Uno stallo chiamato sopravvivenza


Per Piero Orsini è una giornata come le altre: il sole splende alto sulla sua Pisa e le temperature ingannano di trovarsi ancora a gennaio. Dopo aver pulito le stoviglie e la tavola utilizzate per il suo pranzo frugale, sceglie di uscire a fare una passeggiata. Erano circa le 14 30. Dall’altra parte della città, la mattinata di M. era stata decisamente meno gradevole. Si era svegliato di soprassalto, come gli capitava ormai da qualche mese, per poi restare nel letto in uno strano stato di dormiveglia per qualche mezz’ora. Era come se non volesse abbandonare lo stato di trance dato dal sogno, come se volesse costruire in qualche modo un ponte, un collegamento invisibile tra l’onirico e il reale. Ogni tentativo, però, si risolveva in un profondo senso di amara frustrazione. Perché una volta aperti gli occhi in modo definitivo, si ritrovava di fronte a quel confuso ammasso di gesti incompiuti che era diventata la sua vita negli ultimi 4 anni. Fino alle superiori era andato tutto bene: era infatti molto brillante e propositivo, tanto che i suoi professori gli avevano consigliato di proseguire gli studi. Arrivato all’ultimo anno, aveva scelto: avrebbe studiato psicologia, per poi proseguire diventando psicoterapeuta. Era infatti totalmente attratto, quasi in modo perverso, dalla mente e dai suoi infiniti canali, che comprendevano anche tranelli e inganni. Ed è stato proprio un inganno a farlo passare, in maniera graduale e non aggressiva, dai banchi dell’università allo studio di uno psichiatra. Poco dopo aver iniziato l’università, infatti, M. aveva iniziato a non sentirsi più così bene. Dovette iniziare a frequentare uno psichiatra. Se non per guarire, quanto meno per trovare quello spesso malgradito stato di stallo che viene chiamata sopravvivenza. M. mal sopportava gli psichiatri. Trovava che la mente fosse una macchina perfetta e che non necessitasse di nessun incentivo artificiale per funzionare meglio. Eppure, messo alle strette dalla sua famiglia, era ricorso a questo specialista.

Erano le 14.30 quando M. e Piero Orsini si incontrarono per la prima volta. Forse non fu nemmeno la prima volta, e quasi sicuramente non si accorsero nemmeno l’uno dell’altro. Piero aveva il passo calmo, con il suo cappello da passeggio osservava l’Arno scorrere docilmente. M. invece andava di fretta, era in ritardo di qualche minuto per l’appuntamento e aveva suo padre che lo piantonava. Entrambi non erano a conoscenza che nel giro di pochi minuti si sarebbero incontrati nuovamente. M. era maldisposto. Lo psichiatra insisteva sull’aumentare la dose di benzodiazepine. “Caro M., quante volte ne abbiamo parlato? È un percorso, e in questo momento hai bisogno di questo sussidio”. Ad un tratto M. non volle sentire più niente. Sentiva unicamente un grande fuoco dentro sè. Sentiva di odiare tutti perché forse troppo amato, ma nel modo sbagliato. L’amore a volte, nella sua evoluzione, segue diversi percorsi, e se non si trova un’affinità, un’armonia, rischia di essere più distruttivo dell’odio. Batté il pugno sul tavolo e urlò: “Le prenda pure lei queste medicine, io voglio vivere”. E uscì. Suo padre, che era ad aspettarlo nella sala d’attesa, in quel momento era in bagno. M. uscì per strada ed incontrò per l’ennesima, ma questa volta ultima e decisiva volta, il signor Orsini. Si guardarono per uno sfuggevole attimo negli occhi e poi tutto fu scuro, per entrambi. Senza rendersene conto, scaricò su quel pover’uomo tutta la frustrazione che lo aveva incatenato negli ultimi anni e portato a quel pomeriggio di gennaio sul Lung’Arno. E solo più tardi, nel reparto di Psichiatria dell’ospedale Santa Chiara, iniziò a rendersi conto che forse, quella vita che andava disperatamente cercando lontano dai farmaci, era sempre stata lì accanto a lui, offuscata dalla rabbia e dalla nera paura di quella tanto anelata vita stessa.

Un raptus in corsia

Il 10 gennaio 2023, un giovane fiorentino di 24 anni colpisce con calci e pugni, in raptus di rabbia, il neurologo in pensione Piero Orsini, di 74 anni. Il giorno dopo verrà annunciata la morte cerebrale del pensionato.

Condividi l'articolo su:
Avatar photo

Pubblicato da Fabio Loperfido

Nato allo scadere del millennio, Fabio è uno studente errante che ancora non ha ben chiaro cosa potrebbe volere il mondo da uno come lui. Nel mentre prova ad offrire ciò che vede con i suoi occhi tramite una sua lettura, con la speranza che il suo punto di vista possa essere d'aiuto a qualcuno martellato dai suoi stessi interrogativi.