In questa rubrica spesso diamo suggerimenti su come condurre uno stile di vita più sostenibile, ad esempio nel modo di spostarsi, evitando di sprecare il cibo e utilizzando prodotti di seconda mano, durevoli o riciclabili. Forse è meno scontato pensare che uno dei modi più impattanti per incidere positivamente sull’ambiente è però attraverso il lavoro. Ebbene sì, i green jobs, ovvero i lavori “verdi” sono, secondo la definizione di Unioncamere, quegli “impieghi che mirano a salvaguardare la Terra e il suo benessere, cercando di sostenere lo sviluppo umano senza però impattare in modo negativo sull’ambiente circostante”. Non tutti sanno che in Italia ci sono molte più persone di quanto non si crede che svolgono un lavoro verde. Secondo il rapporto GreenItaly, redatto annualmente da Unioncamere e Fondazione Symbola, nel nostro paese sono oltre 3 milioni i lavoratori verdi (2022). Numeri destinati ad aumentare, perché le aziende sono letteralmente affamate di profili in possesso di competenze green. Anzi, in buona parte dei casi faticano a trovare un numero di professionisti sufficiente a soddisfare la domanda crescente! Sono infatti sempre di più le imprese che investono sulla sostenibilità, – ad oggi in Italia se ne contano oltre 530.000 – e il rapporto dimostra che sono più competitive di quelle “tradizionali”. Ma quali sono quindi questi lavori verdi? A tutti verranno subito in mente professioni come l’operatore ecologico o l’agricoltore biologico… certamente, ma non solo. La sostenibilità è trasversale a moltissimi settori ed è quindi possibile riconvertire gran parte delle professioni in chiave green. Tra i profili più richiesti ci sono ingegneri energetici, ingegneri dei materiali, manager della sostenibilità e della mobilità, ma anche esperti di marketing sostenibile, esperti di diritto ambientale, specialisti in contabilità verde e in investimenti in fondi sostenibili. Anche le università si stanno orientando sempre di più a fronteggiare la crescente richiesta di tali lavori, proponendo nuovi corsi e master ad hoc. In generale, chi ha una simile formazione fatica meno a trovare un impiego e solitamente si tratta di posizioni lavorative più stabili e ben remunerate. Ma oltre ad essere un’opportunità economica, riconvertire il proprio lavoro in chiave sostenibile è sempre più anche una questione valoriale. Si sente spesso parlare anche dei cosiddetti climate quitters, ovvero persone che decidono di lasciare la propria posizione, poiché non riescono più a condividere i valori e le politiche ambientali e sociali dell’azienda per cui lavorano. Si tratta, com’è immaginabile, di lavoratori per lo più giovani. In Italia questo fenomeno rappresenta, secondo uno studio del Politecnico di Milano, circa il 6%, di chi cambia lavoro. Nel Regno Unito invece, secondo KPMG UK, quasi un giovane lavoratore su 2 ambisce a lavorare in un’azienda green e 1 su 5 ha rifiutato un posto di lavoro perché non coerente coi propri valori. Insomma, sappiamo che è possibile contribuire al cambiamento persino attraverso il nostro lavoro, e allo stesso tempo dando anche più senso e motivazione alle nostre ore passate fuori casa a lavorare.
Voglio un lavoro verde, altrimenti mi licenzio!
Silvia Tarter Scritto il
Pubblicato da Silvia Tarter
Bibliofila, montanara, amante della natura, sono nata tra le dolci colline avisiane, in un mondo profumato di vino rosso. La vita mi ha infine portata a Milano, dove ogni giorno riverso la mia passione di letterata senza speranza ai ragazzi di una scuola professionale, costretti a sopportare i miei voli pindarici sulla poesia e le mie messe in scena storiche dei personaggi del Risorgimento e quant'altro. Appena posso però, mi perdo in lunghissimi girovagare in bicicletta tra le abbazie e i campi silenziosi del Parco Agricolo Sud, o mi rifugio sulle mie montagne per qualche bella salita in vetta. Perché la vista più bella, come diceva Walter Bonatti, arriva dopo la salita più difficile. Mostra altri articoli