Artista trentina residente a Bologna, Serena Dalla Torre è plurititolata campionessa di Body Painting e artista di Belly Painting, la pittura dei pancioni delle mamme. Con entusiasmo racconta a TRENTINOMESE i suoi inizi, il suo percorso artistico e molti interessanti dettagli della sua particolare espressione d’arte. Inclusa la nostalgia delle mele e del dialetto…
Originaria di Flavon in val di Non, classe 1978, Serena frequenta il liceo scientifico a Cles, a cui segue la laurea in storia e critica d’arte al DAMS di Bologna. Si trasferisce nel capoluogo dell’Emilia Romagna e intanto vince il concorso indetto dalla Provincia di Trento per fare la guida museale nei mesi estivi. Arriva proprio a Castel Thun: da sempre un sogno e per di più davanti a casa. Fino qui niente di strano. Una storia di lineare carriera, che arriva però ad una svolta. Ed in maniera del tutto casuale.
Serena, raccontaci come inizia la passione per la pittura sul corpo.
Quando la mia prima figlia ha cominciato ad andare alla scuola materna ed a frequentare le festicciole, io ero sempre attaccata al tavolino del “truccabimbi”; è cominciata a piacermi così l’arte della pittura su corpo. Poi il passo successivo: compro un po’ di colori e provo. E così è iniziata. Per un po’ di anni ho fatto truccabimbi, fino a quella sera in cui…
Che cosa è successo?
È stato un caso fortuito. Avevo un ospite a cena e parlando del più e del meno, mi riferisce di un’amica che era campionessa di Body Painting. Body che?! Ho detto io. Siamo alla fine del 2017. Lì mi si è aperto un mondo. E poi nel momento in cui ho visto il corpo di una modella, vivo, dipinto, mi sono venute le farfalle allo stomaco.
Non si sa molto di questa particolare forma d’arte pittorica.
Una cosa che mi ha sempre stupito, in tutto il percorso di studi che ho fatto, è che pochissime persone mi hanno parlato, fatto vedere o anche solo accennato alla body art, pur essendo un’arte che ha una storia incredibile. Partiamo dall’Africa, dall’India, fino ai Maya e agli Aztechi. Una storia di grande importanza, eppure nella storia dell’arte non viene presa in considerazione.
Lo studio del corpo umano ha grande importanza per te.
In tutto il mio percorso ho amato sempre le sculture che rappresentano il nudo femminile e, in generale, tutto quello che riguardava il corpo umano riprodotto, dipinto e/o scolpito. Ho la casa piena di manichini, pezzi di gambe e braccia! E il fatto di vedere questo corpo “vivo” sul quale si poteva dipingere e riportare tutto quello che si aveva nella mente, è stata una folgorazione.
Ma prima dipingevi? Disegnavi?
Me lo chiedono tutti! No. La mia formazione e di conseguenza la mia forma mentis è stata quella di rimanere su impostazioni auliche, sulla letteratura, senza mettere le mani in pasta. Sono rimasta sul logos del discorso, sulla critica, sull’osservazione. Arrivato il Body Painting, finalmente ho rivoltato me stessa, la mia anima.
Come hai cominciato a lanciarti nel mondo delle competizioni?
Un’artista mi ha chiesto di farle da assistente, ai campionati italiani nel 2017. Qui mi è partito l’embolo e ho cominciato a fare gare. Le gare non sono altro che dei modi di esprimerti al meglio: quando fai una gara sei sotto pressione ed io, da sempre – anche al liceo, agli esami d’università – devo essere sotto pressione per rendere al mille per mille. La gara mi dà l’adrenalina giusta. In più è una gara con me stessa, perché ogni volta alzo l’asticella.
Quali sono i criteri di valutazione in gara?
Nelle gare ci sono 3 parametri di valutazione: competenza tecnica (come dipingi), rispetto del tema dato (perché ogni gara ha un tema assegnato mesi prima) e la qualità d’insieme, l’effetto “wow”. Io ho fatto cinque primi posti e quattro secondi.
Prepari su carta l’idea che hai?
Nelle gare vengono dati i temi 3/4 mesi prima. Io studio il tema, sento quello che mi ispira, faccio ricerche e poi mi preparo un bozzetto cartaceo che poi viene tarato, modellato sulla modella che hai. Ognuno sceglie la propria modella: può essere sempre la stessa, può essere diversa. Attenzione: si parla di modella non nel senso di misure: può avere anche un fisico importante. Io, ogni volta che ho un bozzetto, lo vedo su una modella particolare. E chiamo una piuttosto che un’altra in base a quello che secondo me sta meglio.
Quindi dalla carta al corpo.
Noi artisti di Body Painting pensiamo in 3D, cioè pensiamo al nostro bozzetto applicandolo a tutte le rotondità (seno, pancia, sedere); quindi lo realizziamo in 2D (sul foglio) per poi andare a realizzarlo sul 3D che è il corpo. Qual è l’obiettivo? Sfruttare le rotondità del corpo per annullarle. Tu prendi un seno, vuoi farci un viso: sfrutti la rotondità per annullarla e farla diventare altro. Questa abilità si raggiunge con la pratica e con l’istinto.
Parliamo dei modelli.
