C’era una volta il fiume

Stampa con veduta di Bolzano, 1840. In primo piano si vede una delle prime carrozze postali e, sul fiume, quattro uomini conducono una zattera

Il colle magico e misterioso di Castelfeder, presso Ora, è il punto migliore per osservare scorrere il fiume Adige. Lo si vede scendere veloce da Bolzano fino alla chiusa di Salorno: una linea quasi retta, precisa, taglia in due la valle dell’Adige. E così anche da San Michele all’Adige fino alla stretta di Ceraino, poco a monte di Verona. Ma un tempo l’Adige non era così. Basta guardare le antiche mappe per vedere il suo percorso a zig zag, con ampie anse, isole, accompagnato da una moltitudine di “ischie” (is-ce), sorta di paludi impenetrabili abitate da una miriade di zanzare e dagli spiriti della palude. Le paludi pullulavano di uccelli acquatici d’ogni specie, di pesci, di feroci lupi che nel 1688 fecero strage di 20 capi di bestiame nell’ischia di Ora.

Il fiume si modificava continuamente, non tenendo in alcun conto i confini amministrativi. E su questo fiume navigavano, fin dai tempi dei romani, zattere, navi e barche. Era la spina dorsale del commercio prima che si strutturassero le strade pedemontane (1841) e, in seguito, la ferrovia (1859). Un fiume vivo, metamorfico, terra di leggende, paure e speranze, parte integrante della vita e non dimenticato da tutti come oggi che ci si limita a guardarlo scorrere via veloce.

Litografia di Harding James Duffield, s.d. Trento con Torre Vanga

L’antico porto fluviale di Vadena, Vatina (dal latino vadum=guado), presso lo Stadlhof, era stato sostituito nel medioevo dal porto commerciale di Egna e quindi da quello di Bronzolo. C’è stato perfino un tempo in cui il punto più settentrionale della navigazione atesina era Terlano.

Dal porto di Bronzolo partivano le imbarcazioni e le zattere dirette verso l’Italia e lì approdavano i barocci che i cavalli trainavano contro corrente dalla via alzaia a partire da Lavis e fino al porto atesino, carichi di olio, pesce, vino, frutta, riso, sapone, seta, panni di Tripoli e di Barberia, colori, metalli preziosi, zafferano, muschio, panni di Verona, ecc. 

I “carradori” di Laives e San Giacomo trasportavano poi tutta la merce sui loro carri fino a Bolzano, e viceversa, dai magazzini della città al porto di Bronzolo. A Laives esiste ancor oggi la grande Ballhaus dove stoccavano la merce (il Gutlebenhof) mentre dell’antico maso Pallmann, un tempo magazzino di raccolta e stivaggio, è rimasto soltanto il nome della via. Ad Egna il grande magazzino in via Ballhaus è stato trasformato in biblioteca.

Sul muro di una casa a Sacco, Rovereto, porto dei zattieri e punto d’approdo della barca che permetteva il passaggio sul fiume Adige

Chi gestiva questo difficile traffico fluviale erano gli zattieri di Borgo Sacco, un tempo paese autonomo sul fiume Adige, oggi rione di Rovereto. Un paese che ha mantenuto tutte le caratteristiche di luogo portuale, con le anse del fiume, la piazza su cui si affacciano i grandi magazzini, le strette viuzze (Vicolo dei Zattieri), le targhe, i lunghi muri fatti di ciottoli di fiume che dividono le acque dalle terre coltivabili. Le zattere venivano formate a Bronzolo con i lunghi tronchi provenienti da Nova Ponente, trascinati giù a valle lungo la Brantental, la stessa che visse il leggendario scontro tra il gigante degli Oclini e il perfido drago.

