Orsi, Pup, sci alpinismo: le nuove sfide 

Walter Ferrazza. Sullo sfondo il Brenta innevato da malga Ritort (ph. Alessia Frizzi)

Riconfermato all’unanimità, dal Comitato di gestione, presidente del Parco Naturale Adamello Brenta, dopo le dimissioni presentate a inizio dicembre, Walter Ferrazza ha le idee chiare: “Ci sono nuove sfide che il Parco dovrà affrontare, assieme anche alle altre aree protette del Trentino e dell’intero arco alpino, perché molte problematiche sono comuni per chi si occupa di protezione dell’ambiente”.

In cima a queste sfide, per una realtà come il Parco Adamello Brenta, che ha l’orso persino nel suo logo, vi è la gestione dei grandi carnivori, giusto?

La morte di Andrea Papi, il 5 aprile dello scorso anno, è stato un evento sconvolgente. Quello che come Parco ci sforziamo di far capire è che la questione della presenza nelle nostre montagne di orsi e lupi può e deve essere affrontata con gli strumenti della razionalità e della scienza. Il rischio zero in un ambiente difficile come la montagna non esiste: ma è nostro dovere fare tutto il possibile perché eventi del genere non accadano.

Nel concreto, cosa può fare il Parco?

La domanda giusta è cosa fa il Parco. Innanzitutto, usa gli strumenti che gli sono propri: la ricerca e il monitoraggio sono fondamentali. Abbiamo in lavorazione ad esempio – e lo abbiamo pensato ben prima della tragedia del 5 aprile – un nuovo progetto assieme all’Università di Sassari e alla Ca’ Foscari di Venezia, di taglio antropologico, per indagare il rapporto fra umani e fauna selvatica, in particolare i grandi carnivori. Su questo terreno scontiamo un deficit culturale enorme: c’è ancora chi tratta gli animali selvatici come se fossero instagrammabili. Non è così. La fauna selvatica va rispettata, guai a inseguirla per un selfie. Ne va della sicurezza dell’uomo ma anche dell’animale, che se acquista troppa confidenza con gli esseri umani prima o poi provocherà un incidente o dovrà essere abbattuto. La parola d’ordine deve essere prima di tutto consapevolezza.

Quindi, più educazione e informazione.

Stiamo per pubblicare un nuovo vademecum per gli escursionisti, con indicazioni concrete da osservare se si va nei boschi, al fine di prevenire l’eventualità di incidenti con orsi o altre specie. Rivedremo anche la cartellonistica, che è presente capillarmente sul territorio ma che veicola un’immagine dell’orso non adeguata. Faremo tutto questo confrontandoci con ogni altro soggetto interessato, a partire dalla Provincia autonoma di Trento.

Navetta in Val Genova (ph. archivio Pnab)

E sul versante prelievi?

Il Pacobace, cioè il documento-guida dell’allora Istituto nazionale della fauna selvatica, oggi Ispra,  sottoscritto da tutte le amministrazioni pubbliche delle Alpi centro-orientali, a cui dobbiamo attenerci, prevede già la possibilità di rimuovere gli esemplari  giudicati “problematici”, magari perché troppo confidenti; ed ecco che ritorna quello che dicevo prima, non incoraggiare il contatto fra uomo e animale selvatico, pericoloso per entrambi. Noi pensiamo che sul piano pratico ed anche etologico sia preferibile l’abbattimento alla captivazione, ovvero a rinchiudere l’animale per anni in un’area circoscritta. Ciò che conta per il conservazionista comunque è la sopravvivenza della specie non del singolo esemplare. Perciò dobbiamo ritenere oggi ancor più essenziale, per una accettazione della presenza dell’orso, l’avvio di un programma di carattere tecnico-scientifico e socio-economico finalizzato alla individuazione di una soglia numerica di orsi tollerabile sul territorio che, tenendo conto sia delle esigenze biologiche della specie sia di quelle sociopolitiche dell’uomo, possa rappresentare una sorta di patto sociale con le genti che vivono le terre abitate dai grandi predatori. Questo obbliga necessariamente a sviluppare iniziative mirate a modificare l’attuale quadro legislativo così che le rimozioni dei soggetti problematici possano essere efficaci.

Parliamo delle altre sfide: che cosa si attende per i prossimi due anni, quindi fino allo scadere del suo mandato?

