Massimo Parolini: poeta a doppio binario

Viene a trovarmi a casa il poeta Massimo Parolini. Ci conosciamo da anni ma è la prima volta che abbiamo occasione di parlare in tutta tranquillità. Lui è nato nel 1967 a Castelfranco Veneto, si è laureato in antropologia filosofica alla Ca’ Foscari di Venezia con una tesi su “La coscienza di Zeno” di Italo Svevo e nel 1995 si è trasferito a Trento, docente di italiano e storia attualmente all’Istituto d’Arte “A. Vittoria”. Dopo un paio d’anni di ambientamento ha cominciato a collaborare con le pagine culturali dei quotidiani ”Alto Adige”, “l’Adige”e “Corriere Trentino”, ha pubblicato i libri di versi ”Non più martire in assenza d’ali (Editoria Universitaria, Venezia, 1994) sulla guerra dell’ex Jugoslavia; collaborando con l’artista e collega Giuliano Orsingher” nel 2019 ha pubblicato il poemetto “Lamento per lo schianto”, sull’uragano Vaia (Publistampa Edizioni Fondazione Castel Pergine); “L’ora di Pascoli” (Fara Editore) del 2020 è invece un libro che intrecciando l´italiano con l’inglese riunisce almeno sulle pagine la famiglia del poeta della ”Cavallina Storna”. 

Altra sua pubblicazione del 2022 è “Soglie vietate” (Arcipelago Itaca) . Infine, in prosa, il libro di racconti “Cerette”, 2020.

Chiedo a Massimo dei suoi genitori e della sua infanzia: ”Mio padre si chiamava Domenico ed era della Valtellina, taciturno come i montanari di quella zona. Mia madre si chiamava Emilia. Si erano conosciuti in Svizzera dove lei aveva lavorato un anno in una manifattura tabacchi. In precedenza aveva prestato servizio in una Casa di Riposo in Veneto gestita da suore. Un giorno assieme a un’amica si accorsero che le suore non gli pagavano i contributi: ”Cosa stiamo qui a fare, che le buone suore manco ci pagano i contributi? In Svizzera ti danno una buona paga e ti pagano i contributi!” Così le due ragazze erano emigrate in Svizzera, dove trovarono una buon compenso ed Emilia ci trovò anche il marito, un valtellinese divenuto veneto. Strana gente i Veneti… Io li conosco piuttosto bene perchè ho studiato Materie Letterarie a Padova; in Veneto mi son fatto amici e ogni tanto mi diverto a dire battute in dialetto padovano. Sì, ma perchè strana gente

”Perchè sono per metà cattolici e per l’altra metà pagani: da una parte sono barocchi di santi e santuari, dall’altra si scatenano in una sensuale gioia di vivere che è tutta pagana. Personalmente li considero un po’ i “terroni del Nord”: tra tanti montanari laconici del Settentrione i Veneti sono ciacoloni come i napoletani o i romani de Roma e come loro, irridenti e pieni di fisse. Prendete per esempio i fiumicelli che attraversano Castelfranco, la cittadina natale di Massimo: il primo lo hanno chiamato Musone e per via delle omonimie, Muson dei Sassi; il secondo Muson Vecchio, il terzo Musoncello, il quarto Musonello. Insomma una fissa ”musona” da cui non riescono a liberarsi. A me comunque, innamorato delle acque come sono, nuotandole e mettendole in tutti i miei libri, i Veneti piacciono molto. E sono stato amico del rimpianto Sandro Zanotto, prematuramente scomparso, il poeta delle barene, dei canali abbandonati, delle “acque perse”; e grande amico di Enzo Demattè poeta e scrittore trentino di nascita e trevisano di adozione, che ha scritto per i ragazzi “Il regno sul fiume”, un best seller che ha superato le trenta edizioni, le centinaia di migliaia di copie: un poema del fiume Sile. 

Cosi voglio citare una poesia di acque e amore di Massimo Parolini, “Toblino”, (che ha un nome celtico, pensate a Dublino, e i Celti erano grandi amatori di acque): “Crespe sulla fronte de lago/ peluria di canne dorate/ folaghe e morette accarezzano l’acqua / Maschere adagio su vetro piombato / lo svasso disegna rughe riflesse / la tua assenza divora il paesaggio… / un platano enorme, nervoso / radici di senso tentacolare… / due cigni velluto di sguardo: barbaglio di vita che indugia… / riaffiora una pagina bianca  / una piuma una pietra una foglia cucita. 

Umberto Piersanti, autore della prefazione a “Soglie vietate”, inizia in questo modo la sua prefazione: ”È una poesia diretta quella di Massimo Parolini. ”Affermazione che è vera, ma soltanto per metà. La verità è che Massimo è un poeta che ha scritto versi di immediata comprensione, aperti, espliciti, colloquiali, ma anche versi oscuri, criptici, cifrati, di matrice ermetica, approdata nelle pagine di un Andrea Zanzotto, trevisano anche lui, o del toscano Mario Luzi, coabitando in apparenza serenamente, con entrambi questi codici. Vediamo ad esempio l´ultima raccolta: ci sono poesie discorsive come “Forme”, dedicata alla figlia Maria a esprimere la realtà in modi limpidi ed espliciti. Altre come “Filamenti sottopassi” o “Rimasta” sono cifrate. E tuttavia rileggendo i suoi versi di poeta autentico le liriche più belle, più attuali, più in indimenticabili di Massimo me le trovo tra il gruppo di quelle esplicite: come “Del ricovero”, scritta per l’anziana madre; “La scorta”, dedicata ai cinque agenti di scorta di Aldo Moro, assassinati dalle Brigate Rosse, o “ad Asia, mia studentessa già in cavità”, come recita la dedica, o “ragazza che ha il futuro alle spalle”, come suona un suo verso.

Con la moglie a Sirmione
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Pubblicato da Renzo Francescotti

Autore trentino dai molti interessi e registri letterari. Ha al suo attivo oltre cinquanta libri di narrativa, saggistica, poesia in dialetto e in italiano. È considerato dalla critica uno dei maggiori poeti dialettali italiani, presente nelle antologie della Garzanti: Poesia dialettale dal Rinascimento a oggi (1991) e Il pensiero dominante (2001), oltre che in antologie straniere. Sue opere sono tradotte in Messico, Stati Uniti e in Romania. Come narratore, ha pubblicato sei romanzi: Il Battaglione Gherlenda (Paravia, Torino 1966 e Stella, Rovereto 2003); La luna annega nel Volga (Temi, Trento 1987); Il biplano (Publiprint, Trento 1991); Ghibli (Curcu & Genovese, Trento 1996); Talambar (LoGisma, Firenze 2000); Lo spazzacamino e il Duce (LoGisma, Firenze 2006). Per Curcu Genovese ha pubblicato Racconti dal Trentino (2011); La luna annega nel Volga (2014), I racconti del Monte Bondone (2016), Un Pierino trentino (2017). Hanno scritto prefazioni e recensioni sui suoi libri: Giorgio Bàrberi Squarotti, Tullio De Mauro, Cesare Vivaldi, Giacinto Spagnoletti, Raffaele De Grada, Paolo Ruffilli, Isabella Bossi Fedrigotti, Franco Loi, Paolo Pagliaro e molti altri.