Storia di un orologio e del suo donatore

Bruno Parisi con l’orologio di Giuseppe Dominici. Milano, archivio privato

In un archivio privato di Milano si conserva una fotografia che racconta una bella pagina di storia della cultura nell’Italia del secondo dopoguerra. È un ritratto di Bruno Parisi (Taio 1884 – Roveré della Luna 1957), zoologo trentino di fama internazionale, seduto nel proprio studio accanto a un orologio da camera del XVIII secolo.

Figlio di un medico della Val di Non, Parisi crebbe a Roveré della Luna e frequentò il Ginnasio-Liceo a Trento. Nel 1904 si iscrisse alla Facoltà di Scienze Naturali di Innsbruck ma non gli fu possibile proseguire gli studi in Austria perché coinvolto nelle proteste organizzate quell’anno dagli studenti trentini allo scopo di ottenere l’Università in lingua italiana. Si trasferì perciò a Torino, dove si laureò nel 1908. Due anni dopo fu assunto al Museo Civico di Storia Naturale di Milano, istituzione di cui divenne direttore nel 1928, rimanendo in carica fino al 1951. Per alcuni anni fu anche presidente della Società Italiana di Scienze Naturali. Dopo il pensionamento ritornò a vivere in Trentino, dove si spense il 26 gennaio 1957 nella casa paterna a Roveré della Luna. Accanto agli studi di zoologia Parisi coltivò la passione per l’orologeria antica. L’orologio visibile nella fotografia si conserva oggi al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano, dove pervenne per donazione nel 1956 insieme alla sua importante collezione di orologi da tasca. Questo atto di liberalità mirava ad arricchire e qualificare le raccolte del nuovo museo, che era stato inaugurato nel 1953. Purtroppo qualche anno fa la sezione di orologeria è stata disallestita e da allora non è più fruibile da parte del pubblico. La piccola pendola di Parisi documenta l’eccellenza tecnica ed estetica raggiunta dai maestri orologiai trentini nel corso del XVIII secolo. 

La meccanica in metallo è opera di Giuseppe Dominici, come attesta la firma “Joseph Dominici” incisa sul quadrante e ripetuta sulla platina posteriore con l’aggiunta dell’indicazione “Trento”. Il movimento con scappamento a verga e regolazione a pendolo prevede la carica anteriore a chiavetta per il tempo, per la suoneria delle ore e dei quarti e per la sveglia. L’elegante cassa in legno di frutto è opera di un ignoto ebanista di area trentina: è dotata di un cassetto per la custodia della chiave di carica e di una maniglia in ottone per il trasporto.
La mostra metallica è impreziosita da pietre colorate, elementi ornamentali caratteristici degli orologi di Dominici, e da un’apertura in alto al centro destinata a ospitare un’immagine dipinta oppure lo stemma del proprietario. La vicenda biografica di Giuseppe Dominici rimane in gran parte da ricostruire. A dispetto delle accurate ricerche archivistiche condotte da padre Lino Mocatti, il compianto bibliotecario del convento dei Cappuccini di Trento, gli estremi anagrafici di questo geniale artigiano non sono mai stati precisati. Il cognome sembra tuttavia da ricondurre al paese di Romallo in Val di Non, dove è attestato fin dal XVI secolo. Iscritto alla corporazione degli orologiai di Innsbruck, Dominici tenne bottega a Trento e si dedicò prevalentemente alla realizzazione di orologi da camera e “da scarsella”, come si deduce dai manufatti che riportano la sua firma e da un appunto relativo all’anno 1740 inserito dal cronista francescano Giangrisostomo Tovazzi nella sua Prezzologia trentina. L’ultima notizia che lo riguarda risale al 1785, anno in cui risultava proprietario di una casa con orto a Trento “sopra la Cervara”. La meccanica di un suo orologio da carrozza si trova a Parigi presso il Conservatoire National des Arts et Métiers, mentre un orologio da tavolo da lui firmato appartiene alle collezioni storiche di Castel Thun.

L’orologio di Giuseppe Dominici donato da Bruno Parisi al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano
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Pubblicato da Roberto Pancheri

È nato a Cles nel 1972 e vive felicemente a Trento. Si è laureato in Lettere a Padova, dove si è specializzato in storia dell’arte. Dopo il dottorato di ricerca, che ha dedicato al pittore Giovanni Battista Lampi, ha lavorato per alcuni anni da “libero battitore” e curatore indipendente, collaborando con numerose istituzioni museali e riviste scientifiche. Si è cimentato anche con il romanzo storico e con il racconto breve. È infine approdato, per concorso, alla Soprintendenza per i beni culturali di Trento, dove si occupa di tutela e valorizzazione del patrimonio artistico. La carta stampata e la divulgazione sono forme di comunicazione alle quali non intende rinunciare, mentre è cocciutamente refrattario all’uso dei social media.