Uno dei più abili costruttori di orologi attivi in area trentina nel secolo dei Lumi fu Domenico Mezzanotte. Era nato a Cinte Tesino nel 1731, ma nulla sappiamo della sua giovinezza e della sua formazione. La prima opera di cui ci è giunta notizia risale al 1766, quando già godeva fama di “valente orologiaio” e gli fu perciò affidata la costruzione dell’orologio del campanile di Pergine, come ci informa lo storico locale Tommaso Bottea. Del manufatto rimane solo il progetto, che si conserva nell’archivio storico comunale. Tre anni dopo Mezzanotte costruì il nuovo orologio da torre di Borgo Valsugana, dotato di quattro quadranti. Stando a quanto scrisse nelle sue cronache il padre francescano Marco Morizzo, nel 1896 il meccanismo funzionava ancora, ma non troppo bene. In seguito fu sostituito.
Da fonti archivistiche inedite apprendiamo che nel 1782 il Mezzanotte rifece l’orologio del campanile di Cavareno in Val di Non: lo attesta una quietanza di pagamento conservata nel locale archivio parrocchiale (il documento mi venne segnalato, molti anni fa, dal prof. Costantino Pellegrini, all’epoca sindaco di Cavareno). Nel libro dei conti della parrocchia di Vervò, in data 15 agosto 1776, è registrato un pagamento di 200 troni “per l’orologista Bertolla di Rumo e maestro relogista di Tasin Domenico Mezzanotte” per il nuovo orologio del campanile. Il conto veniva saldato l’anno successivo a favore del solo Mezzanotte, per un importo di 314 troni. Questi documenti, recentemente ritrovati da Piergiorgio Comai, ci assicurano che Mezzanotte era in rapporto professionale con Bartolomeo Antonio Bertolla, il più rinomato orologiaio del Trentino, il quale teneva bottega a Mocenigo di Rumo: poiché quest’ultimo era molto più anziano, si può ipotizzare che Mezzanotte avesse appreso l’arte orologiaria proprio dal Bertolla.
Oltre a costruire e riparare orologi da torre, Mezzanotte era in grado di realizzare raffinate pendole da stanza. Il suo capolavoro è custodito in una raccolta privata milanese ed è stato esposto quest’anno alla mostra Ore italiane, allestita al Museo Galileo di Firenze. Si tratta di un ingegnoso orologio astronomico, che reca incisa sulla platina posteriore la sua firma: “Dominico Mezzanotte”. Nella sobria cassa in legno ebanizzato è racchiusa una meccanica assai complessa, dotata di tre treni: uno per la misura del tempo con autonomia di trenta ore; uno per la suoneria; il terzo treno – che si attiva solo a mezzanotte – aziona una cremagliera che provvede al movimento di tutte le indicazioni astronomiche e astrologiche. La mostra in rame sbalzato contiene ben undici quadranti, che indicano le ore diurne e notturne, i minuti, il giorno della settimana e del mese, il mese dell’anno, il giorno lunare e la stagione.
L’orologio è stato minutamente descritto da Antonio Lenner, curatore della mostra fiorentina, il quale evidenzia che “in corrispondenza della lancetta delle ore vi è un disco che porta il simbolo del sole. Quest’ultimo, grazie a un sistema a due orizzonti mobili, indica la posizione del sole nel cielo e la durata del giorno. Nella parte centrale del disco rotante sono incisi i dodici segni zodiacali”. Altri quadranti venivano utilizzati per calcolare le feste mobili, il numero domenicale, l’indizione romana e ulteriori segni “celesti” e “inferni”.
Domenico Mezzanotte morì a Cinte Tesino il 28 giugno 1797. La sua figura rimase ignota agli studiosi di orologeria fino al 1966, anno in cui lo storico triestino Enrico Morpurgo scoprì il suo orologio astronomico e lo pubblicò sulla rivista La clessidra, presentandolo come “opera di uno sconosciuto artigiano, che ci lasciò un lavoro sorprendente”.