professor?”

“Anche per me è uno dei miei preferiti. Da ragazzo bazzicavo in Piazza delle Erbe a Trento e nella piazza, accanto alla frutta, alla verdura, ai funghi venivano messi, in vendita, in minuscole gabbie, anche gli uccelli canterini. Uno di quelli che più mi attiravano era il lucherino (o lucarino). Poi sono venute le proteste degli ambientalisti, la coscienza è cresciuta e la cattura degli uccelletti col vischio e le reti è stata giustamente proibita”.

“Da bocia gavevo anca mi la passion de oselar col vis’cio. Po son cressù e i oseleti ciapadi i m’ha fat pecà. No ho pu oselà. Che i sgola liberi en d’el ziel i oseleti, bei come che i è!”

“Certo. E il lucherino, per la sua elegante livrea, per il suo canto incantevole, per la sua innata simpatia piace a tutti. E ciò è, secondo me, testimoniato dagli innumerevoli nomi dialettali con cui viene chiamato: logarìn, dugarìn, nogarìm, lugherìm, lugurìm, lughierìn, lùgher e molti altri. Anche a Trieste e in Istria, chiamano lùgher il lucarino. Il triestino Paolo Rumiz, ha scritto un bel libro dal titolo Come cavalli che dormono in piedi, alla scoperta delle memorie dei soldati uccisi nella Grande Guerra, in particolare dei centomila triestini e trentini. Rumiz scrive che i lùgheri in dialetto triestino sono passeracei di un verde simile alle divise austroungariche. Così a Trieste la parola divenne sinonimo di austriaco o tedesco. Questo uccellino ha un nome che forse ha a che vedere con luce, per via del colore delle sue penne (in celtico Lug è il dio del sole). È un uccellino diffuso in tutta l’Asia e l’Europa, specialmente nei boschi dell’Arco Alpino e fa il suo nido…”.

“’Sto chì ‘l so anca mi : i fa el nif sui àrboi e i magna vegetài e inseti. No i fa dani e i è carini e canterini…”

“È vero. Il loro canto è allegro, fatto di cinguettii veloci. (Ma non teneteli in gabbia: liberàteli come faceva Leonardo che li comprava e poi apriva le gabbie!). Se si vuole gustare il loro canto basta andare nel bosco con un esperto e imparare a riconoscerlo, anche se non si vede il lucherino. E se ti viene questa passione di riconoscere il canto degli uccelli, ci sono delle registrazioni: si va nel bosco col registratore e si impara a riconoscere il verso dei volatili, così come si impara a riconoscere i funghi…” E lì nel bosco ci sono due maschi che parlano. Uno dice: Son nà a dar aqua al lugherìn… A fare che cosa? gli chiede l’altro, non pratico di modi di dire in dialetto trentino”.

“A far la lorina“.

“Che cosa?”

“Ensoma, a pissar!”

“L’è magro come en stiz, quel popo: ma ghe ‘n dat assà da magnar?”

“Zerto, ma ’l magna tant che en lugherin!“

“Anca ’l mio no ‘l me magna gnent: no so pu cossa darghe…”

”At provà co le lengue de lugherin?”

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Pubblicato da Renzo Francescotti

Autore trentino dai molti interessi e registri letterari. Ha al suo attivo oltre cinquanta libri di narrativa, saggistica, poesia in dialetto e in italiano. È considerato dalla critica uno dei maggiori poeti dialettali italiani, presente nelle antologie della Garzanti: Poesia dialettale dal Rinascimento a oggi (1991) e Il pensiero dominante (2001), oltre che in antologie straniere. Sue opere sono tradotte in Messico, Stati Uniti e in Romania. Come narratore, ha pubblicato sei romanzi: Il Battaglione Gherlenda (Paravia, Torino 1966 e Stella, Rovereto 2003); La luna annega nel Volga (Temi, Trento 1987); Il biplano (Publiprint, Trento 1991); Ghibli (Curcu & Genovese, Trento 1996); Talambar (LoGisma, Firenze 2000); Lo spazzacamino e il Duce (LoGisma, Firenze 2006). Per Curcu Genovese ha pubblicato Racconti dal Trentino (2011); La luna annega nel Volga (2014), I racconti del Monte Bondone (2016), Un Pierino trentino (2017). Hanno scritto prefazioni e recensioni sui suoi libri: Giorgio Bàrberi Squarotti, Tullio De Mauro, Cesare Vivaldi, Giacinto Spagnoletti, Raffaele De Grada, Paolo Ruffilli, Isabella Bossi Fedrigotti, Franco Loi, Paolo Pagliaro e molti altri.