Non c’è da meravigliarsi se due grandi della filosofia già ne parlavano. Sì, perché Platone e Aristotele la pensavano allo stesso modo: la filosofia nasce dalla meraviglia, cioè dallo stupore nell’osservare e rilevare cose che altri non vedono o di cui non si rendono conto. Ed era della medesima opinione Louis Pasteur, scienziato francese definito il padre della microbiologia, secondo cui il meravigliarsi di ogni cosa porta la ragione verso la scoperta. E se, secondo la lingua italiana, in prima definizione per meraviglia ci riferiamo al concetto di stupore e di piacevole sorpresa nell’affrontare qualcosa di nuovo e/o strano, con lo stesso termine ci riferiamo a una cosa o a una persona che suscita ammirazione per bellezza o straordinarietà. Insomma niente male questa meraviglia, che in un linguaggio più sciolto ed attuale potremmo definire come “effetto wow”.
Ma cosa suscita meraviglia? La natura, la scienza, l’arte, un tramonto, una situazione.
Da un po’ di tempo gli scienziati si stanno interrogando sugli effetti di questo sentimento nella testa e nel cuore. Una ricerca del 2003, curata dalle università di Berkeley e della Virginia, definisce la meraviglia come emozione morale, spirituale ed estetica. Quindi un qualcosa di ampio respiro, che va al di là delle pratiche realtà quotidiane e del freddo e dilagante pragmatismo che caratterizza le nostre esistenze. Correlato a questi studi, sta il fatto che la meraviglia può essere di tutti, ma ha sfumature assolutamente personali, varia da persona a persona, con effetti anche fisici: pelle d’oca, brividi, lacrime, stordimento.
Secondo gli studi, “la meraviglia solletica anche il cervello e l’anima”, modificando anche la percezione del tempo e riducendo l’ansia. Una sorta di terapia, che dai sensi ci permette accantonare (se non dimenticare) l’aura di negatività che solitamente ci circonda.
Risale al 2018 la ricerca di un’università americana dal titolo “The science of awe”. Lo studio sostiene che la sensazione di meraviglia – senza che noi ce ne rendiamo conto e quindi senza sforzo – possa favorire lo sviluppo di un senso critico acuto, stimolando intelligenza e creatività. Niente male. E un po’ ovunque si vanno sperimentando tecniche per suscitare meraviglia, magari svolte in location a tema, quali luoghi sperduti o aree naturali.
La meraviglia parla anche di ambiente e di tematiche attuali: prendersi cura di quello che nel mondo ci suscita emozione, significa rispettare ciò che ci circonda in senso lato, sia tutto quello che ruota intorno agli elementi naturali, sia quello che è stato costruito dall’uomo.
Interessante a questo proposito il libro di Luca Molinari, dal titolo “La meraviglia è di tutti” e con sottotitolo “Corpi, città, architetture.” L’autore, tra riflessioni e considerazioni su questa parola ormai troppo sfruttata dal marketing e dalla pubblicità, snocciola pure una serie di luoghi idonei a suscitare meraviglia. Ci sono quelli famosi, come piazza San Marco a Venezia, ma anche squarci architettonici e naturali meno conosciuti e non per questo meno belli e suggestivi.
Certo nella nostra epoca, fatta di corse veloci, di tecnologie sempre più rapide e di continue sollecitazioni e impulsi, non c’è tempo per fermarsi e provare meraviglia. Tutto scorre veloce nel fiume dell’indifferenza verso cose considerate piuttosto come accessori che elementi importanti per la crescita personale.
Fermarsi ad osservare e provare emozioni è considerata oggi una perdita di tempo; distogliere lo sguardo dallo schermo toglie minuti preziosi per rispondere ai tanti bombardamenti mediatici che subiamo quotidianamente.
Eppure si dovrebbe imparare da loro. Da quelli che istintivamente provano meraviglia, i bambini. E subito ci ritorna in mente il testo di quel cantante “meteora”, ovvero Giuseppe Povia – in arte solo Povia – che a inizi anni Duemila cantavamo e fischiettavamo proprio tutti, per il bel ritmo ma anche per testo fresco e spontaneo.
In un passaggio de “I bambini fanno ohh!” l’artista milanese cantava:
Quando i bambini fanno “oh”
che meraviglia, che meraviglia!
ma che scemo vedi però, però
che mi vergogno un po’
perché non so più fare “oh”
e fare tutto come mi piglia,
perché i bambini non hanno peli
né sulla pancia
né sulla lingua.
Un bel ritornello, che si fa ascoltare e che ci invita ad ascoltare, trasformando le occasioni della vita in… attimi di meraviglia.