Alla corporazione degli zattieri di Sacco era garantito il privilegio del trasporto da Bronzolo al magazzino di San Giorgio, oggi scomparso, a Verona, privilegio principesco del 1188, riconfermato dagli Asburgo nel 1510 dopo il passaggio di Sacco e della bassa Val Lagarina dalla Serenissima alla casa d’Austria, poi nel 1605 da Massimiliano II e nel 1744 da Maria Teresa. La corporazione fu soppressa nel 1806 dal Governo bavarese sebbene l’ultima zattera sia scesa fiduciosa durante l’estate del 1913, caricata soltanto a metà di botti ripiene del sale di Hall fermandosi a San Michele all’Adige. Poi soltanto il silenzio si è preso cura del fiume. La grande ruota di pietra, utilizzata dagli scaricatori di Sacco per traghettare da una sponda all’altra dell’Adige le merci caricate su di una zattera, venne dimenticata e soltanto qualche tempo fa fu recuperata e posta a lato della loro chiesa, la cappella di San Nicolò. Serviva anche ai mercanti che vi gettavano sopra i denari per verificare se fosse vil metallo oppure no.

Fine ‘800: l’epica storia degli zattieri (dal libro “Trifter, Floesser, Schiffslait”)

La Corporazione di Sacco si portò dietro i propri zattieri e fu così che a Bronzolo, così come a Laives e Ora, si stabilirono assai presto numerosi trentini provenienti dal centro lagarino sede della compagnia. Per rimarcare questo privilegio-diritto, ogni anno, alla domenica della Trasfigurazione e del sacrificio d’Adamo, solitamente l’ultima di febbraio, davanti al portale della chiesa di Laives dedicata ai SS. Antonio e Nicolò, veniva ufficialmente data lettura del bando: “nessuna persona, all’infuori della privilegiata compagnia degli zattieri e spedizionieri di Sacco presuma acquistare sulla piazza di Laives e Bronzolo, legname da zattera per trasportarlo fuori Paese; ai contravventori è comminata la multa di un fiorino per tronco e il sequestro dell’intera partita” (1684).

Chiese e Santi degli zattierI
Gli zattieri erano uomini di profonda fede ma anche marinai di acqua dolce. Il loro passaggio lasciò una scia di figli illegittimi e famose risse nelle locande e nei primi gasthof, testimoniate negli innumerevoli processi. Furono i primi trentini ad abitare le terre atesine, mescolandosi con quelli di lingua tedesca e dando luogo, secoli prima della grande emigrazione Ottocentesca, ad una plasticità linguistica, una sorta di grammelot nato dal connubio del dialetto tedesco con quello trentino. Nel 1568, durante la fiera di Sant’Egidio a Laives (23 aprile), venne spedita dal giudice distrettuale di Bolzano, con regolare mandato di comparizione, una fitta schiera di zattieri, commercianti e spedizionieri italiani, affinché rispettassero le regole evitando “sconvenienze, malefatte, temerità”, riconfermando il divieto agli zattieri e ai loro inservienti di portare con sé armi da fuoco, “siano esse schioppi piccoli o grandi, né di nascosto né palesemente, a scanso della massima pena”.
Per proteggersi dalle intemperie metereologiche e da quelle umane, dalle mille insidie di esseri mostruosi e fatati che abitavano le paludi, gli zattieri si affidarono a San Nicolò, patrono dei marinai e dei pescatori in virtù del suo miracoloso salvataggio di alcuni marinai, sorpresi da una terribile tempesta nel Mediterraneo orientale mentre trasportavano le sue spoglie. Chiese, sculture e immagini di San Nicolò, dalla parrocchiale di Egna fino alla chiesetta di San Nicolò a Sacco, scandiscono il tempo sacro degli zattieri, segnano il territorio come una lunga Via Crucis protettiva, atta a tener lontano le paure, le pericolose alluvioni e a salvarsi l’anima in un viaggio rischioso che durava mediamente tre giorni da Bronzolo a Verona. La cappella di Sacco venne eretta nel 1479 sulla riva dell’Adige, con entrata allora dalla parte del fiume, ricostruita nel 1576 e restaurata nel 1870-72. Nella festa del Santo (6 dicembre) i ragazzi in attesa di ricevere i regali vi passavano davanti cantando “San Nicolò da Bari/la festa dei scolari/la festa dei zateri/San Nicolò da Peri”. Ancor oggi nei primi giorni di giugno il gruppo Zattieri di Sacco organizza la ormai famosa Zaterada, una gara di zattere da Calliano al porto di Sacco.
Il ricordo degli zattieri e dell’importante porto che sorgeva a Egna si può trovare ancor oggi, nei pressi della parrocchiale, in un grande Crocefisso ligneo, chiamato in tedesco Flösserkreuz, donato dai marinai di Sacco. L’iscrizione latina sul lato sinistro riporta la frase dell’apostolo Paolo ai fedeli della città portuale greca di Corinto: “Perseguite la carità! Anelate alle cose spirituali!”
Oltre a San Nicolò veniva invocato San Leonardo, che liberava i prigionieri dalle catene e le cui chiese sono circondate appunto da catene. Un tempo gli zattieri, così come i fedeli, il 6 novembre seguivano in processione il perimetro della chiesa affidando al santo la speranza che le catene, qualsiasi catena che li tenesse legati, cadessero spezzate a terra liberandoli definitivamente. A Bronzolo San Leonardo era particolarmente venerato dai barrocciai e dagli stessi zattieri, un tempo la principale fonte di ricchezza di questo villaggio. Una piccola scultura gotica in arenaria di San Leonardo, collocata nell’omonima chiesa di Bronzolo, è la muta testimone di una cultura fluviale, sacra e profana, di un linguaggio di gesti e grida ormai perso, che aveva fatto dell’Adige il cuore pulsante della vita quotidiana e non soltanto un “canale” di acqua da sfruttare.
Piedicastello, l’approdo del traghetto di collegamento tra le due rive. Foto scattata subito dopo la II guerra mondiale
Piedicastello, approdo della barca che collegava l’antico rione con il borgo di Santa Maria

