Karl Marx e Instagram

Può sembrare un’assurdità comparare Instagram a Karl Marx. Ma c’è un qualcosa di profondo che li lega, ed è l’uso del tempo di lavoro umano come misura del valore. Nel 1867 uscì il primo libro de “Il capitale”, il cui pensiero portante principale era che “il lavoro” (rectius: Il tempo di lavoro) fosse la componente valoriale più importante, anzi fondante del sistema capitalista occidentale. Ora, nel 2022, trovo Instagram che mi presenta un’immagine di un testo,  quale che sia, ma non considera il suo contenuto. E mi dà 10 secondi per leggerlo, come se tutti i testi fossero esattamente identici, di pari valore. Come se l’unità di misura del servizio che viene prestato fosse il tempo da impiegare, che è sempre lo stesso per tutti i prodotti standardizzati apposta. Con un paradosso: nel capitalismo analizzato da Marx, è la quantità di lavoro umano richiesta dalla produzione che determina principalmente il valore della produzione, a parità di materie prime. In questo sistema capitalistico finanziario veicolato dai social, il tempo assegnato a ogni offerta è centellinato, e una volta trascorso l’offerta viene sostituita, parificandole tutte senza alcun rapporto con il contenuto. Bah, mi chiedo a quale misero livello sia stato condotto il pensiero marxiano, di quale intuizione si sia impossessato il capitalismo più moderno per farne uno strumento diabolico. L’enorme sforzo del pensiero filosofico marxiano fu quello di cercare qualcosa di umano nella fondamenta di questa complessa costruzione sociale che si andava componendo, e che dell’uomo cercava di fare a meno. Ci stanno riuscendo ora a fare a meno dell’uomo? Spero di no. Per quanto l’uomo si sia mantenuto sempre molto simile a se stesso per millenni, ora l’avvento delle macchine potrebbe essere davvero il confine, lo spartiacque prima e dopo il quale l’umanità non sarà più la stessa. Non so se è possibile questa trasformazione in un mondo dis-umano? So che è probabile. Un tempo l’uomo si affidava interamente a un soggetto esterno, un Dio,  alla cui volontà e saggezza, ancorché inconoscibili, si arrendeva. Solo la “morte di Dio” ha consentito di ri-umanizzare il mondo. Ora è prossima una nuova resa dell’umano nel rapporto con un altro Dio, il Denaro, sterco del diavolo e padrone dell’umanità. E delle macchine che ne realizzano la volontà, imperscrutabile esattamente come prima.

Ci servirebbe una nuova morte, quella del Dio denaro.

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Pubblicato da Stefano Pantezzi

È nato a Rovereto nel 1956 e cresciuto a Trento, vive a Pergine Valsugana. Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Bologna, è avvocato da una vita. Ha pubblicato la raccolta di poesie “Come una nave d’acqua” (2018) e alcuni racconti in antologie locali. “Siamo inciampati nel vento” (Edizioni del Faro) è il suo primo romanzo.