Il mondo al tempo di WhatsApp

C’era una volta la vecchia messaggistica. Quella semplice. Poi, come in una fiaba, sono arrivati i fratelli Grimm – al secolo Brian Acton e Jan Koum, due ex dipendenti di Yahoo – e hanno rivoluzionato il modo di fare storie, ovvero fare comunicazione. Sì, si è trattato di una vera rivoluzione, proprio nel senso di un qualcosa che cambia in maniera radicale e dal quale non si può più tornare indietro. Il fenomeno, nato sottoforma di App nell’ormai lontano 2009, ha avuto nel tempo una sua evoluzione tecnologica da tanti punti di vista. Certo, perché l’invio dei testi è stata solo la prima delle opportunità che questa applicazione è stata in grado di offrire. Vogliamo parlare, ad esempio, della condivisione della posizione? O la registrazione di fotografie e l’invio di messaggi vocali? Un’esplosione, una grande deflagrazione tecnologica, un boom di possibilità comunicative che si sono tradotti in piogge di consensi ma anche in tante belle gatte da pelare, a partire dalla privacy. 

Insomma, questo simboletto da cartone animato – la cornetta di un vecchio telefono inserita nella nuvoletta del fumetto – ne ha fatta di strada, raccogliendo successi, ma mietendo anche delle vittime. In che senso? Tutti siamo lì: generazione dopo generazione, dai millennials alla Zeta, dai boomers ai più attempati. In tante modalità. 

Poco tempo dopo le semplici conversazioni uno a uno, sono arrivate infatti le finestre di gruppo; chi non fa parte di un gruppo? Ormai è diventata consuetudine in tanti ambiti della vita personale e lavorativa di un essere umano. Il gruppo dello sport, quello dei colleghi di lavoro, delle amiche per l’aperitivo, della piscina, del concorso di lavoro, del viaggio organizzato, della gita scolastica. Occasionali e temporanei, storici o fulminei, silenziati o con notifiche attive.  Un sistema di comunicazione comodo e rapido, ma con qualche controindicazione. Far parte di un gruppo implica avere notizia (sempre, ad ogni ora del giorno e della notte) di quello che uno pensa e scrive. E se magari Tizio durante il giorno ha da fare e soffre pure di insonnia, la notte risponde alle argomentazioni trattate da Caio con non proprio buona pace di tutti. Inoltre sempre Tizio, essendo nel gruppo, ha la possibilità di mettere mano ai numeri dei partecipanti. E contattare “privatamente” Sempronia, che non gli aveva mai dato il numero. 

Con il vocale e le videochiamate si velocizza ulteriormente la comunicazione: basta tenere premuto il simbolo raffigurante il microfono o attivare la telecamera e il gioco è fatto. Discussioni di lavoro, scenate di gelosia, resoconti di giornata, istruzioni per fare le cotolette, il montaggio di un rubinetto e chi più ne ha, più ne metta. 

Poi la grande svolta, nel 2014, con l’ingresso dell’applicazione nelle spire di Mark Zuckerberg e l’inserimento delle famose “spunte blu”, che indicano la lettura (diciamo così ufficiale) del messaggio. Ma anche qui non sono tutte rose e fiori e tra parti blu e parti grigie fa sempre capolino sua maestà la privacy. L’escamotage si trova in fretta, ma la nostra vita comunicativa diventa da una parte più scorrevole, dall’altra più portata a difendere, per quanto possibile, alcuni aspetti della nostra vita privata. Curiosando in internet, si scopre subito che esiste tutta una letteratura in merito. 

WhatsApp ha facilitato un buon numero di relazioni clandestine e ne ha fatte naufragare tante altre; ha visto nascere nuove amicizie e affossarne altre. L’approccio è più facile, più diretto e soprattutto non ci devi mettere la faccia. Al limite ci metti una faccina. Ma puoi anche offendere e fare male con parole, immagini e foto. O con semplici omissioni: non rispondo, non visualizzo, visualizzo dopo ore o giorni. Tutte modalità che, a seconda del rapporto in oggetto, seguono un codice preciso. 

Intorno a questo fenomeno si parla e si scrive. Molti autori stanno focalizzando l’attenzione su storie di meta o pseudo fantascienza, con al centro trame oscure di intercettazioni, mondi sorvegliati e attenzionati, tracciamenti e strategie di anonimato. Riflettono la società e ci costruiscono storie intorno. Ma siamo sicuri che siano tutte esagerazioni? 