Fedrigotti, una famiglia potente

Passeggiando per il centro di Bronzolo ad un certo punto ci si imbatte, in Piazza San Leonardo, in un grande palazzo dalle pregevoli architetture, che assunse l’aspetto attuale nel XVII secolo. È la residenza Bossi Fedrigotti. Molti appassionati lettori riconosceranno in questo nome lo stesso dell’apprezzata scrittrice e giornalista Isabella. Ebbene, i Bossi-Fedrigotti, originari di Milano e stabilitisi a Borgo Sacco nel XV secolo, e diventati conti nel 1790 con il predicato di Ochesenfeld (Campobue), si arricchirono, così come le potenti famiglie saccarde dei Baroni, dei Gelmini, dei Vicentini e dei Graziolli, con il commercio tra il centro atesino di Bronzolo, Sacco e Verona. Queste famiglie, tra dispute, liti, ricorsi e processi, riuscirono a mantenere il potere sulla compagnia degli zattieri, escludendo la partecipazione all’impresa dei Vicini di Sacco e dei montanari di Nova Levante, Nova Ponente e di altre località fornitrici di legname. Il privilegio fu, per secoli, bene privato di pertinenza di poche famiglie identificabili con la casata Fedrigotti e la famiglia Baroni.

A Rovereto, in Corso Bettini 31, e a Sacco si trovano ancor oggi i palazzi-madre, in splendido stile rinascimentale-barocco, testimoni silenziosi della ricchezza e della storia di un fiume.

La piazza di Sacco con la Torre Civica e l’antico Palazzo Comunale. Qui approdavano le zattere
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Pubblicato da Fiorenzo Degasperi

Fiorenzo Degasperi vive e lavora a Borgo Sacco, sulle rive del fiume Adige. Fin da piccolo è stato catturato dalla “curiosità” e dal demone della lettura, che l’hanno spinto a viaggiare per valli, villaggi e continenti alla ricerca di luoghi che abbiano per lui un senso: bastano un graffito, un volto, una scultura o un tempio per catapultarlo in paesi dietro casa oppure in deserti, foreste e architetture esotiche. I suoi cammini attraversano l’arte, il paesaggio mitologico e la geografia sacra con un unico obiettivo: raccontare ciò che vede e sente tentando di ricucire lo strappo tra uomo e natura, tra terra e cielo, immergendosi nel folklore, nei miti e nelle leggende. fiorenzo.degasperi4@gmail.com