Io lavoro solo su donne, ma ci sono anche modelli uomini. Indossano degli slip color carne, non sono completamente nudi; e hanno, generalmente, degli adesivi sul seno. Ma una volta dipinte, le modelle dicono: non mi sento nuda! Va sottolineato che questa forma d’arte non va confusa con aspetti legati al nudo, al sexy o all’erotismo.
Modella: Reira Nanami. Assistente: Katia Malatesta. Primo posto al “Dante Body painting Contest” di Ravenna. Foto: Barbara Nieddu Modella: Rossella Gelsi
I colori?
Sono colori professionali, sicuri e certificati a base di acqua e glicerina, che vanno via con l’acqua. Se ci pensiamo è un’arte effimera: le gare durano sei ore. È uno sport estremo, vieni fuori che non capisci neanche dove sei, però tutto si lava via in mezz’ora di doccia. Quindi per noi è molto importante la fotografia, che fissa il lavoro. Si capisce quindi che le due arti vanno insieme.
Una passione che è diventata il tuo lavoro.
Una parte importante del mio lavoro è il Belly Painting, perché col body painting non si mangia. Tutti noi artisti stiamo cercando di divulgare quest’arte nelle fiere, alle inaugurazioni ecc.. Io vivo con il Belly Painting, settore specifico per la maternità.
Cioè dipingi i pancioni delle mamme. Da cosa nasce questa richiesta?
Significa vivere un’esperienza. Io lo dico sempre quando mi chiamano. Cara mamma, non è un mero dipinto: è anche molto rilassante. Ti faccio un esempio: quando dipingo sulla destra di un pancione, il bambino va a destra e lo stesso succede se dipingo dall’altra parte. E quando vado a dare i dettagli col pennellino, tirano i calci proprio in quel punto. Questo vuol dire che interagiscono con le sensazioni della mamma.
Non è solo un effetto estetico quindi.
Si tratta di un’esperienza sensoriale, perché le mamme vedono nascere su di esse un’opera d’arte. E poi si portano a casa una fotografia. I miei dipinti sono molto personalizzati: io cerco sempre di ascoltare la storia e di arrivare al dipinto perfetto. Poi io insegno anche a trasferire il dipinto su tela. Prendono una stoffa di cotone su cui imprimono il dipinto, così da rivivere l’emozione.
Non lavori solo sui corpi.
Una parte del mio lavoro è anche il dipinto su stoffa e su pelle. Sempre legato alla maternità, dipingo le scarpine nascita, ma anche altro. Ad esempio, un paio di scarpe da ginnastica da ragazza tutte dipinte.
modella: Damiana Nesi
I soggetti? Cosa disegni?
Per ogni lavoro, io ascolto. Dico sempre alle mamme: l’ispirazione non prendetela da lavori già fatti; l’ispirazione viene da un’immagine, da un viaggio che hai fatto, dalla storia che hai dietro, dal significato del nome del bambino. Io, in base a tutto quello che sento, metto insieme l’immagine che reputo migliore e la propongo. Può essere un paesaggio, può essere il mare.
E a livello emotivo?
Ogni dipinto che faccio me lo ricordo. Non mi ricordo i nomi delle persone, ma risalgo alla persona attraverso il dipinto. Tante volte, a lavoro ultimato, mi sono emozionata e commossa. Dopo l’ultima pennellata, appoggio il pennello, guardo la mamma negli occhi e mi commuovo. Perché lascio qualcosa di me. Non solo la mia abilità, ma anche la mia anima.
Obiettivi futuri?
Nel 2019 ho conquistato il titolo italiano, quindi sono ancora in carica, perché nel 2020 non si sono svolti per l’emergenza sanitaria. Ho partecipato ai miei primi mondiali – dovevamo andare in Austria, ma hanno fatto la covid edition – e con mia grande sorpresa su 130 partecipanti sono arrivata tredicesima, quasi nella top ten e sono contentissima. Adesso sicuramente ci saranno gare, come i mondiali del 2021. E poi ci sono altri progetti in cantiere…vedremo. Una cosa che voglio fare è l’effetto camouflage, cioè il camuffamento della modella col paesaggio. E magari al lago di Tovel.
Ecco, cosa ti manca del Trentino?
Mi manca la mia famiglia, mi mancano le mele, le montagne, camminare. Mi manca parlare in dialetto. Perché io ci tengo tantissimo, ai miei figli parlo in dialetto. Quando vanno a Flavon un po’ lo parlano e comunque lo capiscono. È una parte della nostra cultura. E poi ci sono certe espressioni che non si possono tradurre!
Quest’arte sta cominciando a farsi conoscere anche da noi.
L’anno scorso c’è stato in Trentino il primo contest di Body Painting. A Sarnonico avevo fatto una demo per introdurre quest’arte in val di Non. Dopo le perplessità iniziali di vedere la ragazza nuda, c’è stato molto entusiasmo: davanti al risultato finale io avevo dipinto sulla schiena di una modella (Chiara Berti, miss Trentino di qualche anno fa) la leggenda della mula con castel Belasi. In un altro contest ho dipinto il lago di Tovel. In questo modo, cerco di portare sempre con me – nelle immagini e nell’anima – pezzi del mio Trentino.