Quando Primo Levi si chiamò Damiano

Damiano Malabaila, chi era costui? Nel 1966, quando questo librò uscì per la prima volta, furono in molti a chiederselo, considerato che fu Italo Calvino a volerne la pubblicazione. Fino a quel momento Primo Levi era l’autore di due testi che riguardavano Auschwitz e al direttore di Einaudi, Cerati, non parve elegante né credibile usare il nome di chi aveva scritto “Se questo un uomo” e de “La tregua”.

Tuttavia Levi spiegò che quanto andava prefigurando in quei racconti non era molto diverso dalla dittatura nazista. La “cosa” nazista – spiegò in una prefazione – stava per lasciare il posto ad una “cosa cosa”.

Ma di che si tratta, dunque? Sono 15 racconti che prefigurano in modo inquietante il futuro tecnologico. Computer, droni, stampanti 3D, A.I.: il lettore di oggi li riconoscerà, rabbrividendo di fronte alle doti di preveggenza del chimico Levi. Autore che percepisce una smagliatura nel mondo in cui viviamo, il “vizio di forma” che di lì a poco vanificherà il nostro universo morale.

Condividi l'articolo su:
Avatar photo

Pubblicato da Pino Loperfido

Autore di narrativa e di teatro. Già ideatore e Direttore Artistico del "Trentino Book Festival". I suoi ultimi libri sono: "La manutenzione dell’universo. Il curioso caso di Maria Domenica Lazzeri” (Athesia, 2020) e "Ciò che non si può dire. Il racconto del Cermis" (Edizioni del Faro, 2022). Nel 2022 ha vinto il premio giornalistico "Contro l'odio in rete", indetto da Corecom e Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige. Dirige la collana "Solenoide" per conto delle Edizioni del Faro.