Il tutto è falso, il falso è tutto

Se cercate leggerezza, saltatemi. Ricordo che Giorgio Gaber oltre 20 anni fa, nel suo ultimo disco avvertiva che “Il tutto è falso, il falso è tutto” . E 50 anni fa già Pasolini ce lo aveva detto che stava entrando la falsità nel Belpaese: “attraverso il non voler accorgersi di niente o attraverso la più inerte sdrammatizzazione”. La falsità conduce alla morte qualunque relazione, anche solo con se stessi, ma quella generalizzata distrugge qualsiasi cultura e mette in gravissimo pericolo il vivere sociale.

Più lo si dice, meno la gente lo vuole sentir dire. È comprensibile; ma non utile. Negli ultimi anni molti siti informativi online, sponsorizzati o no, hanno preso l’abitudine di postare titoli contenenti affermazioni false. Poi quasi sempre l’articolo dà informazioni corrette o non ne dà nessuna e svolge solo la funzione di condutture di pubblicità commerciali. Causa ed effetto di questa prassi è che ormai qualunque affermazione che passi per i cellulari, se non è roboante non viene neanche letta.  La velocità con cui il web assorbe le cose omologa tutto quanto. Non viene nemmeno più proposta neanche una qualche gerarchia tra le notizie. Tutto compare per un poco e poi sparisce. Ognuno troverà quella che cerca; il web è talmente vasto che ci sta dentro tutto. Ma proprio per questo si sta perdendo la stessa capacità di discernere ciò che è di enorme importanza da ciò che non conta nulla. Favorire questa tendenza significa creare un mondo molto pericoloso, perché se la falsità non ha limite alcuno, niente è più tabù. Non si ascolta più nemmeno il Papa. Sappiamo che una società senza più tabù è votata alla morte, che l’etica, il diritto, la morale sono le fondamenta del vivere civile e senza regole si muore. Ma anche le regole fondamentali ora sono saltate, sostituite dalle chiacchiere dei boomers. L’effetto forse maggiore del covid-19 sul mondo non è stata la malattia in sé. Ciò che è cambiata è la speranza di poter realmente procedere verso un futuro controllabile. Esistono processi non governabili e le giovani generazioni, attraversandoli, hanno perso ogni fiducia nel principio di autorità. E hanno ragione. Stiamo rubando il futuro ai nostri figli. Non si può non restare sbigottiti di fronte agli scenari che si stanno materializzando davanti ai nostri occhi giorno dopo giorno.

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Pubblicato da Stefano Pantezzi

È nato a Rovereto nel 1956 e cresciuto a Trento, vive a Pergine Valsugana. Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Bologna, è avvocato da una vita. Ha pubblicato la raccolta di poesie “Come una nave d’acqua” (2018) e alcuni racconti in antologie locali. “Siamo inciampati nel vento” (Edizioni del Faro) è il suo primo romanzo.