Gli indiscutibili vantaggi della comunicazione veloce non ci hanno forse avviluppati in un sistema monitorato? Come mai se scrivo a Tizio che sono stata a Roma con il treno ad alta velocità, mi arrivano le notifiche che pubblicizzano proprio quei mezzi veloci e propongono offerte? Esiste quel grosso motore che ci spia e ascolta anche i nostri fatti personali? Questo è forse il più inquietante degli aspetti dei mezzi di comunicazione, incluso WhatsApp. E chissà come proseguirà la fiaba creata dai due grandi amici Acton e Koum. Ah, curiosità vagamente paradossale. Quest’ultimo, originario dell’Ucraina ai tempi dell’Unione Sovietica e del KGB, ha dichiarato di aver sempre pensato ad un sistema di comunicazione che potesse non essere sotto controllo come le telefonate. Un sistema galattico, che continua a crescere a dismisura e a riservarci chissà quali sorprese. Un finale aperto, tutto da scrivere, anche per i Grimm della tecnologia. 

La psicologa dice che…

Abbiamo chiesto alla dr.ssa Serena Valorzi, psicologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, un parere professionale sul tema della dipendenza da comunicazione tecnologia, di cui lei si occupa da più di vent’anni. 

“Una dipendenza patologica di sviluppa quando una persona non riesce a tollerare o a trovare soluzione sana a uno o più stati emotivi dolorosi e scopre che un comportamento specifico li calma/annulla efficacemente e a breve termine. Purtroppo quello stato temporaneo non fa che peggiorare il disagio a medio e lungo termine e richiede “dosaggi” sempre maggiori fino a rosicchiare tempo, risorse emotive e altre dimensioni della vita (relazioni amicali, familiari, lavoro, studio). 

In funzione della mia esperienza clinica specifica ventennale posso dire che chi soffre di dipendenza da comunicazione tecnologica cerca di calmare ansia, solitudine o senso di non valore personale con il contatto virtuale continuo e compulsivo e con il controllo delle relazioni, alla ricerca di consensi che rimangono effimeri; poiché la rassicurazione è poco “nutriente” emotivamente, se ne cerca sempre di più, estraniandosi dai contatti reali. 

Conseguenza: si diventa ossessivi se non si ricevono risposte immediate, non ci si stacca dallo schermo, si diventa irritabili o depressi se gli altri non rispondono subito o come vogliamo o se non c’è connessione internet, dimenticando il vero senso della comunicazione, cioè la ricerca di connessione reale e profonda tra esseri umani.

La comunicazione virtuale è meno accurata di quella verbale e gestuale, quindi sono più facili fraintendimenti, comunicazioni aggressive, ghosting, breadcrumbing.

Spesso la dipendenza si esprime anche via WhatsApp, ma è inserita in un contesto generale più ampio di franca Dipendenza Affettiva e, lì, rende la relazione amicale/coppia sempre più difficile e sconnessa fino alla rottura. 

Ci si accorge dello stato di dipendenza se, cercando di non utilizzare la comunicazione virtuale (whatsapp o social network) si pensa sempre a quello, si sente più ansia, solitudine e disagio, si è più irritabili, si peggiora la capacità di relazione dal vivo, ci si sente sconnessi dalla realtà o, semplicemente, non si riesce a farne a meno

In questi casi è importante riconoscere il problema e chiedere un aiuto specializzato per tornare connessi davvero con se stessi e gli altri.

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Pubblicato da Tiziana Tomasini

Nata a Trento ma con radici che sanno di Carso e di mare. Una laurea in materie letterarie e la professione di insegnante alla scuola secondaria di primo grado. Oltre ai grandi della letteratura, cerca di trasmettere agli studenti il piacere della lettura. Giornalista pubblicista con la passione della scrittura, adora fare interviste, parlare delle sue esperienze e raccontare tutto quello che c’è intorno. Tre figli più che adolescenti le rendono la vita a volte impossibile, a volte estremamente divertente, senza mezze misure. Dipendente dalla sensazione euforica rilasciata dalle endorfine, ha la mania dello sport, con marcata predilezione per nuoto, corsa e palestra. Vorrebbe fare di più, ma le manca il tempo.