Demonizzare i boomer è… da boomer

Il termine boomer è utilizzato da un po’, e non ha bisogno di traduzioni, così come non è necessario fare presente l’accezione negativa che porta con sé. Un termine identificativo che assume una connotazione specifica, però, desta sospetti: è sempre un atto politico denigrare qualcuno usando la parola che dovrebbe solo definirlo. Qual è la visione che questo utilizzo specifico richiama? L’idea, per chi ha iniziato a usare il termine in questo modo, è che i boomer siano potenzialmente coloro che hanno maggiormente inquinato il pianeta, che non lasciano il posto fisso, che hanno inventato o difendono la “carriera tipo” (studia, lavora, fai una famiglia), che ottengono laute pensioni, che non capiscono la tecnologia, che vivono la nostalgia di un passato migliore, che sono ingrassati sulle spalle delle generazioni precedenti e a danno delle successive. La narrazione è questa, più o meno, e permette di utilizzare come insulto, anche scherzoso, chi fa parte di queste categorie, a partire da un genitore che non sa usare il telefono come si deve fino ad arrivare al politico complice della deforestazione.

Questa spinta a considerare in blocco questa generazione è forte, tant’è che io stesso spesso ne sono stato attratto o influenzato. D’altronde quando si pensa alle baby pensioni, o si trova in qualche cala della Sardegna un residence turistico di cemento abbandonato, o si parla di amianto, è normale e giusto provare dell’indignazione. Ma è stato tutto così? Quale risposta dare a questa duplice umana tentazione, quella di generalizzare e trovare un capro espiatorio?

Rispondo con delle domande: il benessere in cui viviamo ora, a chi lo attribuiamo? Ai trentenni di oggi o a chi ha lavorato gli ultimi quarant’anni? Il trionfo della moda dell’ecologia è frutto di Greta Thunberg o forse è lei il frutto di anni di attivismo e di studi di scienziati boomer più anziani? Le battaglie per i diritti le hanno inventate su Instagram o è stato qualche boomer in piazza cinquant’anni fa? L’enorme progresso tecnologico è frutto di chi studia ingegneria o informatica adesso o di qualche boomer ingegnere prossimo alla pensione? Il mercato unico, Schengen, e tutte le conseguenze sono stati teorizzati e portati avanti dagli studenti che oggi vanno in Erasmus o da qualche boomer che li ha sognati qualche decennio fa?

Se le critiche a questa generazione arrivassero da chi disprezza a prescindere la crescita economica capitalistica, come i nostalgici più puri, avrebbero un senso (io stesso tendo talvolta a questo pensiero: di solito, in questi casi, faccio memoria di com’era la vita di un bracciante negli anni Quaranta). Curiosamente, però, le critiche ai boomer non arrivano da qui, ma da quelli che più “si godono” i frutti del loro lavoro. Come sempre è molto comodo trovare un nemico comune, ed è invece più difficile accettare di essere parte di un unico grande corpo collettivo che miracolosamente, generazione dopo generazione, porta avanti saperi, tecnologie e culture in un ambiente spesso avverso e con disastri e difficoltà di ogni tipo. I boomer, paradossalmente, forse ci sono riusciti meglio di chiunque altro. Hanno usato tanto petrolio per farlo? Peccato. Quello, c’era. 

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Pubblicato da Alessandro Zanoner

Nato a Trento nel 1993, insegnante di italiano, latino e storia nelle scuole superiori. Suonatore di strada con umili tentativi da cantautore e scrittore. Mi piacciono la montagne e il Mar Tirreno; viaggio con una buona frequenza, soprattutto in centro Italia. Un pomeriggio a Roma una volta all'anno, minimo. Pavese, Moravia ed Hermann Hesse i miei autori preferiti in narrativa. Per la musica De Gregori, Vinicio Capossela, Lucio Battisti e Giovanni Lindo Ferretti.