Eugenio Finardi: medicina, sfogo, gioco, Euphonia

Euphonia (ph. Fenucci)

Eugenio Finardi, un percorso artistico di classe e qualità. A ottobre ha ricevuto il prestigioso “Premio Tenco” alla carriera con queste motivazioni: “Irrompendo con la sua carica giovanile sulla scena cantautoriale italiana, è stato uno dei protagonisti della stagione degli anni Settanta. 

Ha inneggiato alla musica ribelle che cominciava a diffondersi e alle radio libere che in quegli anni facevano la loro apparizione. 

Partendo dalla sua cultura rock non si è fermato lì, ma ha continuato a visitare nuovi linguaggi musicali e, alternandosi tra le sonorità della chitarra elettrica, classica, portoghese e di quelle di un’orchestra d’avanguardia, ha prestato voce al blues,

al fado, alla canzone napoletana o alle canzoni di Vladimir Vysotskij. Un autore e cantante mai statico, ma sempre alla ricerca di nuove forme. Come si conviene a un Premio Tenco”.

 Ha pubblicato l’album “Euphonia” , un progetto realizzato con i musicisti Mirko Signorile e Raffaele Casarano, una suite che comprende in un unicum tante canzoni del suo vasto repertorio e con il quale sta girando l’Italia. Un disco nuovo e speciale che rende i brani ancora più affascinanti.

Come è nata l’idea?

Durante il lockdown. Euphonia non è da considerare come un disco, è un format, un modo di affrontare la musica, con l’improvvisazione, il gioco, e con l’utilizzo della musica come medicina, come cura, come sfogo.  C’era questo silenzio che le musiche di prima non sembrava essere capace di riempire. Avevo registrato alcuni concerti, l’ultimo nel dicembre del 2019 a Brindisi proprio con Mirko e Raffaele, questi due straordinari musicisti con cui ho creato il progetto e mi è venuta la folle idea di creare una suite. In un momento in cui le canzoni durano due minuti e mezzo,  cosa c’è di più ribelle di fare una canzone che dura un’ora e dieci in cui le singole canzoni diventano strofe di un lungo racconto, di un percorso, di un viaggio attraverso la memoria, le emozioni, un viaggio che se va bene dovrebbe contribuire ad elevare lo spirito verso una trascendenza del presente e il quotidiano per pensare, per alzarsi, e astrarsi verso cose più alte.

Come hai scelto le canzoni?

Le canzoni si sono scelte da sole, sapevo che sarebbe iniziato con “Voglio” con il verso “da piccoli ci hanno insegnato” e finito con “Extraterrestre” con il verso “per ricominciare”, perché c’è anche una circolarità, tu puoi cominciare ad ascoltare Euphonia a metà e ritornarci e l’effetto è quasi uguale.

Canzoni sempre attuali.

E’ per quello che continuo a proporle perché sono attuali. Ci sono tante mie canzoni che non sono state esplorate, ad esempio il tema della violenza sulle donne, era presente in “Sveglia ragazzi” la prima canzone di “Occhi”, del 1996 e così molte altri su temi come la guerra.

In cosa possiamo sperare nel mondo attuale?

Ti dirò che confido nell’intelligenza artificiale, non può essere peggiore della nostra.  Almeno non saremo guidati dalla nostra intelligenza, dai nostri istinti, dalle nostre paure, dal credere di sapere la verità quando invece non sappiamo nulla neanche quello che ci dicono i nostri sensi. Siamo degli animali abbastanza limitati nella nostra concezione mentre l’intelligenza artificiale potrebbe fare più cose. Sembra che l’uomo cerchi a tutti i costi motivi di scontro e questo è terribile. Potremmo fare veramente cose meravigliose e invece ci ammazziamo. Io sono nato durante la guerra in Corea e da allora c’è sempre stato qualche stupido motivo per fare la guerra.

Nella tua coerenza, hai sempre saputo innovarti in un percorso riconoscibile.

E’ una ricerca, già dal mio primo singolo e in questo ultimo lavoro ci sono delle assonanze. Il mio credo che ha sempre segnato queste cose è la ricerca che poi porta naturalmente ad evolversi, a cambiare,  è quella dello scambio con i musicisti, la ricerca dell’incontro, Euphonia è il prodotto dell’incontro con Mirko e Raffaele, con quel tipo di musicalità che loro hanno, per arrivare a una musica totale. Io credo che possa esistere una musica che le contiene tutte, questo implica una grande cultura, una grande conoscenza della musica. La musica è un linguaggio universale, un linguaggio profondo, per me è il linguaggio dell’assoluto, è matematica, è universo. Tutto è esprimibile con la musica e anche con le parole. Con le parole si esprime  la propria individualità, con la musica ciò che si fa insieme agli altri, il concertare, incontrare e creare.

Quali incontri prediligi tra quelli che hai fatto?