Innanzitutto la revisione del Piano urbanistico provinciale, come annunciato dal nuovo assessore provinciale, comporterà interventi che impatteranno anche sull’area del Parco: un esempio su tutti i richiesti ampliamenti degli impianti sciistici. Come Parco dobbiamo incoraggiare le società impiantistiche a fare scelte virtuose, sulla scia di Funivie Pinzolo, che fin dal 2004 si è impegnata su questo fronte acquisendo le certificazioni europee e che recentemente ha annunciato di essere diventata “carbon neutral”. Non a caso anche il Parco avrà presto un’area espositiva nella stazione a monte della nuova telecabina del Doss del Sabion. In prospettiva ritengo che il Parco possa e debba essere un interlocutore primario per definire la sostenibilità del turismo invernale, partecipando alla pianificazione delle attività e con azioni concrete come ad esempio la gestione di parcheggi di attestamento e bus-navetta. Abbiamo appena festeggiato i vent’anni dall’avvio dei progetti di mobilità sostenibile durante i mesi estivi, il cui bilancio è assolutamente positivo. Perché non cominciare a ragionare su un impegno analogo anche durante l’inverno?.

C’è la questione dell’accesso alle piste da sci degli sci-alpinisti.

Noi siamo favorevoli all’utilizzo delle piste da sci, nell’interesse innanzitutto della fauna selvatica. Anche qui, è necessario arrivare ad una norma concordata con i gestori degli impianti. L’intento deve essere quello di preservare la montagna “selvaggia”, e le specie faunistiche che la popolano, dalla presenza eccessiva dell’uomo, consentendo al tempo stesso a chi ama risalire i versanti montuosi con le pelli di foca di farlo, per poi ridiscendere lungo le piste.

Il Parco ha rilasciato numerose deroghe di carattere edilizio per strutture ricettive. Come mai?

Dal 2021 ne sono state rilasciate 6, ad altrettante strutture. Considerato che dal 2011 al 2020 ne erano state rilasciate 9, c’è stata una vera impennata. Prima era una questione soggettiva che noi abbiamo oggettivizzato con precise linee guida. Non vogliamo trasformare i rifugi in hotel 4 stelle, ovviamente. Lo spirito con cui abbiamo adottato la delibera che ha aperto la strada a questo cambio di rotta è semplice: favorire il miglioramento delle strutture sul piano energetico, paesaggistico, e offrire servizi di miglior qualità ai visitatori, senza aumentare la ricettività. In sostanza, migliorare le strutture senza incidere sull’ambiente: tutti contenti no?

Quadro ambizioso. Cos’altro rimane?

Le proposte culturali, che continueranno a crescere, così come la comunicazione. Ma anche l’impegno delle nostre squadre per la manutenzione del territorio, sulla base delle convenzioni sottoscritte con i Comuni del Parco. Oltre agli impegni già in corso voglio ricordare il progetto che riguarda il recupero e la valorizzazione dei sentieri della Grande Guerra, che sono sentieri “della memoria”. Il Parco conferma inoltre l’utilizzo dello strumento del Piano incentivi, che permette di attivare bandi annuali per la tutela ed il recupero ambientale delle attività tradizionali, agronomiche e zootecniche, il restauro di edifici ed altri interventi per rafforzare l’identità del territorio. A fine 2023 abbiamo approvato il nuovo Piano, per complessivi 150.000 euro, estendendolo anche agli edifici da destinare al turismo sociale, colonie e simili. Anche questo è “fare Parco”. In sostanza il Parco è una grande opportunità e il fatto che qualche Amministrazione chiami per chiedere come farne parte è senza dubbio motivo di orgoglio. Oggi la sfida del Climate Change obbliga ad un cambiamento repentino e radicale, facendo leva sulla scienza e sulla coscienza individuale di ognuno di noi, cittadini, imprese e istituzioni: chi meglio di un’area protetta può governare questo pensiero.

Caprioli (ph. Enrico Delvai)
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Pubblicato da Pino Loperfido

Autore di narrativa e di teatro. Già ideatore e Direttore Artistico del "Trentino Book Festival". I suoi ultimi libri sono: "La manutenzione dell’universo. Il curioso caso di Maria Domenica Lazzeri” (Athesia, 2020) e "Ciò che non si può dire. Il racconto del Cermis" (Edizioni del Faro, 2022). Nel 2022 ha vinto il premio giornalistico "Contro l'odio in rete", indetto da Corecom e Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige. Dirige la collana "Solenoide" per conto delle Edizioni del Faro.