Sono tantissimi, impossibile citarli tutti. Ad esempio quando i miei compagni di viaggio erano Calloni o Fabbri, è nata Musica ribelle, quando ho incontrato Stefano Cerri e i Crisalide è uscito Extraterrestre, con gli inglesi ho fatto Finardi e Secret Streets, poi ho incontrato la tecnologia, “Dal blu” è un disco creato per la prima volta al computer, 40 anni fa. Sono stato Il primo a usare il Midi e il primo a smettere. Quando nel 2002 tutto era diventato elettronico ho pubblicato “50 anni”, frutto di una ricerca musicale sfarzosa. Da allora ho solo prodotto cose dal vivo e suonate dal vivo, dal fado al blues. Poi è arrivato “Fibrillante” ma anche quello è ancora nuovo anche se ha dieci anni, se non l’hai mai sentito è un disco nuovo.

Stai scrivendo nuove canzoni?

Io continuo a scrivere sempre, sono sempre in attività, li chiamo i miei pezzi postumi, se arrivo però li pubblicherò anche prima, quando ne avrò abbastanza e se ne sarò convinto.

Sei un cantautore atipico nell’interpretazione. Ora dai ancora più importanza alle parole che canti, è una scelta?

Ho tanti registri, tante voci, per via di mia madre che era un insegnante di canto, posso fare tante cose e cantarle in modo completamente diverso. In passato mi hanno messo pressione per cantare in un modo o nell’altro, poi ho cambiato dal fado e dall’album “Acustica”. Grazie al blues e invecchiando, la voce si abbassa di un semitono ogni cinque anni. Adesso vado più in basso oltre che in alto, mi sento libero proprio di cantare anche in certi modi come in “Estrellita”,  molto teatrale. Prima quasi mi vergognavo, non mi permettevo di farlo.

Ascolti la musica di oggi?

Io ascolto le cose dei cantautori di oggi, non è che mi dispiacciono, è veramente musica leggera, anche quando è seria. Per assurdo preferisco la musica trap alla musica d’autore contemporanea, proprio quella perfida, mi piacciono i suoni, la trap ha un valore musicale, è compressione e sintesi. I contenuti sono quelli che sono ma per fare quella musica in maniera sincera bisogna non conoscere bene la  musica e viene fuori vera, perché si sentono e capiscono solo le cose fondamentali. E quindi è musica popolare, di oggi, non dei colti, però io l’apprezzo proprio per questa sintesi.

Ti aspettavi di ricevere il Premio Tenco?

E’ stata una sorpresa assoluta, quando sono andato a ritirarlo ho proposto sul palco “Euphonia” e la reazione del pubblico è stata incredibile. Abbiamo suonato 40 minuti ed è stato fulminante, la gente è esplosa. Mi sono sentito accolto, sono sempre stato un outsider, fuori dai giochi, anche perché non ho mai creato grandi riscontri economici, il Premio è stata una cosa inaspettata che mi ha onorato molto.

Il Festival di Sanremo?

Ora è tornato rilevante, lo specchio della musica italiana, con una generazione che è già tre generazioni dopo la mia. Amadeus ha svecchiato tantissimo Sanremo, ha fatto un operazione anche eliminando certi spazietti, spesso poco utili nel contesto.

Come ti proponi dal vivo nel 2024?

Euphonia cresce, si aggiungono canzoni, se ne tolgono, è molto diverso lo spettacolo da come era all’inizio, non nella sua essenza ma in costante cambiamento. Mi piace cambiare pelle come i serpenti. Ci sono quelli che non sono mai cambiati, io no. Proseguo anche con i concerti blues. Ho sempre due progetti, non voglio più fare il cantautore con la chitarrina.

Come giudici il crescente affetto del pubblico nei tuoi confronti?

E’ la cosa che mi fa più piacere, ho scoperto una mia vecchia intervista ad inizio carriera, mi chiedevano quale tipo di musica volessi fare e io ho detto musica utile, che serve. Cinquant’anni dopo posso confermarlo, la musica che rimane è quella che serve. In certi momenti ti serve Baglioni, in altri Fossati, “Una notte in Italia” che fotografa il nostro presente e il nostro Paese. Io mi commuovo in ogni concerto con quella canzone, il fatto di essere mezzo americano,  di non avere mai avuto una identità nazionale definita, quella cosa mi tocca e mi commuove tanto, mi mette un dito nell’anima.

Qualcosa da aggiungere?

Il pubblico mi conosce da tanto tempo, lo invito a vedere dal vivo “Euphonia”, perchè è una cosa completamente diversa, richiede un certo tipo di concentrazione, di ascolta, è da sentire.

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Pubblicato da Giuseppe Facchini

Giornalista, fotografo dello spettacolo, della cultura e dello sport, conduttore radiofonico. Esperto musicale, ha ideato e condotto programmi radiofonici specialistici e di approfondimento sulla storia della canzone italiana e delle manifestazioni musicali grazie anche a una profonda conoscenza del settore che ha sempre seguito con passione. Ha realizzato biografie radiofoniche sui grandi cantautori italiani e sulle maggiori interpreti femminili. Collezionista di vinili e di tutto quanto è musica. Inviato al Festival di Sanremo dal 1998 e in competizioni musicali e in eventi del mondo dello spettacolo.